REGGIO CALABRIA È durata oltre cinque ore l’udienza di fronte al Tribunale del Riesame sollecitata dalla difesa di Alessandro Tripodi, l’ex facente funzioni del reparto di Ginecologia e Ostetricia, finito ai domiciliari nell’ambito dell’inchiesta Mala Sanitas perché considerato la mente della presunta cartiera del falso che per anni ha coperto errori clinici e chirurgici. Un’udienza lunga, che ha dato spazio tanto alle istanze della difesa, come repliche e controrepliche da parte dell’accusa, sostenuta dai pm Roberto Di Palma e Annamaria Frustaci, che hanno insistito tanto per la ratifica dell’ordinanza come della misura. A sostegno della propria tesi, i due sostituti procuratori hanno depositato anche la trascrizione del lunghissimo interrogatorio di garanzia sostenuto da Tripodi, il quale ha sì parlato in dettaglio anche delle responsabilità dei colleghi, ma si sarebbe anche dimostrato, secondo i pm, parte di un sistema di produzione sistematica di falsi, basato sulla regolare alterazione delle cartelle cliniche. Per la difesa invece, non solo non ci sarebbero stati gli elementi tecnici per emettere la misura, ma soprattutto non esisterebbero i presupposti per la custodia cautelare – Tripodi è dal giorno dell’arresto ai domiciliari – soprattutto in ragione del tempo trascorso dai fatti contestati. Una tesi per nulla condivisa dalla Procura, che sta procedendo con le indagini, al momento dell’esecuzione dell’ordinanza limitate ad un periodo compreso fra il 2010 e il 2011. Nipote dell’avvocato Giorgio De Stefano, considerato eminenza grigia dei clan e attualmente detenuto nel supercarcere di Tolmezzo, Tripodi è stato a lungo intercettato dagli investigatori nel corso di un’indagine a largo raggio su Gioacchino Campolo. In questo modo, l’ex primario facente funzioni si è convertito in una vera e propria inconsapevole gola profonda del reparto di Ginecologia e Ostetricia, di cui avrebbe svelato i più agghiaccianti segreti, coperti da un muro di silenzio e omertà. «Se da una parte non c’è reciproca fiducia nella professionalità e perizia dei colleghi, dall’altra – sottolineava infatti il gip nell’ordinanza – vi è sostanziale “tacito accordo” nel “coprirsi a vicenda”». Un muro di omertà che solo le intercettazioni sono riuscite a rompere, alimentando le indagini poi sfociate nella misura cautelare che le difese oggi puntano a disinnescare. A decidere sarà il Tribunale del Riesame, la cui decisione è attesa per lunedì.
a. c.
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