COSENZA Niente bretelle rosse – uno dei simboli della sua campagna elettorale – per Carlo Guccione nel giorno del redde rationem. Terminato il tourbillon della competizione è il momento dell’analisi del voto. E sul banco degli imputati il primo a essere chiamato in causa è il Pd stesso (“la ditta” lo battezzerà il consigliere regionale adoperando una terminologia d’antan) o quantomeno una parte di esso. Non gli ha tolto il sorriso la pesante sconfitta subita, semmai gli ha conferito una ferma consapevolezza che «il partito non può essere soltanto un comitato elettorale, bisogna organizzarlo, bisogna costruirlo. Serve una classe dirigente credibile, è necessario un cambiamento».
Ravvisa pesanti responsabilità politiche eppure non vuol fare, dice, «il tagliatore di teste, i dati sono sotto gli occhi di tutti». E non c’è verso di scucirgli di bocca i nomi dei dirigenti cui si riferisce: «Ne riparleremo dopo i ballottaggi che coinvolgono molti centri». «Io – afferma Guccione a più riprese – c’ho messo la faccia, ho combattuto in trincea, mentre c’è stato chi si è nascosto e chi ha votato dall’altra parte. Chi ha fatto calcoli politici personali. La coalizione si è spaccata la notte stessa della sfiducia ad Occhiuto». Raccoglie applausi l’ex candidato sindaco dalla folla di militanti e simpatizzanti presenti alla conferenza stampa convocata per l’occasione. Tant’è che la sede elettorale dell’Alleanza civica progressista è quasi più frequentata della notte, da incubo, degli spogli. Ci sono candidati consiglieri eletti come Damiano Covelli e Bianca Rende, ma anche moltissimi non eletti come ad esempio Luigia Sprovieri, testimonial delle giovani leve del partito cui Guccione renderà pubblicamente un ringraziamento: «L’entusiasmo e la passione dei più giovani mi da speranza per il futuro del Pd. Dobbiamo ripartire da loro, senza logiche correntizie». La genesi della debacle parte da lontano. «Dal settembre del 2015 quando Magorno via telefono mi invitava a candidarmi. A Roma ci fu un incontro alla presenza di Lotti e Guerini. Un percorso interrotto con la discesa in campo di Presta e Paolini. Una parte dei dirigenti locali non avallava la mia candidatura». E non è finita qui.
«Sono stati commessi errori politici prima, durante e dopo la mia candidatura. Ho deciso di scendere in campo – continua – a pochi giorni dalla presentazione delle liste. Non c’era neanche un programma. Nel momento in cui Presta si è ritirato c’è stato un fuggi fuggi dei candidati che abbiamo dovuto inseguire. Si diceva che c’era il doppio delle liste e invece anche quelle costruite di fretta. Avrei potuto defilarmi e attendere sul letto del fiume che il cadavere dei miei avversari passasse. Invece ho dato tutto me stesso garantendo la sopravvivenza del partito in città, perché mi reputo un dirigente che non ha mai anteposto le questioni personali a quelle del partito».
Paradossalmente i dati usciti fuori dalle urne, forse troppo chiari per maggiori approfondimenti, finiscono in seconda battuta. Ma non troppo perché Carletto, così come lo chiamano i tanti giunti per stringergli la mano, anche lì ha qualcosa da dire. «Occhiuto è il nuovo sindaco e bisogna farli gli auguri, rispetto la volontà popolare. Però lui non ha sfondato rispetto le sue liste (“solo”, si fa per dire, il 2,9 % in più, ndr), sono i suoi candidati che hanno dato un grosso contributo. Da noi invece il voto disgiunto…».
Quello che è certo è che Guccione farà parte del prossimo consiglio comunale. Non veritiere le voci che lo vedevano dimissionario. «Andrò fino in fondo. È doveroso farlo al cospetto dei miei elettori –aggiungerà – e mi impegnerò per portare avanti le idee della “Grande Cosenza” che immaginavamo: a partire dal nuovo ospedale e dalla metropolitana leggera. Voglio vedere come si comporterà questa amministrazione nei confronti di queste importanti infrastrutture. Faremo una opposizione intransigente improntata sulla legalità e trasparenza, chiederò tutti gli atti. Ci saranno settimane e mesi difficili a Cosenza. Chi ha fatto patti col diavolo ne renderà conto». E a chi gli chiede invece delle esternazioni social mattutine del nuovo sindaco proclamato appena la sera prima che invitavano alla distensione e al “perdono” chiosa sornione: «Perdono? E chi è, il Papa?». Insomma, fair play sì, ma fino a un certo punto.
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