REGGIO CALABRIA Tutto il managament presente e passato dell’Asp di Reggio presto potrebbe affrontare un processo. La Procura di Locri ha notificato l’avviso di chiusura indagini per 17 tra attuali ed ex amministratori dell’Azienda provinciale, accusati di aver liquidato per anni centinaia di migliaia di euro a una società specializzata nei servizi di pulizia in assenza di regolare gara d’appalto e relativo contratto. Nel registro degli indagati sono finiti gli ex commissari e direttori generali Santo Gioffrè, Rosanna Squillacioti, Ermete Tripodi e Franco Sarica; funzionari e dirigenti, tra cui Filomena Ambrogio, Nicola Calabrò, Francesco Silvio Campolo, Giuseppe Falcone, Felice Iracà, Francesco Macheda, Angela Minniti, Rocco Mario Polimeni, Vincenzo Scali, Pasquale Staltari, Antonio Vartolo, Diego Vitrioli; e il legale rappresentante della società Coopservice, Lorenzo Delfino. Tutti sono accusati di concorso in peculato.
L’INDAGINE Al centro dell”inchiesta coordinata dal sostituto procuratore Ezio Arcadi c’è la Coopservice di Locri (successivamente diventata Gruppo coopservice gestioni), a cui nel periodo compreso tra il luglio 2011 e il dicembre 2015 sarebbero state liquidate somme pari a 6,3 milioni, circa 112mila euro al mese, nonostante il regolare contratto fosse scaduto nel giugno 2011.
Con la loro condotta i vertici dell’Asp avrebbero procurato un evidente vantaggio patrimoniale alla società, procurando altresì un danno a tutte le imprese che avrebbero potuto concorrere alla nuova gara che l’Azienda, nel frattempo subentrata all’Asl di Locri, avrebbe dovuto indire nell’imminenza della scadenza.
I PAGAMENTI A partire dal 27 febbraio 2009, il lavoro di pulizia, sanificazione e disinfezione all’ospedale di Locri sarebbe stato svolti da una società diversa dall’aggiudicataria, cioè il Gruppo Coopservice. In questo modo, annota la Procura, veniva aggirata una nota della Prefettura che si era espressa negativamente sotto il profilo di possibili infiltrazioni mafiose nella Coopservice. Inoltre, «nessuna attività istruttoria veniva in effetti compiuta ai fini della verifica della sussistenza», in capo al nuovo affidatario, «dei requisiti tecnici ed economici richiesti in fase di gara e necessari per l’affidamento del servizio». Né ha alcuna valenza il provvedimento con cui l’allora commissario Rosanna Squillacioti invitava il Gruppo coopservice a proseguire il rapporto, «atteso che non era alla stessa consentito di intervenire su un rapporto già scaduto e tra l’altro al tempo già svolto da parte di soggetto giuridico diverso da quello originariamente risultato aggiudicatario». La manager scelta dall’ex governatore Scopelliti, in più, assieme al direttore dell’ufficio “Acquisizioni beni e servizi”, Nicola Calabrò, avrebbero omesso di attivare la gara a evidenza pubblica che avrebbe dovuto individuare una nuova società.
IL CONTRATTO «Il contratto di servizio – riporta l’avviso di conclusione indagini – è stato prorogato di fatto, senza adozione di specifico atto deliberativo. Ciò ha implicato la mancata allocazione della spesa in bilancio e conseguentemente la non copertura economico-finanziaria; il che ha generato, di fatto, un debito fuori bilancio che, com’è noto, necessita di specifici adempimenti di riconoscimento prima della liquidazione delle prestazioni seppur eseguite».
In quegli anni il costo dei servizi sarebbe stato corrisposto per mezzo di una semplice fattura mensile presentata dal “titolare” Lorenzo Delfino, seguita dal «benestare» di Calabrò e dall’ordine di pagamento del responsabile dell’ufficio Ragioneria, Pasquale Staltari.
Anomalie che sono continuate nel tempo nonostante i rilievi formulati a più riprese dal Collegio sindacale dell’Asp. La Procura sottolinea «la singolare callidità» dei manager indagati che, consapevoli dell’assenza di contratto, avrebbero fatto ricorso a delibere «con le quali prenotavano forfettariamente ingenti somme (sempre nell’ordine di milioni di euro) per il pagamento delle prestazioni rese, poi in concreto liquidate sulla base di mere fatture e con la successiva emissione di mandati di corrispondente importo, così bypassando il possibile controllo sui singoli pagamenti ad opera del Collegio sindacale».
Esisterebbe, dunque, «un concorso» tra funzionari pubblici e imprenditori «in una condotta appropriativa delle somme disponibili», che venivano «disinvoltamente» destinate al pagamento di prestazioni «del tutto prive di titolo e giustificazione».
Per quanto riguarda i diversi dg e commissari che si sono succeduti nel corso degli anni, anche nei casi in cui non hanno provveduto direttamente a liquidare le somme, «va ravvisata la loro responsabilità», in quanto avrebbero permesso l’illegittima proroga del contratto.
Pietro Bellantoni
p.bellantoni@corrierecal.it
x
x