CATANZARO Tra il dire e il fare c’è di mezzo un mare di parole e proclami. Poche le azioni, però. Così, il giorno dopo l’approvazione del decreto 30, col quale i commissari al Piano di rientro sanitario, hanno riorganizzato la rete ospedaliera regionale, il presidente della Regione, Mario Oliverio tuonava in una nota ufficiale: «Adesso basta. È molto grave che si approvi l’adeguamento della rete ospedaliera regionale agli standard del Piano sanitario nazionale 2014-2016 senza alcun confronto con la Regione. La rete ospedaliera è atto programmatorio di primissimo livello e costituisce l’ossatura strategica per un rilancio del Sistema Sanitario calabrese. Non è accettabile, pertanto, che ciò avvenga in sfregio alle istituzioni democratiche regionali». Era il 4 marzo 2016, quasi 90 giorni fa. Da allora – a parte il continuo andirivieni dei direttori generali della varie Asp tra il Dipartimento Salute e l’ufficio del commissario per rivedere il decreto – poco è stato messo in atto. Solo un manipolo di Comuni ha deciso di intervenire e presentare ricorso davanti al Tar per impugnare il provvedimento commissariale ed evitare che i già precari servizi sanitari dei propri territori venissero definitivamente depauperati. E’ il caso di Tropea, (in cui si rischia la chiusura dell’ospedale) e dei comuni della costa Vibonese (che sono difesi dall’avvocato Alfredo Gualtieri). Altro ricorso è stato presentato da Vibo Valentia, dal Comune di Corigliano (paese natale del consulente del governatore in materie sanitarie Franco Pacenza), Cetraro (paese Natale del consigliere regionale Giuseppe Aieta, ove si rischia l’evanescenza del pronto soccorso per l’intera litoranea), Acri, Mormanno e lo stesso San Giovanni in Fiore, paese natale di Oliverio. Singole iniziative per salvaguardare il proprio territorio. Ma dalla Regione nessun ricorso è stato presentato, entro il termine ormai scaduto dei 60 giorni, per impugnare il decreto sul riordino della rete ospedaliera e che abbracciasse gli interessi dei servizi sanitari dell’intera Calabria. Al contrario, l’Avvocatura regionale, come segnalato dal Corriere della Calabria, aveva depositato controricorso contro alcuni di quei Comuni che si erano rivolti al Tar. Un’iniziativa che ha messo in grande imbarazzo i vertici della Regione e del dipartimento Salute. Un’iniziativa, tra l’altro, presa senza troppa coerenza, visto che il controricorso è stato presentato contro alcuni Comuni e non contro altri.
LA MARCIA INDIETRO Nel corso dell’udienza di martedì davanti alla prima sezione del Tar di Catanzaro, l’Avvocatura regionale (oppure chi all’Avvocatura aveva dato apposito mandato ad opponendum) ha fatto marcia indietro. Ha fatto atto di rinuncia alle precedenti difese – in sostanza ha rinunciato ai controricorsi – e ha aderito all’impugnazione proposta dai Comuni chiedendo l’annullamento del decreto 30. La Regione, dunque, si accoda all’iniziativa delle singole amministrazioni, aderisce alle tesi dei Comuni che hanno fatto ricorso. È come se proprio i ricorsi di Corigliano, Acri, San Giovanni in Fiore Cetraro e Mormanno (difesi dagli avvocati Ettore e Federico Jorio), che chiedono all’annullamento di tutto il decreto, si fossero presi la briga di tradurre in atti ciò che Oliverio ha dichiarato a marzo, mentre la Regione faceva trascorrere senza frutto i 60 entro i quali aveva la possibilità di impugnare direttamente l’atto. Tant’è che i termini per presentare il ricorso annunciato – almeno sul piano politico – dal governatore sono scaduti più di 20 giorni fa.
L’ULTIMA SOLUZIONE Resta un’ultima opzione, se si vuole restare nei termini, perché la Regione prenda un’iniziativa autonoma e netta: il ricorso straordinario al Capo dello Stato. In questo caso la Regione sarebbe ancora in tempo poiché sono previsti 120 giorni per la proposizione del ricorso. Si tratta di un rimedio che permetterebbe alla Regione di impugnare l’intero decreto e non solo le posizioni dei Comuni che hanno presentato ricorso o solo le modifiche che verranno presentate davanti a Tavolo Adduce. Questo sistema prevede che, su accordo delle parti, in questo caso la Regione e la struttura commissariale, il contenzioso possa essere definito in un unico grado di giudizio dal Presidente della Repubblica, previo parere vincolante del Consiglio di Stato.
IL VESPAIO I rischi di questa soluzione, però, non sono pochi. Da un lato, infatti, ammesso che la struttura commissariale accetti il ricorso straordinario, c’è la possibilità che il Consiglio di Stato lo rigetti. Il rischio, infatti, è quello di creare un conflitto di giudicati tra la decisione del Tar di Catanzaro e quella del Consiglio di Stato. Ci sono Comuni del reggino e della provincia di Catanzaro che non sono passati per le vie legali: avrebbero corso il pericolo, per la propria inerzia e per quella della Regione, di non vedere tutelati i propri diritti. Meno male che ci hanno pensato altre amministrazioni locali, alle quali poi la Cittadella si è accodata davanti al Tar. Il governatore Oliverio, che da mesi parla della “assoluta inadeguatezza” del Dca 30, ha perso una grande occasione per mettere in pratica le sue dichiarazioni, lasciando che la partita si giocasse su un campo prevalentemente politico.
Alessia Truzzolillo
a.truzzolillo@corrierecal.it
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