REGGIO CALABRIA «Questa cattura è un risultato importante. Un arresto storico. Significa ristabilire la sovranità dello Stato in un territorio che i latitanti hanno abusivamente strappato, è l’espressione del dominio che lo Stato deve avere sul proprio territorio e non deve condividere con nessuno». Ha il viso stanco, che ancor più delle sue parole racconta la lunga notte di tensione trascorsa in attesa di notizie, ma grondano soddisfazione e orgoglio per «la squadra Stato» quelle che il procuratore aggiunto Gaetano Paci sceglie per commentare la cattura di Ernesto Fazzalari. Primula rossa della ‘ndrangheta della Piana, divenuto un fantasma da quando gli inquirenti ne hanno chiesto l’arresto nell’operazione Taurus, Fazzalari è stato catturato «senza neanche avere il tempo di rendersi conto di cosa stesse succedendo. Si è svegliato ed aveva già le manette ai polsi», spiega soddisfatto il comandante del reparto operativo Vincenzo Franzese. Un’operazione complicata e delicata, messa a segno in una frazione isolata del piccolo paese di Molochio, alle pendici dell’Aspromonte e per di più in una notte di nebbia fitta. «C’era visibilità a un metro, Londra praticamente», chiarisce soddisfatto il generale Andrea Rispoli, comandante della Legione Calabria, che oggi ha voluto essere accanto ai suoi uomini. «Questa è stata un’operazione praticamente perfetta, che si è conclusa senza danni collaterali grazie alla perfetta sinergia fra le diverse unità». Con i Cacciatori a cinturare come ombre silenziose l’area, i Gis a gestire una fulminea irruzione e i carabinieri del reparto operativo, che nel corso di un anno hanno costruito l’indagine che ha portato al latitante, di supporto, «tutto si è concluso senza alcun danno collaterale», dice soddisfatto Rispoli. E il rischio – concreto – c’era. Perché Fazzalari è un killer spietato, che per due decenni è stato protetto da un territorio su cui ha il controllo assoluto. Non a caso, in passato più di una volta è sfuggito alla cattura. Nel 1996, chi lo doveva arrestare, non lo trova. La notizia – evidentemente – era già arrivata all’orecchio del giovane boss, che ha fatto in tempo a rendersi latitante. Otto anni dopo, si salva ancora. Gli investigatori che erano sulle sue tracce trovano solo un covo caldo. Nascosto sotto il pavimento di un casolare protetto da cani feroci, c’era un bunker perfettamente attrezzato, in cui Fazzalari – hanno capito – aveva passato molto tempo e senza farsi mancare neanche champagne e sigari cubani. Qualche mese fa invece, nel corso di un’operazione è per poco sfuggito alla cattura un soggetto che tutti credevano fosse lui. Ma in realtà, semplicemente gli somigliava. Stanotte invece non si è sbagliato nulla. «I carabinieri sono stati eroici. È stato un lavoro straordinario, condotto in silenzio – afferma il procuratore capo della Dda, Federico Cafiero de Raho – e in un territorio in cui gli Zagari-Fazzalari controllano ogni zolla di terreno. Il latitante si riteneva sicuro nel luogo in cui è stato trovato, era solo insieme alla compagna, non aveva un guardaspalle, non aveva persone attorno, non aveva nessuno. Si sentiva protetto dal territorio, riteneva che la propria cosca fosse così forte da comunque fargli pervenire un segnale di pericolo. Per questo va dato merito all’Arma dei Carabinieri che in questa indagine, sviluppatasi nell’arco di un anno, ha fatto in modo che non ci fosse il benché minimo sospetto in nessuno». E questo è possibile perché nonostante la forza della ‘ndrangheta, la paura che incute nella popolazione e l’omertà che impone – conclude Cafiero de Raho – «perchè non esistono territori indenni al controllo dello Stato». E a confermarlo c’è un dato, che Cafiero de Raho fornisce con orgoglio: «Non abbiamo quasi più latitanti. Quelli storici sono stati presi tutti, ora ci resta solo da individuare quelle latitanze secondarie di personaggi anche importanti che sono sfuggiti alla cattura». Un risultato significativo, soprattutto se considerato alla luce dei risultati raggiunti nell’ultima stagione investigativa, che a detta del procuratore può essere un messaggio di speranza per chi in Calabria non ha ancora trovato il coraggio di alzare la testa. «Oggi – dice Cafiero de Raho – abbiamo dei testimoni che sono commercialisti, imprenditori, abbiamo degli arresti eccellenti, non abbiamo più latitanti. Questo che significa? Che non esistono territori indenni dal controllo dello Stato». Un messaggio importante per i calabresi «che proprio per questo sanno di poter collaborare perché nello Stato hanno magistrati e appartenenti alle forze dell’ordine che sono dalla loro parte, che sono pronti ad andare contro chiunque, anche coloro che appartengono agli stessi organismi in cui noi stessi operiamo, perché noi non guardiamo in faccia a nessuno. Applichiamo la legge sempre e comunque».
a. c.
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