Ultimo aggiornamento alle 9:04
Corriere della Calabria - Home

I nostri canali


Si legge in: 6 minuti
Cambia colore:
 

Caso Fallara, falsa partenza nel processo d'Appello



REGGIO CALABRIA Falsa partenza per il secondo grado del “caso Fallara”, il procedimento che prende il nome dalla potentissima ex dirigente comunale del settore Finanze, morta suicida nel dicembre 2…

Pubblicato il: 23/06/2016 – 9:47
Caso Fallara, falsa partenza nel processo d'Appello



REGGIO CALABRIA Falsa partenza per il secondo grado del “caso Fallara”, il procedimento che prende il nome dalla potentissima ex dirigente comunale del settore Finanze, morta suicida nel dicembre 2011, lasciando dietro di sé una voragine nei conti comunali, che sono costati una condanna a sei anni all’ex sindaco di Reggio Calabria Giuseppe Scopelliti. Insieme a lui, che proprio in virtù della condanna ha dovuto rinunciare alla carica da governatore all’epoca ricoperta, hanno incassato una condanna a tre anni e sei mesi gli ex revisori dei conti del Comune di Reggio Calabria, Carmelo Stracuzzi, Domenico D’Amico e Ruggero Alessandro De Medici.

RINVIO AL 15 SETTEMBRE Proprio un errore nelle notifiche a quest’ultimo è stato la causa del rinvio dell’udienza, slittata al prossimo 15 settembre, quando – si presume – saranno affrontate le questioni preliminari del procedimento. A oltre due anni dalla conclusione del processo di primo grado, bisognerà dunque attendere ancora per l’inizio del processo d’appello scaturito dall’inchiesta che ha svelato come le ardite pratiche contabili che hanno trascinato la città di Reggio Calabria sull’orlo del default, costringendola ad un devastante piano di rientro trentennale, siano state messe in atto dalla Fallara su preciso mandato politico dell’allora sindaco Scopelliti.

MOTIVI POLITICI PER I DISASTRI CONTABILI «La dottoressa Fallara – ha scritto infatti il Collegio presieduto da Olga Tarzia nel motivare la sentenza – era lo schermo dietro il quale agiva il sindaco Scopelliti che aveva voluto fortemente la stessa quale dirigente di un settore strategico dandole la possibilità di portare avanti, nel dissenso di buona parte dell’amministrazione, la linea politica da lui perseguita». Così hanno deciso i giudici – è scritto in sentenza – sulla base di numerosissimi «indizi, gravi, precisi e concordanti» che hanno permesso di ricostruire «una serie di comportamenti reiterati nel tempo, posti in essere in concorso dal sindaco dell’epoca del Comune di Reggio Calabria, dottor Scopelliti, dal dirigente del settore Finanze e tributi, dottoressa Fallara (deceduta), e dai revisori contabili del medesimo comune, dottor De Medici, dottor Stracuzzi e dottor D’Amico, che hanno aggravato la situazione economica dell’ente territoriale, già in serie difficoltà dal 2007, determinando l’approvazione di documenti contabili non veritieri, attraverso una sorta di inesattezze create artatamente dal dirigente delle Finanze con l’avallo di soggetti che per posizione e qualità avevano piena contezza delle preoccupanti dimensioni del fenomeno e che hanno reso pareri falsi e compiacenti».

FALSO SU COMMISSIONE In sintesi, una serie di falsi, realizzati scientemente e coperti per anni abilmente, per una precisa ragione di natura prettamente politica che i giudici non esitano ad indicare «la necessità di ammantare tale condizione non può che essere quella di evitare un irrigidimento dei servizi e un aggravamento delle tassazioni che avrebbe reso impopolare il sindaco del tempo, già al timone dell’ente dal 2002». Per evitare un calo di popolarità che nuove tasse avrebbero determinato, su mandato di Scopelliti – sottolineano i giudici – i conti dell’Ente sono stati alterati, gonfiati, stravolti. Ma tali pratiche non sono state prive di conseguenze, hanno «determinato una grave lacerazione del tessuto socio-economico cittadino, scavando un solco profondo tra i rappresentanti della comunità locale e i componenti di tale comunità, umiliati, defraudati nei loro diritti, privati del dovuto riconoscimento economico».

LA DITTATURA DI ORSOLA Un ritratto devastante di una città messa in ginocchio da pratiche contabili spericolate che la Fallara ha messo in atto su preciso mandato politico dell’allora sindaco Giuseppe Scopelliti, che non a caso aveva voluto e mantenuto la dirigente “intuitu personae, nonostante i comportamenti ostruzionistici della stessa nei confronti di tutti i dirigenti e degli assessori al bilancio e nonostante i chiari segnali di dissesto del comune (…)». Un’investitura che le aveva regalato – si evidenzia in sentenza – un ruolo così determinante nell’ambito del comune di Reggio Calabria «da credere e da far credere di essere legibus soluta, fino ad imporsi con arroganza e supponenza sugli altri dirigenti (ai quali negava l’accesso ai dati contabili che gli stessi avrebbero dovuto invece conoscere, costringendoli finanche a sopportare ore di anticamera prima che essi ottenessero la concessione di essere ricevuti), ad assumere posizioni così decise e nette nei confronti degli assessori al bilancio da indurre l’assessore Veneziano a dimettersi».

PUPI E PUPARI Ma se la Fallara dettava legge sulla macchina burocratica – emerge dalle carte – è perché dalla politica, o meglio dall’ex primo cittadino riceveva ordini e direttive. «Molteplici – sottolineano non a caso i giudici – sono le tracce di questo rapporto di adesione/subalternità, tra queste, appaiono significativi i finanziamenti a istituti religiosi, concessi senza rispettare i principi di imparzialità e di trasparenza che stanno alla base delle procedura ad evidenza pubblica, su l’input del sindaco che trasmetteva le richieste mediante una sigla e l’indicazione dell’importo sulla stesse, immediatamente e scrupolosamente recepite ed eseguite dalla Fallara». Quasi spietata e indisponente con colleghi e sottoposti, nel ritratto che di lei fanno i giudici l’ex dirigente del settore Bilancio non è che un consapevole strumento. «Questa, che appariva come una donna potentissima che gestiva le sorti del comune di Reggio Calabria, in realtà era una perfetta esecutrice di direttive precise che provenivano dal sindaco Scopelliti, che, tramite lei, ha creato un sistema accentrato su se stesso esautorando di fatto tutti coloro che avrebbero potuto ostacolarlo (cioè i dirigenti non asserviti al suo dominio e gli Assessori che eventualmente avessero voluto svolgere le loro funzioni correttamente). Tale disegno criminoso non si sarebbe potuto realizzare senza il concorso dei revisori contabili, nominati dallo stesso Scopelliti».

IL COMUNE È MIO Una vera e propria tirannia, confermata nel corso della lunghissima istruttoria non solo dalla perizia tecnica dei dirigenti dei servizi ispettivi di finanza pubblica, Vito Tatò Vito, Giovanni Logoteto e Roberto Rizzi, o dalle innumerevoli testimonianze di dirigenti e funzionari del Comune, come dei politici di opposizione e – al netto di alcune reticenze che non sono passate inosservate ai giudici – di maggioranza, ma soprattutto dalla stessa deposizione dell’ex sindaco Scopelliti.«Le dichiarazioni rese dall’imputato Scopelliti in dibattimento sicuramente hanno avuto il pregio di confermare in gran parte la prospettiva accusatoria dando ancora più chiaramente l’idea di una amministrazione solo formalmente in regola, ma sostanzialmente dissestata e orientata verso il perseguimento di obiettivi parziali, colorati personalisticamente e motivati da una forte tendenza a soddisfare l’elettorato del sindaco del tempo e a garantirne l’ulteriore carriera politica». Per Giuseppe Scopelliti – sembrano dire i giudici – Palazzo San Giorgio, le sue casse e i suoi conti erano proprietà privata, da utilizzare a proprio uso e consumo. Non solo negli anni della sindacatura. «Non va trascurato – spiega infatti il Collegio – che anche quando Scopelliti aveva lasciato la carica di sindaco dimostrava propensione a distrarre somme di danaro per scopi difformi da quelli per i quali erano state stanziate». Circostanze che per il Tribunale non fanno che confermare «anche sotto il profilo logico, che l’ideatore delle falsificazioni contabili fosse il sindaco Scopelliti, il quale si è avvalso dell’accondiscendenza della dottoressa Fallara per attuare la sua linea politica travalicando e stravolgendo la netta separazione che dovrebbe essere demarcata tra livello politico e l
ivello manageriale nelle pubbliche amministrazioni».

CORSA CONTRO IL TEMPO? Una sentenza granitica, motivata con centinaia di pagine che sistematizzano e ordinano quanto emerso in un procedimento lungo e complesso, ma che i legali degli imputati sperano di poter ribaltare. Nel frattempo, l’orologio della prescrizione continua a correre.

Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it

Argomenti
Categorie collegate

Corriere della Calabria - Notizie calabresi
Corriere delle Calabria è una testata giornalistica di News&Com S.r.l ©2012-. Tutti i diritti riservati.
P.IVA. 03199620794, Via del Mare, 65/3 S.Eufemia, Lamezia Terme (CZ)
Iscrizione tribunale di Lamezia Terme 5/2011 - Direttore responsabile Paola Militano
Effettua una ricerca sul Corriere delle Calabria
Design: cfweb

x

x