ROMA «La prefettura di Catanzaro ha svolto un lavoro importante perché non si è fermata alle auto certificazioni che i candidati hanno presentato ma è andata a verificare presso le procure la veridicità di queste dichiarazioni ravvisando in alcuni Comuni da noi non attenzionati alcune dichiarazioni non rispondenti alla veridicità. Questo non è stato possibile farlo ad Imperia». Così la presidente della Commissione Antimafia, Rosy Bindi, dopo l’audizione, oggi, del Prefetto di Catanzaro, Luisa Latella, e del Prefetto di Imperia, Silvana Tizzano. «È la conferma di due sottolineature contenute nella nostra Relazione sulla trasparenza delle candidature: innanzitutto che è necessario che le commissioni elettorali abbiano più tempo a disposizione, 48 ore sono troppo poche e a Roma la verifica con la procura è stata possibile solo per la metà dei candidati. Inoltre, occorre una anagrafe dei candidati per informare i cittadini: al di là della legge Severino, ci sono candidati condannati per altri reati ed è giusto che i cittadini sappiano chi vanno a votare. Si conferma che, infine, non bastano i certificati penali e gli atti giudiziari: parentele e frequentazioni non sono spesso in atti giudiziari ma non sono meno rilevanti dal punto di vista politico».
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