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Forza Italia riparte da Vibo. E Toti lancia Occhiuto

VIBO VALENTIA I recentissimi sondaggi, che vedono il M5S come grande catalizzatore politico dell’antirenzismo, registrano un calo del Pd e un crollo vertiginoso della destra ma, sulla scia della vi…

Pubblicato il: 01/07/2016 – 19:19
Forza Italia riparte da Vibo. E Toti lancia Occhiuto

VIBO VALENTIA I recentissimi sondaggi, che vedono il M5S come grande catalizzatore politico dell’antirenzismo, registrano un calo del Pd e un crollo vertiginoso della destra ma, sulla scia della vittoria di Cosenza, il gotha di Forza Italia sembra coltivare la convinzione di poter invertire il trend nazionale. Magari partendo proprio dalla Calabria. Ne sono certi i big dell’armata berlusconiana arrivati a Vibo per suonare la carica contro il governo Renzi e, soprattutto, per affermare l’idea che «l’Italia vince se il centrodestra è unito». Con questo slogan il consigliere regionale Giuseppe Mangialavori (Cdl), che è anche il coordinatore provinciale vibonese di Fi, ha chiamato a raccolta parlamentari e consiglieri regionali, amministratori locali e militanti azzurri che hanno risposto all’appello in massa, spinti dalla presenza di alcuni dei potenziali beneficiari diretti dell’eredità politica del leader, come il governatore della Liguria Giovanni Toti – che, con una battuta, ha messo sul piatto una sorta di investitura “calabrese” – e la deputata Mara Carfagna. O dei padri nobili del partito, come il senatore Altero Matteoli.
Ad aprire le danze, dopo il saluto istituzionale del sindaco di Vibo Elio Costa, è proprio Mangialavori, che fa gli onori di casa e gongola di fronte ai tantissimi forzisti che occupano ogni angolo della sala convegni di un noto hotel di Vibo. Le invettive del consigliere regionale sono tutte per la giunta Oliverio che, a suo modo di vedere, sta facendo vivere alla Calabria «il suo peggior momento degli ultimi vent’anni di regionalismo», con un consiglio regionale «svilito a ruolo di passacarte». Per questo, secondo il leader dei forzisti vibonesi, i calabresi hanno cominciato a reagire e «sono arrivate le sberle, prima a Vibo e a Lamezia e ora anche a Cosenza». Nella sala strapiena ad ascoltarlo non ci sono i colleghi di Palazzo Campanella Alessandro Nicolò (capogruppo di Fi) e Nazzareno Salerno, così come mancano Giuseppe Graziano e i reggini Nino Foti (vice coordinatore regionale) e Peppe Raffa (presidente della Provincia). Tra i presenti, invece, Mimmo Tallini, Francesco Cannizzaro, Salvatore Pacenza, Alfonso Dattolo, Mario Magno e Antonio Argentieri Piuma.
È Jole Santelli, fresca di nomina a vicesindaco di Cosenza, a esplicitare quello che sembra un pensiero di tutti i big del partito: «Bisogna intercettare il voto d’opinione, interpretare lo stato d’animo di chi ha votato M5S. Oggi l’Italia – aggiunge la coordinatrice regionale – è divisa in due: solo Fi può unire Sud e Nord, e proprio dalla Calabria può partire un vento nuovo che deve coinvolgere tutto il Paese». Accanto alla deputata ci sono i suoi alleati forti, a partire dal senatore Antonio Caridi per arrivare a Roberto Occhiuto e a Wanda Ferro. «Il centrodestra – afferma quest’ultima – non è affatto sparito ma oggi rappresenta i ceti popolari». Per sbarrare la porta ai fuoriusciti e cercare di “fare gruppo”, poi, Ferro cita nel giro di poche frasi sia Giorgio Almirante che Micheal Jordan: «Chi tradisce una volta tradirà sempre. Dobbiamo fare gioco di squadra perché “la destra o è coraggio o non è”». Sulla stessa linea Caridi – «dove siamo andati uniti, abbiamo vinto» – che non risparmia una stoccata al sottosegretario Tonino Gentile sulla proposta di legge per la Zes a Gioia Tauro che giace in Senato.
Forte dell'”impresa” cosentina del fratello Mario, Roberto Occhiuto parla quasi da leader e detta la linea ai forzisti calabresi: «A ottobre – afferma il deputato – la Corte Costituzionale potrebbe annullare le elezioni e quindi potremmo tornare al voto: dobbiamo essere pronti con una coalizione in grado di aggregare anche chi non è tradizionalmente organico al centrodestra. Ma è chiaro – aggiunge – che pur di vincere non imbarcheremo di tutto come altri hanno fatto». Mara Carfagna, dopo aver lodato «lo straordinario impegno quotidiano di Mangialavori», invoca una nuova fase di protagonismo per i berlusconiani: «Non possiamo consegnare il Paese al disfattismo di Grillo e all’arroganza di Renzi».
Accolto ormai come il successore in pectore di Berlusconi – il cui nome riecheggia di continuo negli interventi che si susseguono – Giovanni Toti mette subito le cose in chiaro: «Il nostro futuro non passa certo da alleanze con Renzi: non c’è spazio per un nuovo Patto del Nazareno». Il governatore della Liguria, poi, richiama alcuni esempi di recenti successi alle elezioni amministrative e la butta lì così: «Anche guardando questa sala mi sembra che tanto marginali non siamo. E abbiamo anche qualche idea per la Regione, vero Roberto?», ammicca rivolgendosi a Occhiuto che, a questo punto, sembra destinato a un ruolo di primo piano non solo a Roma, ma anche in Calabria.
Le conclusioni vengono affidate a Matteoli, che conserva un rapporto privilegiato con molti ex aennini calabresi, su tutti Wanda Ferro e Michele Traversa. Ai cronisti che gli chiedono se il centrodestra possa ripartire da qui, risponde convinto: «Vorrei trovarla in tutta Italia una situazione come quella che vedo oggi a Vibo. È la dimostrazione che se ci sono dirigenti che fanno politica sul territorio il partito c’è. Abbiamo bisogno di rilanciare Forza Italia, perché solo così il centrodestra può tornare a vincere: se la leadership del centrodestra va ai lepenisti non credo che vinceremo mai. La crisi del renzismo è profonda e noi dobbiamo essere pronti». Sul risultato di Cosenza l’ex ministro ai Trasporti dice: «Se ci fossero le scuole di partito quello cosentino sarebbe insegnato come un modello». Su Roma, invece, pensa che sia stato un errore non appoggiare Giorgia Meloni: «Sono arrabbiato per il risultato di Roma: Forza Italia lì ha sbagliato, saremmo andati al ballottaggio».

Sergio Pelaia
s.pelaia@corrierecal.it

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