COSENZA La Corte di Cassazione ha confermato l’assoluzione del dirigente del servizio tecnico dell’azienda ospedaliera di Cosenza, l’ingegnere Amedeo De Marco. La vicenda giudiziaria riguarda la morte del giovane Mario Tarsitano per la quale si erano aperti due processi: uno contro i medici che l’ebbero in cura e l’altro nei confronti del responsabile dirigente del servizio tecnico dell’azienda ospedaliera, l’ingegnere De Marco (difeso dall’avvocato Francesco Chiaia), per omissione di atti di ufficio perché i familiari di Tarsitano e i loro legali di parte civile (gli avvocati Massimiliano Coppa, Luigi Forciniti, Paolo Coppa e Chiara Penna) ritenevano che la rottura delle celle frigorifere e l’avaria dell’impianto di climatizzazione dell’obitorio avessero pregiudicato l’autopsia sul cadavere perché si sarebbe accelerata la decomposizione.
La Procura di Cosenza inviò l’avviso di conclusione indagini a De Marco e proprio a seguito dell’imponente produzione di atti difensivi la stessa Procura procedeva alla richiesta di archiviazione. Ma le parti civili si opposero all’archiviazione.
Il gip di allora, Francesco Branda, rinviò a giudizio De Marco. Dopo diverse udienze e altre attività difensive – tra le quali una consulenza tecnica medico-legale e indagini difensive tutte effettuate su richiesta dell’avvocato Chiaia – il gup di Cosenza, Caliò, prosciolse De Marco perché il fatto non sussisteva. Infatti, a differenza di quanto sostenuto dagli avvocati delle parti civili si era invece stabilita la causa del decesso di Mario Tarsitano e si era stabilito che nessuna influenza aveva avuto l’impianto di climatizzazione sul funzionamento delle celle frigorifere che per una dimostrata e non prevedibile avaria si erano fermate dopo diversi giorni.
Dunque il gup accogliendo in toto le richieste dell’avvocato Francesco Chiaia proscioglieva lo scorso dicembre il dirigente del servizio tecnico dell’Azienda ospedaliera. Ma nuovamente le parti civili -con gli avvocati Massimiliano Coppa e Luigi Forciniti – proposero ricorso per Cassazione contro quel proscioglimento. Nel corso dell’udienza, davanti alla sesta sezione penale (quella che si occupa proprio dei reati contro la pubblica amministrazione) per discutere i ricorsi delle parti civili contro De Marco. L’avvocato Forciniti – che sostituiva anche il suo collega Coppa – ha discusso insistendo per l’accoglimento del ricorso.
Il pg della Cassazione chiedeva che il ricorso fosse dichiarato inammissibile condividendo la posizione della difesa del De Marco, richiamando proprio le argomentazioni prodotte nella memoria depositata dall’avvocato Chiaia agli ermellini di Piazza Cavour. La parola è passata in ultimo all’avvocato Chiaia che, all’esito della discussione, ha concluso chiedendo l’inammissibilità dei ricorsi delle parti civili anche alla luce della corposa memoria difensiva in cui il penalista aveva chiesto e sostenuto proprio l’inammissibilità del ricorsi delle parti civili perché in quella sede non basta impugnare la sentenza ma è necessario indicare dei percorsi di prova che giustifichino un dibattimento “cosa che nei ricorsi delle parti civili – così concludeva l’avvocato Chiaia – non erano indicati.
La Corte ha così definitivamente stabilito l’inammissibilità dei ricorsi delle parti civili condannandoli anche al pagamento di 500 euro ciascuno alla cassa delle ammende. Dopo la lettura del dispositivo della Suprema Corte l’avvocato Chiaia ha dichiarato che «con il sigillo apposto dalla Corte di Cassazione su questa vicenda si conclude un difficile e gravoso iter giudiziario con il proscioglimento definitivo con formula ampia del direttore dell’Uoc Servizio tecnico dell’Azienda ospedaliera di Cosenza, uno stimato dirigente e ottimo professionista l’ingegnere De Marco che ha sopportato, consapevole della sua estraneità ai fatti, un processo che ha visto la sua conclusione in Cassazione, ma non per questo si deve dimenticare anche il dolore dei familiari del povero Tarsitano seppure i fatti e le circostanze per i quali era imputato De Marco non avevano di tutta evidenza alcuna connessione con il decesso del giovane».
Mirella Molinaro
m.molinaro@corrierecal.it
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