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Stop all'industria delle griffe false, 16 arresti a Reggio

REGGIO CALABRIA Era una vera e propria industria della contraffazione quella individuata e smantellata stamane dalla guardia di finanza di Reggio Calabria con l’operazione “Easy brand”. Più di…

Pubblicato il: 16/06/2016 – 5:52
Stop all'industria delle griffe false, 16 arresti a Reggio

REGGIO CALABRIA Era una vera e propria industria della contraffazione quella individuata e smantellata stamane dalla guardia di finanza di Reggio Calabria con l’operazione “Easy brand”. Più di 200 uomini, con l’impiego di 50 mezzi, hanno proceduto al sequestro preventivo di beni mobili ed immobili e disponibilità finanziarie per un valore complessivo di oltre un milione di euro.
Gli indagati, secondo l’accusa, avevano messo in piedi un’associazione per delinquere dedita alla produzione e alla commercializzazione di capi ed accessori d’abbigliamento riportanti marchi contraffatti. Oltre 150.000 i capi sequestrati e 16 le ordinanze di custodia cautelare eseguite. Le 16 ordinanze di custodia cautelare, di cui 6 in carcere e 10 agli arresti domiciliari, alle quali si aggiungono 40 perquisizioni locali, sono state emesse dal gip del Tribunale di Reggio Calabria. I reati contestati sono associazione per delinquere finalizzata alla contraffazione, alterazione e uso di marchi e segni distintivi ovvero di brevetti, all’introduzione nello Stato e conseguente commercio di prodotti con segni falsi. Reati aggravati dalla commissione sistematica del reato attraverso l’allestimento di mezzi e attività organizzate. Le indagini, coordinate dalla locale Procura della Repubblica, hanno fatto emergere l’esistenza di un vero e proprio cartello criminale presente ed operante nel territorio di Reggio Calabria, in grado di condizionare il regolare svolgimento delle attività economiche, con particolare riferimento al confezionamento ed alla vendita di capi ed accessori riportanti note griffe contraffatte. In tutto 40 le persone denunciate. I dettagli dell’operazione sono stati resi noti nel corso di una conferenza stampa svoltasi al comando provinciale della guardia di finanza di Reggio Calabria alla presenza del procuratore capo Federico Cafiero de Raho. Le indagini sono scaturite dal sequestro di migliaia di capi d’abbigliamento a carico di un cittadino senegalese, nonché dal rinvenimento di un opificio artigianale che non poteva giustificare l’enorme mole di materiale sequestrato.
I “Baschi verdi” del Gruppo di Reggio Calabria hanno così realizzato una mappatura delle aree di vendita, delineando i ruoli dei numerosi sodali dell’organizzazione, capeggiata da Giuseppe Spatari, 54 anni, e “Giulio” Lo Macouna 57 anni, cittadino italiano di origine senegalese. Il gruppo, secondo quanto emerso dalle indagini, aveva impiantato sul territorio reggino diversi opifici attrezzati con moderni macchinari industriali per mezzo dei quali era possibile imprimere i marchi delle griffe di moda direttamente sui capi. Le successive attività tecniche, supportate da appostamenti e pedinamenti, hanno portato all’individuazione della “filiera” della contraffazione, dall’acquisto della materia prima “vergine”, che avveniva in Turchia, Cina, nonché in diverse regioni del territorio nazionale, al confezionamento del prodotto finale, destinato a rifornire gran parte dei mercati della provincia. Ma il gruppo era in grado di soddisfare anche ordini commissionati da clienti operanti fuori dal territorio cittadino. Dagli approfondimenti investigativi è emerso anche che gli indagati utilizzavano opifici in parte completamente clandestini ed in parte operanti in violazione delle norme sui diritti di proprietà industriale, in quanto risultati sprovvisti di qualsiasi tipo di autorizzazione e della licenza di rivenditore ufficiale. Lo dimostrerebbe la scoperta di un laboratorio tessile con regolare partita Iva. Il sodalizio avrebbe realizzato un vero e proprio mercato “parallelo” del falso di enormi dimensioni ed in grado di compromettere seriamente i canali leciti di rifornimento. Danneggiati dall’attività illecita, come sottolineato dal procuratore, oltre alle case d’abbigliamento, erano i consumatori finali, i quali hanno comprato prodotti scadenti e, talvolta, pericolosi per la salute. Fra i beni serquestrati, 3 immobili; 7 autovetture; 18 macchinari industriali; disponibilità finanziarie intestate ai destinatari delle misure cautelari.

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