CATANZARO Questa volta non c’è ambiguità. Dopo il paradosso del controricorso che pareva quasi un sostegno al decreto commissariale che ridisegna la rete ospedaliera (leggi qui), la Regione fa ricorso davvero contro l’atto firmato dal commissario al Piano di rientro Massimo Scura. E lo fa nell’unico modo possibile (dato che i tempi per l’opposizione “classica” davanti al Tar sono scaduti): si rivolge al Presidente della Repubblica.
IL DECRETO Nell’atto, l’Avvocatura regionale riepiloga le fasi e i contenuti più controversi del decreto 30. Pubblicato il 3 marzo 2016 sul sito del dipartimento Tutela della Salute, era composto dal decreto, dal documento approvato, e da 7 allegati richiamati nel documento. Sette giorni dopo, sullo stesso sito, è apparso un “Avviso di rettifica”, «ove testualmente si pubblicava quanto appresso: “In nome e per conto della struttura commissariale gli allegati al Dca n. 30/2016 vengono ripubblicati in data 10/03/2016 previa emendazione degli errori materiali contenuti nei medesimi allegati già pubblicati in data 03/03/2016. Resta invariato il valore e l’efficacia del decreto commissariale n. 30/2016 e pubblicato in data 03/03/2016”, senza precisare neanche che gli allegati al documento erano diventati 8». I virgolettati sono tratti dal ricorso della Regione, che elenca poi i motivi per i quali chiede al capo di Stato l’annullamento del decreto che ridisegna il volto della sanità calabrese.
«COSA VOLEVANO APPROVARE?» «Dagli atti sul sito – scrivono i legali della Regione – è agevole verificare come sia stato aggiunto – in sede di “rettifica” – un ottavo allegato (relativo alle centrali del 118 e rete territoriale di soccorso), mentre il documento approvato continua ad indicare, anche nella versione ripubblicata il 10.3.16, solo sette allegati; inoltre, il documento “ripubblicato” vede sostituiti e aggiornati numerosi dati e tabelle senza che alcun provvedimento sostenga tali sostanziali integrazioni e/o modificazioni». Per l’Avvocatura si tratta di una «violazione sia del principio di trasparenza (cosa è stato realmente approvato con Dca numero 30 il 3 marzo?), sia del principio della motivazione dell’atto». Mancherebbe una «razionale e coerente giustificazione, essendovi totale incertezza su cosa, al momento della sottoscrizione del Dca numero 30, il commissario e il subcommissario abbiano effettivamente approvato,e non potendosi certo ritenere mero “errore materiale” l’aggiunta di un ottavo allegato non richiamato in alcun punto del documento e le rilevanti modifiche apportate “in corso d’opera”».
SMENTITO IL CONSIGLIO DI STATO «Il decreto impugnato – si legge ancora nel ricorso inviato a Mattarella – (…) viola (o, quanto meno, elude) il giudicato formatosi anche nei confronti della Regione Calabria». Infatti, con due pronunce della terza sezione del Consiglio di Stato «sono stati annullati in pars qua il Dca numero 18/10, nonché gli atti successivi ad esso legati da vincolo di presupposizione, in relazione alla riconversione degli Ospedali di Trebisacce e Praia a Mare, provvedimenti che il decreto impugnato tende sostanzialmente a riproporre, in aperta violazione e/o elusione del giudicato sopra richiamato, il che rende nullo l’atto impugnato».
QUALI SONO I CRITERI? Inoltre, «il documento di programmazione della rete ospedaliera, approvato col decreto commissariale impugnato, non rispetta alcuno dei criteri di programmazione stabiliti dal decreto ministeriale 70/2015, posto che: a) non sono stati tenuti in alcuna effettiva considerazione né i volumi di attività; b) non vi è alcuna traccia della verifica di fattibilità degli interventi di riorganizzazione da parte delle singole Aziende Sanitarie e Ospedaliere; c) non sono stati tenuti in considerazione – pur dandosi invece atto della necessità di valutare tali atti – i dati sui flussi turistici e sui flussi di mobilità, né i dati sui bacini d’utenza effettivi, soprattutto per quanto attiene i presidi ospedalieri di località ad elevata presenza turistica». Il riferimento è ai dati relativi ai presidi che si trovano in zone di confine con altre regioni. Non finisce qui, perché «non è stato tenuto in adeguata considerazione lo stato di viabilità, né la conformazione orografica della Regione Calabria, né tanto meno si è dato adeguato rilievo alle “zone disagiate”, incluse le località impervie e difficilmente raggiungibili con i mezzi».
Ancora, l’Avvocatura regionale evidenzia che «non vi è alcuna integrazione tra “ospedale” e “territorio”, tant’è che non esiste alcun adeguato riferimento alle previsioni del Dca numero 76/2015 che programma la “Rete Territoriale” e per di più non vi è conformità delle disposizioni contenute negli allegati al Dca 30/2016 rispetto alla “Rete dei Laboratori” pure oggetto di programmazione con altro Dca n. 84 del 21 luglio 2015 del commissario ad acta».
Secondo la Regione, la rete ospedaliera voluta dalla struttura commissariale prevede «una parcellizzazione e frammentazione eccessiva delle strutture (con strutture che hanno 8 posti letto o meno, rispetto a standard superiori a 10/20 a seconda della tipologia di prestazione sanitaria erogata)».
IL “FINTO” INDICE DEI POSTI LETTO La programmazione effettuata con il decreto 30, secondo il ricorso «ha “fittiziamente” creato tre “Aree” (Nord, Centro e Sud), nonostante i bacini di utenza del territorio regionale siano ripartiti in 5 Aziende sanitarie provinciali ossia: Cosenza (coincidente con l’area Nord), Reggio Calabria (coincidente con l’area Sud), Catanzaro, Crotone e Vibo Valentia (queste ultime tre fittiziamente riunite in un “Area Centro”)». Questa impostazione «ha comportato l’effetto distorsivo e gravemente lesivo dei Lea e del diritto alla Salute costituzionalmente garantito nell’ambito della cosiddetta “Area Centro” in cui, solamente grazie a tale “fictio” si rende possibile mantenere l’indice di posti letto per acuzie della Provincia di Catanzaro a 3,65 p.l./1000 abitanti, ossia ben al di sopra del limite massimo fissato dal decreto ministeriale 70/2016 (pari a 3 p.l./1000 abitanti), nel contempo spogliando e depauperando il territorio afferente all’Asp di Crotone (con un indice pari a 2,61 p.l/1000 abitanti) e ancora di più il territorio afferente all’Asp di Vibo Valentia (con un indice pari ad appena 1,65 p.l/1000 abitanti, ossia circa la metà dell’indice medio regionale che è pari a circa 2,8 p.l./1000 abitanti)». Un’altra ragione per chiedere l’annullamento del decreto.
Pablo Petrasso
p.petrasso@corrierecal.it
x
x