REGGIO CALABRIA È un piccolo ma combattivo presidio a rovinare la festa voluta dall’amministrazione Falcomatà per la presentazione dei patti per la città metropolitana e per la Calabria all’interno del teatro comunale “Francesco Cilea” di Reggio. In una sala buia, alla presenza del sottosegretario Marco Minniti, il governatore Mario Oliverio e il sindaco Giuseppe Falcomatà per ore spiegano alla platea come verranno investiti gli assegni milionari staccati dal governo per la costituenda città metropolitana di Reggio Calabria e per la Regione.
Fuori, c’è chi invece ricorda che bisogna fare attenzione e che si sta sbagliando. Ci sono i lavoratori della Fiom, i ferrovieri dei treni notte, l’associazione Cosa pubblica, le femministe della Collettiva autonomia, i genitori della scuola Boccioni di Gallico, il Pcl e il neocostituito Pci. Non sono molti, ma sono arrabbiati. E tanto. Perché, quanto meno nella città calabrese dello Stretto, per decidere su quali opere puntare, si è deciso di non consultare i cittadini, ma è stata spalancata la porta alla ‘ndrangheta e ai suoi rappresentanti. «Noi – dice Stefano Morabito, ex candidato alla carica di sindaco per la sinistra cittadina – non possiamo dimenticare che l’amministrazione Falcomatà ha avuto tante interlocuzioni sulla città metropolitana con Paolo Romeo, personaggio ben conosciuto per i suoi trascorsi giudiziari che lo identificano come condannato in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa, anche prima del recente arresto». Il riferimento è non solo all’audizione di Romeo in Prima commissione consiliare in qualità di volto e anima del Forum Reggio Nord 2020, associazione di nuovo conio che punta a rappresentare gli interessi di misteriosi stakeholder dell’area nord della città, ma anche alla partecipazione di uomini dell’amministrazione a Forum e convegni regolarmente organizzati da Romeo per definire la nuova città metropolitana. Ombre sulla nascente creatura amministrativa che nessuno si è preoccupato di dissipare.
«Non si capisce come mai – continua Morabito – nessuno si sia preoccupato di chiarire i contenuti di tali imbarazzanti interlocuzioni, come di pubblicare il verbale della Prima commissione, che ha ricevuto Paolo Romeo, indie a una delegazione di cui facevano parte diversi dirigenti provinciali del Pd, come Paolo Malara». E questo – spiega Morabito – «è solo uno dei motivi che oggi ci ha spinto a scendere in piazza. I patti per il Sud – ed è questo che vogliamo spiegare ai reggini – sono solo uno spot che nasconde soltanto tagli e segna una trasformazione del modo di vivere l’ente locale, perché si è tranquillamente passati sopra ogni istanza democratica e di rappresentatività. Neanche il consiglio comunale di Reggio Calabria ha potuto o ha sentito il bisogno di discutere delle opere da inserire all’interno del patto. Tanto meno nessuno ha chiesto con che motivazione alcune opere siano state inserite nel patto e altre escluse e quali siano quelle scartate». Istanze che vedono concordi le altre sigle presenti in piazza, come i lavoratori della Fiom, arrivati a Reggio da tutto il comprensorio con una serie di appunti per il governatore Mario Olivero. La Calabria – dicono – «prima di mega-opere e belle parole» ha bisogno di interventi molto precisi che vanno da investimenti su viabilità stradale e nuove ferrovie (già previste dal patto, a dire il vero) a un rapporto meno accomodante con Rfi e Trenitalia,«responsabili – dicono – del degrado dei trasporti in Calabria e che producono disoccupati con la loro anomala gestione degli appalti». Per i lavoratori è inoltre prioritario intervenire sull’edilizia scolastica, come per favorire l’occupazione e la reale tutela dei lavoratori in mobilità e il contrasto alla disoccupazione, da realizzare anche tramite l’approvazione di una legge regionale che preveda la clausola sociale in tutti gli appalti pubblici. In più – ricorda la Fiom – è urgente che la Regione istituisca un reddito minimo di cittadinanza regionale. «E se i soldi stanziati non bastano – dicono al riguardo – basta tagliare le astronomiche indennità di presidente, assessori, consiglieri, i loro vitalizi e le loro faraoniche strutture. La Calabria ha bisogno di altro». Nella lista ci sono interventi urgenti per il rilancio del sistema aeroportuale calabrese, una trasformazione della gestione della Sanità in regione e un cambio di rotta radicale sulla gestione dell’acqua.
«Le multinazionali e i privati, che generano solo tasse e imposte alte per i cittadini, disservizi, corruzione e malaffare – affermano – devono uscire dalla gestione dell’acqua calabrese che deve tornare pubblica come stabilito dal referendum». I lavoratori della Fiom non dimenticano poi di chiedere a gran voce interventi strutturali a favore dell’ambiente, con una radicale trasformazione delle politiche di forestazione e tutela del patrimonio faunistico, come misure e piani per incentivare il turismo e ripopolare strutture e camping che rimangono regolarmente vuoti. Per farsi sentire, gridano, fanno trillare i fischietti. Ma nell’atmosfera ovattata – e un po blasé del Cilea – le loro voci di protesta non sono che un’eco sottile.
Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it
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