C'è un altro Pd già pronto al lanciafiamme

LAMEZIA TERME «La direzione regionale non si fa? Pazienza, ci pensiamo noi». E non sarà per il 2 luglio – come annunciato dal segretario regionale Ernesto Magorno, che poi ha “ufficiosamente” annullato quell’incontro (l’annullamento è, nel frattempo, diventato ufficiale: se ne riparla il 9) – ma qualche giorno dopo, a Lamezia. Nel Partito democratico è tutto fermo. Eppur si muove, avrebbe detto Galileo. Perché tra le telefonate per organizzare l’autoconvocazione di mercoledì prossimo e quelle per bloccarla, il traffico sulle linee è rovente. Tutta colpa di quello che (non) accade nel Pd.
Magorno aveva annunciato una direzione regionale per il 2 luglio per «avviare una riflessione sul voto amministrativo». Per molti, tra i dem, sarebbe stato un appuntamento chiave: le comunali sono state un disastro e potrebbe essere utile cercare di capire perché. Quella direzione, a quanto pare, non si farà. Meglio – è quello che emerge dalle dichiarazioni del segretario regionale e da molti interventi pubblici degli ultimi giorni – pensare a organizzare il referendum sulle riforme costituzionali. Meglio presentare le 11mila firme raccolte come un successo epico e lasciare che di politica si occupino gli altri. Per esempio il Movimento 5stelle, con la proposta di legge sulla sanità. E il centrodestra, che si raduna a Vibo Valentia per discutere del suo futuro e di una unità da ritrovare.
Questa calma piatta starà anche bene a una parte del Pd, ma non a tutti. Di certo non a un nutrito gruppo formato da consiglieri regionali, consiglieri provinciali e amministratori locali. «Ci sono molti sindaci, sarete stupiti dai nomi – dice uno dei promotori dell’assemblea –, ma di più non si può dire». Il rischio – ci spiega la nostra fonte – è che, individuando i “rivoltosi”, mezzo Pd si metta in moto per ridurli a più miti consigli. E anche questo la dice lunga sullo stato dei rapporti all’interno di un partito consumato da conflitti interni mascherati dall’unità di facciata. «Almeno il nostro incontro servirà a spezzare questa ipocrisia». Nel mirino ci sono tutti, non soltanto Magorno. Il ragionamento è semplice: la nomenclatura dem ha causato il disastro? Allora la nomenclatura dem deve saltare. Qualcuno lo dirà in maniera netta, altri con toni più soft. Ma, almeno in linea di principio, il percorso è già tracciato, con i suoi propositi e i suoi “no”. “No”, ad esempio, «a un commissario che venga qui in villeggiatura o per garantirsi un posto alla Camera dei deputati. Serve un progetto e ci sarà un documento da portare in direzione o in assemblea regionale. E non importa se il confronto salterà, perché il documento arriverà comunque a Roma».
Questo per chiarire che gli autoconvocati di Lamezia Terme hanno una copertura politica nazionale e non si limiteranno alle contumelie. C’è già una organizzazione di massima per la giornata: dieci interventi “bloccati” (due per ciascuna provincia) e venti interventi di cinque minuti per il dibattito vero e proprio. Resta da vedere in quanti evocheranno il lanciafiamme di Matteo Renzi: «Quel che è sicuro è che, dopo l’incendio si dovrà ricostruire con una classe dirigente tutta nuova. Vogliamo far capire a tutti che quella classe dirigente c’è già». Intanto le linee telefoniche sono sempre più roventi.

Pablo Petrasso
p.petrasso@corrierecal.it