Governatore Oliverio,
il suo rapporto con le aziende della sanità reggina merita una memoria pubblica. Non avrà dimenticato la vicenda della nomina abusiva di Santo Gioffrè al vertice dell’Asp di Reggio Calabria, per cui l’Anac e il Tar del Lazio le hanno dato torto, ma il responsabile regionale per l’Anticorruzione, sua dipendente, l’ha graziata in autotutela.
Ai tempi esaltò l’azione di quel suo nominato, che presto deliberò pagamenti molto pesanti, come dimostrato dal Corriere della Calabria, e a rigore nulli come la nomina in questione.
Dopo, governatore, lei nominò una terna commissariale per la stessa Asp, cocciuto ignorando che il timoniere dell’azienda sanitaria ha per legge un rapporto di lavoro esclusivo; non come quello dell’allora incaricato Giuseppe Priolo, in un tempo viceprefetto di Milano.
Da ultimo ha scelto un commissario e un sub-commissario per guidare l’azienda in parola, benché l’elenco degli idonei alle direzioni generali della sanità sia pronto dall’agosto 2015, come lo scorso 26 aprile ribadito dal dg del dipartimento per la tutela della salute, Riccardo Fatarella, nella commissione di Vigilanza del Consiglio regionale.
Andando all’Azienda ospedaliera di Reggio Calabria, lei è rimasto in costante silenzio rispetto alla nomina triennale di Giulio Carpentieri quale direttore amministrativo, fuori legge senza dubbio, deliberata dal direttore generale di sua fiducia, Frank Benedetto. Quello stesso Benedetto che si sarebbe dimesso anziché riportare la nomina in esame alla durata massima consentita dalla legge, che è di un anno.
Purtroppo il suo mutismo e la sua indifferenza hanno effetti concreti, governatore Oliverio. Il primo dei quali, rispetto all’attività dell’Azienda ospedaliera di Reggio Calabria, è che di norma la stessa sarebbe ora retta proprio da Carpentieri, se le dimissioni di Benedetto non sono letteratura fantasy della pubblica amministrazione calabrese. Insomma, se Benedetto si fosse dimesso sul serio – del che non v’è certezza, benché di regola non serva ratifica –, ci ritroveremmo di fronte a una situazione kafkiana: l’Azienda ospedaliera di Reggio Calabria sarebbe in mano a quel pensionato per la cui nomina irregolare a direttore amministrativo è uscito di scena il direttore generale.
Lei può anche chinare il capo come un mulo e ignorare d’ufficio i nostri richiami al corretto governo dell’amministrazione sanitaria. Scripta manent, come i nostri moniti sui rischi, per la Regione, del fallimento della Fondazione Campanella, e i nostri vari inviti a far cancellare le recenti “porcate” del Consiglio regionale: l’allungamento della durata dei commissari aziendali e il favore reso a una specie di dentisti. Aggiungo, per completezza, il nostro vecchio discorso sul divieto, di legge, di assegnare ad Antonio Belcastro la responsabilità direzionale del policlinico universitario di Catanzaro, per cui un giorno dovrà spiegare le ragioni dell’ostinata conferma del manager.
Le rammento che il governo nazionale, della sua stessa parte politica, l’ha smentita sull’uso improprio dei commissari aziendali, con cui ha aggirato la normativa statale e regionale sulla rappresentanza e organizzazione delle aziende, spettante ai direttori generali. Ci dica se vuol guardare ancora le ciaule o se intende nominare secondo legge i direttori generali delle aziende sanitarie rimaste – furbescamente – commissariate.
Per ultimo, ci dica chi oggi governa l’Azienda ospedaliera di Reggio Calabria, perché questo non è un vezzo personale, ma un dato che deve essere certo e pubblico, nel rispetto dei calabresi, delle istituzioni e del personale posto a tutela del diritto alla salute. Salvo che con questo suo immobilismo lei non voglia infine legittimare la prosecuzione dell’incarico di Benedetto, dimessosi dopo la notizia d’essere indagato.
*deputata del M5s
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