PAOLA È stata condannata, in abbreviato, a 16 anni di reclusione Daniela Falcone, la donna accusata di aver ucciso il figlio undicenne Carmine De Santis, il primo marzo del 2014 in una zona di campagna tra Cosenza e Paola. Nel pomeriggio di mercoledì il gup del Tribunale di Paola, Giulio De Gregorio, ha condannato la donna, difesa dall’avvocato Gianluca Serravalle, a 16 anni di reclusione riconoscendo un vizio parziale di mente equivalente alle altre attenuanti aggravanti ed è stata condannata anche all’interdizione perpetua dai pubblici uffici e al risarcimento dei danni nei confronti del marito, che si è costituito parte civile ed è rappresentato dall’avvocato Nicola Carratelli.
Daniela Falcone si trova ricoverata in una struttura psichiatrica perché è affetta da «disturbo di conversione con amnesia psicogena».
Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, la donna, quel tragico 1 marzo del 2014, alle 9,30 sarebbe andata a prendere il figlio a scuola a Rovito, paesino alle porte di Cosenza. Poi, in una stradina isolata, imboccata risalendo lungo la statale che conduce a Paola, avrebbe tirato fuori un coltello e le forbici che si sarebbe portata dietro da casa e lo avrebbe colpito ripetutamente, rendendo vani i tentativi di difesa del piccolo.
Dall’autopsia eseguita, emerse sin da subito che sarebbero state usate due armi. Con un coltello da cucina la donna avrebbe sferrato il colpo mortale al torace del bimbo e poi, con un paio di forbici, lo avrebbe colpito alla gola. Il bimbo morì dopo alcune ore dissanguato. La madre avrebbe inferto al piccolo il colpo al torace con il coltello da cucina che ha perforato un polmone. Subito dopo, probabilmente per accelerare il decesso, lo avrebbe colpito al collo con le forbici. Un mese e mezzo dopo il delitto il gip del Tribunale di Paola ha disposto il trasferimento della donna in una struttura psichiatrica dopo le perizie eseguite sulla 45enne. Daniela Falcone dal giorno dopo l’omicidio non parlò con nessuno e doveva essere continuamente assistita, per evitare che una sua improvvisa presa di coscienza potesse tramutarsi in atti autolesionistici.
Mirella Molinaro
m.molinaro@corrierecal.it
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