SAN FERDINANDO Sono tesi, offesi, arrabbiati. Vogliono giustizia, vogliono essere ascoltati e per questo – compatti – sono scesi in piazza. «Hanno ammazzato un fratello, ma non dicono la verità». Sono un centinaio i migranti scesi in piazza a San Ferdinando. E sono imbestialiti mentre aspettano l’esito dell’incontro che una delegazione è riuscita a strappare in Municipio, grazie alla mediazione dei commissari prefettizi. Tra loro c’era anche il cugino di Traore, ma lui non vuole parlare. Stanno arrivando i fratelli del bracciante ucciso – uno dalla Sicilia, uno dalla Francia – e saranno loro a dare la versione della famiglia. Per lui, hanno parlato altri. E al vicequestore vicario di Reggio Calabria, Roberto Pellicone, e al dirigente della Digos, Cosimo Candita, i braccianti hanno chiesto il rimpatrio della salma di Traore, e maggiore sicurezza nella tendopoli che li ospita a San Ferdinando. Ma soprattutto hanno esposto la loro versione di quanto accaduto ieri alla tendopoli, quando Sekine Traore è stato ucciso con un colpo all’addome sparato da un carabiniere. Secondo la versione ufficiale, il militare sarebbe stato aggredito da Traore con un coltello e, spaventato, avrebbe sparato per difendersi. I cento e più migranti che oggi si sono riuniti di fronte al municipio di San Ferdinando, raccontano invece che dopo averlo invitato ad uscire, in sette tra carabinieri e poliziotti sono entrati nella tenda in cui Traore, ubriaco, arrabbiato, si era barricato. Lì ci sarebbe stata una colluttazione. Lì sarebbe stato sparato il colpo che lo ha ucciso. Raccontano di aver udito rumori di colluttazione e poi lo sparo. Raccontano che Traore non sarebbe mai stato in grado di affrontare sette uomini armati e addestrati. E adesso pretendono che questa verità sia ascoltata. Sono arrabbiati, offesi, delusi. Davanti al municipio, per ore hanno gridato contro i carabinieri «mafiosi», «omertosi», «bugiardi». Contro l’Italia, «razzista». «Non siamo bestie», dicono disperati. Le forze dell’ordine, tutte in borghese, seguono a distanza la manifestazione di protesta.
NIENTE GUERRA «Non siamo qui per fare la guerra o per fare casini, siamo qui per lavorare e per mangiare. I carabinieri devono venire per mettere pace e non per uccidere», dice uno dei migranti maliani presenti alla manifestazione. «Quello che è accaduto ieri – ha aggiunto il migrante – non è giusto. E vogliamo che tutta l’Italia e tutta l’Europa lo sappiano».
L’INDIFFERENZA DI SAN FERDINANDO La cittadina, intanto, mostra indifferenza nei confronti della protesta inscenata dagli abitanti della tendopoli. Nella piazza del Municipio del centro della Piana di Gioia Tauro ci sono alcuni cittadini che assistono alle proteste seduti sulle panchine o ai bordi della piazza. Non c’è alcuna reazione e nessuno ha voluto commentare quanto sta accadendo.
Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it
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