Mentre dal Comune di Catanzaro si convocavano i giornalisti per tuonare contro l’opposizione, rea di avere abbandonato l’aula consiliare e fatto naufragare (è stato comunque approvato due giorni dopo) il progetto tanto caro alla maggioranza di assegnare alla Procura della Repubblica lo storico palazzo dell’Osservanza dismesso dall’esercito come Ospedale militare, a Reggio Calabria si celebrava la prima iniziativa per coordinare le prospettive di crescita di quella città.
A Catanzaro il sindaco Abramo, secondo quanto abbiamo appreso dai quotidiani, contrariato per la battuta d’arresto, avrebbe detto: «Ho delle scadenze importanti fra le quali la consegna della Scuola Mazzini, l’apertura delle gallerie del S. Giovanni e la sistemazione di via Corrado Alvaro e, invece, sono qui a perdere tempo per colpa di atteggiamenti contrari all’interesse dei catanzaresi».
In riva allo Stretto il sindaco Falcomatà facendo riferimento «ad un sogno da coronare per Reggio Calabria» elevata a Città Metropolitana, così si esprimeva: «È nostro dovere allineare Reggio con le altre importanti realtà europee. E lo faremo tenendo fuori dalla porta chi millanta interessi pubblici e, invece, persegue fini privati. Il buon amministratore deve essere un visionario scalzo perché solo con la programmazione si potrà cambiare radicalmente passo».
Due modi diversi di interpretare il ruolo di sindaco, due metodi di spendersi per la propria città. E non è a caso che nelle due preposizioni è insita la maniera di ciascun sindaco di approcciarsi alle esigenze di sviluppo del proprio territorio. Un modo diverso di intendere non solo il ruolo ma anche il mandato ottenuto dai cittadini che fanno emergere le differenze e sottolineano, per quanto riguarda Catanzaro, il perché è nella morsa della più grave involuzione della sua storia recente che non riguarda solo la crisi che investe tutti i settori produttivi, dal commercio divenuto asfittico alla disoccupazione che coinvolge quasi tutte le famiglie, ma anche gli effetti causati dall’inesistenza di un progetto sociale e culturale.
Certamente non è facile trovare un antidoto alla povertà progettuale di cui è vittima il Capoluogo nonostante sia urgente trovarlo considerato che “il patto per la Calabria” siglato dal Governo prevede la mobilitazione di sette miliardi da investire in opere pubbliche.
La città avrebbe avuto bisogno di ben altre risorse e di un impegno diverso per poter dimostrare di essere in grado di saper spendere la parte di risorse che le spettano, ridisegnando il suo futuro che non può essere solo – ammesso comunque che lo lascino realizzare – l’edificazione del nuovo ospedale. Catanzaro ha bisogno di un progetto organico di sviluppo competitivo del territorio che sia attuato e gestito da soggetti che abbiano le necessarie competenze e la chiara visione di ciò che si intende realizzare.
La città ha fame di iniziative per affrontare i problemi legati a situazioni di isolamento e di esclusione di cui anche in periodi recenti è stata vittima, oltre a quelle determinate dall’insipienza di una classe politica incapace di programmare iniziative responsabili. Catanzaro ha bisogno di progetti che contemplino la riqualificazione di strutture obsolete; di un piano di trasporti serio; di iniziative di carattere economico e occupazionale; del sostegno di nuove attività produttive; dello sviluppo dell’artigianato, un tempo fiorente; del comparto turistico; di strutture per la ricettività degli studenti universitari; del rilancio delle discipline sportive.
Se si dimostra di essere propositivi e non soltanto piagnucoloni e, soprattutto, se si riesce a selezionare una nuova classe dirigente che dia prova di capacità e correttezza a cominciare dall’isolare la delinquenza e il malaffare allorché tenteranno di metterci le mani appena avvertono il profumo dei capitali freschi, sarà possibile spianare effettivamente la strada per la riqualificazione e lo sviluppo della più antica culla della cultura calabrese su cui ruotano le speranze delle nuove generazioni.
*giornalista
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