«Si sta cambiando la Costituzione, non mi dite che non possiamo cambiare una norma locale per gli usi civici…».
Nicola Gratteri non ha perso tempo per mandare il suo primo messaggio ai notabili di Catanzaro, ivi compresi quelli che indossano la sua stessa toga. Soltanto chi ancora non ha avuto modo di conoscerlo bene, resta nell’illusione che il nuovo procuratore distrettuale si stesse riferendo, con questa sua sortita “inaugurale”, al problema di allargare gli uffici giudiziari trasferendone alcuni, tra questi la Direzione distrettuale antimafia, nel dirimpettaio edificio che in passato ospitava l’Ospedale militare. Va ben oltre, il “messaggio” che orecchie attentissime hanno già colto.
E sì perchè il dismesso ospedale militare è il paradigma di un sistema speculativo che a Catanzaro ha fatto scuola. Quel bene pubblico, attualmente di proprietà del demanio, occupante diecimila metri quadrati “calpestabili” con annessa una chiesta sconsacrata, sta marcendo da oltre dieci anni perchè il presidio sanitario militare è stato a suo tempo dismesso. L’immobile finisce così nelle “cartolarizzazioni” del ministero della Difesa, pronto per essere ceduto, a prezzo vile, alla grande speculazione. Basta una intesa tra i notabili locali e l’affare è pronto per essere servito. Se la Procura avrà bisogno di spazi potrà sempre prenderli in fitto da qualcuno. Si tratta solo di replicare un modello speculativo, appunto, che in passato già ha dato frutti.
Eppure il governo nazionale è pronto a spendere dieci milioni di euro per ristrutturarlo e renderlo idoneo ad ospitare gli uffici giudiziari. Manca solo una firma e quella firma deve essere messa a Catanzaro. Per mettere quella firma, però, occorre prima che venga operata una deroga alla norma che regolamenta gli “usi civici” e qui entra in ballo anche la responsabilità della locale Corte d’appello.
Gratteri non può (forse) impedire che questo nuovo scempio speculativo vada in porto. Può, però, vanificare il progetto di costringere, in un secondo tempo, la Direzione distrettuale antimafia a ricomprare o affittare quello che già è dello Stato, una volta che sarà divenuto proprietà privata degli speculatori di turno. Proprio quello che Gratteri oggi ha promesso di fare: «Se si impedirà il recupero dell’Ospedale militare, che diventerà anche bene direttamente fruibile dalla comunità catanzarese visto che il progetto finanziato dal governo prevede anche che la chiesa sconsacrata diventi una stupenda aula per convegni e corsi di formazione, si andrà a realizzare un nuovo palazzo di giustizia ma farò in modo lo si costruisca a Germaneto, lo sappiano i catanzaresi che già vedono morire questo bellissimo centro storico».
Anche la scelta di muovere questo “attacco” a freddo, quando ha appena prestato giuramento e prima ancora del brindisi di auguri è tutt’altro che “istintiva”. Era bene che i presenti capissero al volo e subito, in modo da riferire già in giornata agli assenti, che erano tantissimi ma non certo perchè disinteressati all’evento. Tanti assenti appartenevano alla sfera della politica (anche se non mancava il sindaco di Gerace Giuseppe Varacalli).
In un colpo solo vengono messe in fila tante “emergenze” catanzaresi. E viene polverizzata la speranza che Gratteri continui ad essere bravo nel sequestrare cocaina e inseguire i narcotrafficanti fin dentro la zona rossa di Bogotà. Quello era il lavoro che gli era stato assegnato dai sui capi. Oggi, invece, è lui che assegna il lavoro e che decide dove i riflettori vanno accesi e quali inchieste servono per amministrare giustizia. A tutto tondo e non solo con riferimento alle cosche.
Così al vecchio cronista dall’occhio allenato, non è rimasto che mettersi in un angolo defilato a osservare le facce degli astanti e distinguerle. C’erano quelle raggianti dei procuratori aggiunti Bombardieri e Luberto («ora si fa sul serio») e dei tanti magistrati catanzaresi che mordono il freno. Quella compiaciuta di Forciniti, membro del Csm («la “colpa” principale è mia, ho fatto un casino per portarlo qui»). Quella per nulla impressionata di Olga Tarzia, Giuseppe Lombardo e Roberto Di Palma («lo conosciamo bene… fa più di quel che promette»). Quelle un po’ stralunate dei vertici delle forze dell’ordine («in effetti non bada al protocollo, ci sarà da lavorare sodo»). Quelle preoccupate, infine. Erano tante, non le citiamo solo perchè appartengono alla categoria degli sherpa: erano lì in avanscoperta, dovranno riferire.
Tutti, comunque, uniti nel brindisi finale.
A proposito, il rinfresco era ottimo e abbondante ma è stato servito solo dopo che Gratteri, per come aveva imposto, ha tirato fuori la sua carta di credito per pagare i fornitori.
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