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Dietro il delitto Bruni un patto di morte tra zingari e italiani

COSENZA Le dichiarazioni dei pentiti ma anche le attività di indagine condotte da carabinieri e polizia. Sono questi gli elementi probatori su cui si è basata la Corte d’Assise di Cosenza che ha co…

Pubblicato il: 16/06/2016 – 17:36
Dietro il delitto Bruni un patto di morte tra zingari e italiani

COSENZA Le dichiarazioni dei pentiti ma anche le attività di indagine condotte da carabinieri e polizia. Sono questi gli elementi probatori su cui si è basata la Corte d’Assise di Cosenza che ha condannato a undici anni di carcere Franco Bruzzese e Daniele Lamanna, neo collaboratori di giustizia, accusati di aver ucciso Luca Bruni, scomparso il 3 gennaio del 2012 e il cui cadavere è stato trovato nel dicembre del 2014 in una campagna di Castrolibero.
La Corte d’Assise, presieduta dal giudice Giovanni Garofalo (a latere la collega Francesca De Vuono) nel primo pomeriggio di giovedì 16 giugno ha emesso il dispositivo depositando contestualmente già le motivazioni della sentenza. In 95 pagine i giudici spiegano perché Franco Bruzzese, è ritenuto il mandante dell’assassinio, e Daniele Lamanna, l’organizzatore ed esecutore dell’agguato al presunto reggente del clan “Bella bella”. È stato proprio il pentito Adolfo Foggetti a fare ritrovare il cadavere di Luca Bruni. Per l’efferato delitto sono stati condannati in abbreviato Maurizio Rango all’ergastolo e Adolfo Foggetti a sei anni di reclusione, tenendo conto delle attenuanti previste per i collaboratori di giustizia.
Per la Corte d’Assise la situazione è diventata molto chiara, in particolare, dopo le dichiarazioni dei nuovi pentiti Bruzzese e Lamanna, che hanno riferito – con certezza – dinamiche e responsabili del delitto, anche autoaccusandosi. Ma prima delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia – per ultime quelle di Bruzzese e Lamanna – i giudici hanno valutato attentamente le informative redatte da carabinieri e polizia in cui è stata per prima ricostruita la scomparsa di Luca Bruni per lupara bianca, per giungere poi alla «certezza» del movente e «sull’identità dei presunti responsabili, morali e materiali».
Un quadro indiziario che prima della collaborazione di Bruzzese e Lamanna si basava sulle dichiarazioni rese dai pentiti Mattia Pulicanò, Edyta Kopaczynska, Silvio Gioia e poi anche di quelle di Ernesto Foggetti.

IL MOVENTE DELL’AGGUATO Dall’attività investigativa è emerso – scrivono i giudici nelle 95 pagine della sentenza – che «l’origine del delitto sono maturate in ambito criminale di tipo organizzato e alimentate dai sospetti esternati, sempre in modo sommesso ma deciso, dai componenti dell’ormai ristretta famiglia Bruni, decimata dapprima con la morte del capostipite Francesco Bruni avvenuta nel 1999 e poi anche dei figli Michele – morto in carcere per cause naturali e per un male incurabile – e appunto di Luca barbaramente assassinato a poche settimane di distanza dalla sua scarcerazione». L’identità dei responsabili – evidenziano le indagini – era «nota o comunque ritenuta assai probabile dai congiunti della vittima» e indicati da Adolfo Foggetti, Daniele Lamanna, Umberto Di Puppo, Maurizio Rango e dai “latitanti” poi identificati in Ettore Lanzino e Franco Presta, successivamente consegnati alla giustizia. Ad essi – mettono nero su bianco gli inquirenti – si aggiunge la «figura preminente di Franco Bruzzese, il quale inizia a organizzare l’agguato sin dell’estate del 2011 approfittando di alcune giornate in cui era provvisoriamente uscito dal carcere beneficiando di un permesso premio. Perfeziona l’agguato all’uscita del carcere contattando uno per uno chi era a suo giudizio in grado di porre veti o ostacoli alla deliberazione omicidiaria. Poi successivamente – ben prima del suo più recente percorso collaborativo – si dà anche lui alla latitanza».
Nelle informative delle forze dell’ordine – confermate, in seguito, dalle dichiarazioni dei pentiti – il movente del delitto viene ricostruito con dovizie di particolari e individuato «nella definitiva estromissione dagli affari delle cosche dominanti nel territorio di Cosenza e dintorni, della famiglia Bruni, cosa che sarebbe dovuta avvenire e avveniva mediante l’eliminazione dell’unico componente carismatico rimasto, specie dopo la morte del più noto Michele, contrariamente al quale lo stesso Luca Bruni – meno disposto a scendere a patti – non sarebbe stato disposto a mantenere gli equilibri criminali sino ad allora radicati e che altre cosche, nella contumacia dei Bruni, stavano alterando a proprio esclusivo vantaggio».

IL RUOLO DEI PENTITI Solo Edyta Kopaczynska – compagna di Michele Bruni – indicava Ernesto Foggetti come colui che, materialmente, aveva condotto Luca Bruni all’appuntamento «con i suoi carnefici». Anche il pentito Silvio Gioia ha confermato che l’omicidio era stato programmato da un patto deciso dal clan degli Zingari e da quello degli Italiani. E ha poi identificato in Adolfo Foggetti come «persona direttamente coinvolta nel delitto». Le dichiarazioni di Adolfo Foggetti e la sua scelta di collaborare con la giustizia risiedeva «nella consapevolezza e nello stesso fondato timore di poter essere ucciso dai suoi stessi sodali con alcuni dei quali, in particolare con il reggente Maurizio Rango, erano sorti i contrasti in seno all’organizzazione di appartenenza».
Per i giudici si può desumere con certezza che «l’azione criminale sia stata programmata è messa in atto nei minimi dettagli da Franco Bruzzese, Daniele Lamanna, Adolfo Foggetti, Rango Maurizio ed Ettore Sottile che hanno agito in concorso tra loro. Il primo come mandante e gli altri come esecutori. Rango e Sottile sono stati quelli infine sopraggiunti sul posto a cose fatte, che avevano provveduto a occultare il cadavere. In sostanza Foggetti ha riferito che l’eliminazione di Luca Bruni era stata decisa a tavolino da Franco Bruzzese nell’estate del 2011 subito dopo la morte per cause naturali di Michele Bruni nel corso di un incontro avvenuto nell’abitazione di Bruzzese che in quel periodo beneficiava di un permesso premio. Incontro al quale – oltre a Adolfo Foggetti e Bruzzese – aveva partecipato anche Maurizio Rango».

Mirella Molinaro
m.molinaro@corrierecal.it

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