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Se la politica dimentica (colpevolmente) Principe

Quando la politica dimentica. Potrebbe essere il titolo di un instant book da leggersi sotto l’ombrellone nell’estate che si approssima. O forse, un adagio che rappresento a me stesso.Ebbene sì, do…

Pubblicato il: 28/05/2016 – 12:16
Se la politica dimentica (colpevolmente) Principe

Quando la politica dimentica. Potrebbe essere il titolo di un instant book da leggersi sotto l’ombrellone nell’estate che si approssima. O forse, un adagio che rappresento a me stesso.
Ebbene sì, dopo tanti anni di primato, Sandro Principe sta vivendo il periodo peggiore della sua vita, addirittura quello che fa diventare secondo – per solitudine – l’attentato del 2004. 
Lo conosco dal 1980, anno nel quale abbiamo esordito insieme nel consiglio comunale di Rende. Differente la compagine politica (io ero del Pci, lui socialista). Ovviamente diverso il peso e il ruolo (io consigliere di opposizione in un gruppo che contava 3 unità su 30; lui sindaco, forte di 21 consiglieri). Dieci anni trascorsi all’insegna del duro confronto, tesa ma corretto. Difficile la funzione dell’oppositore, attesa la macchina burocratica ereditata dal grande Cecchino che presidiava egregiamente i settori chiave e macinava atti all’ingrosso, da verificare uno per uno. Insomma, per fare bene l’opposizione occorreva fare il consigliere comunale a tempo pieno. Non facile neppure fare il sindaco, un’eredità difficile quella di misurarsi con il primo cittadino di sempre. Una comparazione ampiamente meritata, dal momento che la città ha assunto da allora una mirabile e positiva accelerazione. 
Un periodo di dieci anni che ricordo con simpatia e l’orgoglio di avere esercitato (spero bene) il compito che tanti rendesi avevano affidato a me, Gino Merenda e allo storico Marco Aversa poi sostituito da Micuzzo Plastina nella consiliatura successiva. Un decennio nel quale ho svolto, contemporaneamente il ruolo di vice presidente dell’Usl di Montalto-Rende, un buon esempio (il primo e forse l’unico) di tutela dell’assistenza territoriale. Tant’è che la stessa privilegiò, con una maggioranza Psi-Pci, le strutture intermedie (un progetto di day hospital a Santo Stefano, utilizzando una struttura in disastroso abbandono originariamente destinata ad ospizio, e un poliambulatorio che ancora ben funziona) al posto della solita struttura di spedalità con posti letto h24 al seguito.
A ben vedere, per molto tempo a dividerci sono stati ruoli contrapposti, sotto il profilo politico-istituzionale. Successivamente, abbiamo condiviso amicizia allo stato puro, viziata da contrapposizioni estemporanee e di brevissima durata, dovute ad una diversa visione della politica, e incentivata da una passione comune per l’arte.
Il suo arresto, oltre che avermi sottratto un quotidiano confronto amicale, mi ha fatto pensare sullo stato comatoso della politica locale, ancorché esercitata da personaggi rappresentativi anche fuori regione.
Lo stato dell’arte, meglio lo stato di generale silenzio politico, mi demoralizza. Nessuno, dico nessuno, ha avuto modo di partecipare, prima che a Sandro Principe, alla opinione pubblica – quella che ha riconosciuto al medesimo tanto consenso diretto – il desiderio di una Giustizia che facesse chiarezza sull’accaduto nel più breve periodo. Ci ha dovuto pensare un gringo. Mi riferisco al bravo presidente del gruppo socialdemocratico al Parlamento europeo Gianni Pittella, che ha preteso l’organizzazione di un interessante convegno, ben disegnato dall’attento Cesare Loizzo, per auspicare l’opportunità da offrire al politico rendese di dimostrare la sua estraneità ai fatti contestati. 
Un’occasione che Sandro Principe merita e che la comunità politica di centrosinistra pretende e attende con ansia.
Il problema è tuttavia rappresentato dal rumoroso silenzio degli esponenti politici, di una parte e dell’altra. Dalla incapacità degli stessi di riconoscere al Nostro, in un  particolare momento, i meriti posseduti e la verosimile lontananza del medesimo dall’utilizzo di “particolari” meccanismi elettorali ai quali lo stesso, per numero di voti registrati in 35 anni di attività politica, non avrebbe avuto necessità di ricorrere. Un assunto che dovrà trovare ovviamente un riscontro processuale, in quanto tale da intraprendere e concludere nel più breve tempo possibile. Dalle ragioni che ivi  emergeranno saranno in tanti a doversi dare torto, umanamente prima che politicamente.

*Docente Unical

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