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Sequestrò il fratello, la difesa dell'imputato

COSENZA Due sono i testi ascoltati martedì in dibattimento, nel corso del processo che vede imputato un ragazzo di 24 anni, Emanuele Gencarelli, accusato di sequestro di persona nei confronti di su…

Pubblicato il: 17/05/2016 – 15:47
Sequestrò il fratello, la difesa dell'imputato

COSENZA Due sono i testi ascoltati martedì in dibattimento, nel corso del processo che vede imputato un ragazzo di 24 anni, Emanuele Gencarelli, accusato di sequestro di persona nei confronti di suo fratello minore. I fatti risalgono al 29 gennaio 2015, quando una telefonata giunge ai carabinieri della stazione di Montalto Uffugo avvertendoli che un minorenne si trovava in casa legato con delle catene. A chiamare era stato il fratello maggiore, autore del presunto sequestro, il quale spiegò ai carabinieri – che videro la scena del ragazzino legato – di avere agito così perché l’adolescente era ribelle e ingestibile, e, come spesso accadeva, quel giorno non voleva andare a scuola. Il fratello maggiore temeva che potesse frequentare cattive compagnie.

UNA FAMIGLIA PER BENE Tra i testi in aula è stata ascoltata l’assistente sociale Marcella Vitelli la quale ha presentato una relazione sul minore redatta prima dei fatti, quando il ragazzino (che oggi ha 15 anni) venne trovato in possesso di sostanze stupefacenti e in compagnia di ragazzi più grandi. Secondo l’assistente sociale il nucleo familiare appare «sano e con buoni principi educativi e morali», penalizzato, probabilmente dalle frequenti assenze per lavoro del padre, attualmente disoccupato, del quale il minore non riconosce più l’autorità. Inutili i tentativi di indirizzarlo ad un buon comportamento da parte della madre e del fratello Emanuele. La famiglia, tra le altre cose, si trova gravata dalla presenza di un terzo fratello con disabilità. La madre assiste il figlio malato e cerca lavori saltuari per sostenere la famiglia e così il padre che ha cercato di «adattarsi a qualsiasi mestiere occasionale». Lavori stagionali anche per l’imputato Emanuele, descritto come persona «matura e responsabile». Secondo l’assistente sociale, non riuscendo il minore ad aderire alle buone regole di comportamento tanto da ribellarsi a qualsivoglia forma di contenimento o stimolo la soluzione era quella di affidarlo a una struttura adeguata fuori dall’ambito provinciale di Cosenza. Accolto in una casa-famiglia a febbraio 2015, il ragazzo è scappato a maggio. Nel frattempo, dopo l’episodio delle catene, il minore è stato raggiunto da altri due procedimenti penali, per furto di monete da un parchimetro e per detenzione di sostanza stupefacente.
Sentito anche l’ausiliario di polizia giudiziaria, lo psicologo Marco Pingitore, rispondendo alle domande dell’avvocato difensore Chiara Penna, ha confermato di non poter fornire valutazioni sulla personalità del minore visto il suo ruolo di ausiliario della polizia giudiziaria e il fatto di non avere sottoposto il minore ad alcuna indagine psicologica.
La prossima udienza è stata rinviata al 20 settembre per sentire i genitori dei due ragazzi e due agenti della polizia giudiziaria.

Alessia Truzzolillo
a.truzzolillo@corrierecal.it

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