REGGIO CALABRIA Crescono le quotazioni dei calabresi nel mondo grande della droga. E sono loro oggi a tenere il boccino degli affari in mano. Se una volta erano i broker calabresi della droga a rimanere in Colombia o in Messico a garanzia della transazione con i narcos, adesso i ruoli si sono ribaltati e sono i trafficanti latino-americani a doversi sorbire una “villeggiatura” di un paio di mesi a Platì. È successo, ad esempio, a Giovanny Andrè Rivera, narcotrafficante colombiano che assieme alla moglie si è recato in Calabria per incassare i fondi necessari per finanziare una spedizione di droga dalla Colombia e lì è dovuto restare.
Arrivato in Calabria il 29 settembre del 2013, assieme alla compagna Alba Mariela Osorio Ospina è stato immediatamente prelevato da Franco Monteleone, uno degli organizzatori del traffico e portato a Platì. Ma lì Rivera ha avuto una brutta sorpresa. Mentre la compagna è stata autorizzata a partire per portare in Colombia i circa sessantamila euro destinati a finanziare il carico, lui è stato costretto a rimanere nella Locride. A confermarlo senza ombra di dubbio ci sono non solo le celle agganciate dal suo cellulare, che da settembre in poi ne attestano la presenza fra Platì e San Luca, ma soprattutto le conversazioni della chat del Blackberry che gli investigatori del Goa sono riusciti a intercettare. Illusi di aver blindato le proprie conversazioni grazie ad un sistema che credevano impenetrabile, ma che gli investigatori sono riusciti a scassinare, narcos e uomini dei clan hanno raccontato in dettaglio la trattativa in corso. In questo modo, gli uomini del Goa sono riusciti a seguire passo passo i movimenti degli emissari dei narcos, fin dal loro arrivo in Italia. Li attendevano a Roma, dove sapevano che sarebbero atterrati, e ancor prima del loro arrivo ne presidiavano l’hotel. Li hanno seguiti in Calabria quando l’incontro romano è saltato, rendendo inutili le precauzioni di Rivera, che per non lasciar traccia del proprio passaggio aveva utilizzato un passaporto falso bulgaro. Allo stesso modo, totalmente inutili sono state le staffette di macchine organizzate da Monteleone per “bonificare ” e verificare il per percorso da Lamezia alla Locride. Proprio grazie alle chat spiate, i finanzieri hanno capito che Rivera è stato costretto a rimanere a Platì. E che la cosa non gli è piaciuta per nulla. «E che devi riferire – scrive alla compagna già in viaggio per la Colombia, ma preoccupata per il suo uomo rimasto nella Locride – bisogna essere consapevoli che io sono qui a garanzia, non vi preoccupate, non fatene un dramma, piuttosto, per favore verifica la questione del tuo biglietto vita mia». Qualche tempo dopo invece, un’altra chat racconta che – forse – i rapporti con i finanziatori del traffico calabresi col tempo hanno iniziato a incrinarsi. Alla compagna scrive infatti di aver appena ricevuto una visita dal “Pazzo”, appellativo che dimostra un crescente nervosismo fra i narcos di Platì. Soprattutto il “pazzo” Giuseppe Grillo, che si premura di informare l’ospite che l’indomani dovrà uccidere un maiale per festeggiare i diciotto anni della figlia. Spiando invece le chat di Monteleone, gli investigatori capiscono invece che dall’altra parte dell’oceano, le cose non vanno come previsto. Chi doveva procacciare la droga non si fa trovare, sparisce e quando riappare si dimostra inefficiente, la droga non si trova, il carico non parte e i calabresi iniziano a innervosirsi. A ottobre, Monteleone minaccia Rivera. «Amico digli a tua moglie che io è 3 giorni che sto provando a chiamare tuo figlio e lui non mi risponde. Digli che se mi fa incazzare un altro po’ io non voglio più lavorare con lui».
A novembre, il narcos colombiano, figlio di Rivera è riapparso. E Monteleone è passato alle minacce. «Allora, ascoltami molto bene. io e i miei amici ci siamo stufati. Allora se tu non puoi inviare mercanzia, inviaci i nostri soldi ok amico? Altrimenti non so il tuo amico che gli puo succedere ok? perchè i miei amici sono molto arrabbiati co nte, ok? allora dammi una risposta subito ok ». La risposta deve essere sembrata convincente all’organizzatore calabrese del traffico, perché concede ai colombiani un altro mese. Ma quando a dicembre la situazione non si sblocca, Monteleone esplode. «Allora tu – scrive in un’inferocita chat – mi devi inviare i miei soldi. Non me ne frega niente con chi li invii, ok ?allora prima che finisce questo mese, io voglio i miei soldi, non mi interessa più lavorare. Ok? dimmi quando tu mi ritorni i soldi». Soldi che devono essere arrivati se è vero che alla fine è riuscito a lasciare la Calabria. Dovesse tornarci, per lui è pronto un provvedimento di fermo spiccato dalla Dda di Reggio Calabria, che potrebbe garantirgli un’altra lunga “villeggiatura” in sud Italia. Ma questa volta sarebbe dietro le sbarre.
Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it
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