COSENZA L’incanto della riserva naturale de “I giganti della Sila” si spezza a meno di un chilometro di distanza. A pochi passi dai maestosi pini larici ultracentenari, alti fino a 45 metri, nel cuore del Parco nazionale della Sila, il paesaggio che si mostra al visitatore è prostrante. Case disabitate, cartelli “vendesi” che sbiadiscono al sole nel vano tentativo di ripopolare vecchie strutture per le vacanze, scheletri abbandonati di edifici incompiuti. Al sole brillano piloni di cemento, il ferro arrugginito dei piloni e scale interne di case senza un tetto né pareti. Poco più in là giacciono le vestigia del vecchio stabilimento “Croce di Magara” con il suo corredo di erbacce e lamiere cadenti. Si passa dall’incompiuto all’abbandonato, se si escludono un residence e un hotel di recente costruzione. Da una settimana è stato formalizzato l’affidamento della riserva de “I giganti della Sila” alla gestione del Fondo ambiente italiano. «L’accordo – si legge in una nota congiunta del Parco nazionale della Sila e del Fai – è nato dalla necessità di garantire una più ampia e completa fruizione di questa preziosa area protetta, ultima tangibile testimonianza dell’antica e suggestiva foresta primigenia dell’altopiano della Sila, la “silva brutia” di cui già i Romani utilizzarono il legname per le loro leggendarie triremi». La gestione del Fai sarà ventennale e lo scopo è quello di promuovere al meglio questa risorsa naturalistica unica e suggestiva. La speranza di chi vive questi luoghi, che ricadono nel comune di Spezzano della Sila, e di chi lavora nella riserva, è che venga a incrementarsi l’interesse turistico. La speranza è che la desolazione che caratterizza e abbruttisce lunghi tratti di questo pezzo di Sila venga soppiantata da nuova linfa vitale, da quella parolina magica, “turismo”, che sembra albergare poco da queste parti.
Alessia Truzzolillo
a.truzzolillo@corrierecal.it
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