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Lettere pericolose dall'Asp di Vibo



VIBO VALENTIA Quanto costa inviare una raccomandata con ricevuta di ritorno? O una spedizione con posta prioritaria? Dipende dai controlli di Poste Italiane, potrebbero rispondervi nei dintorni di …

Pubblicato il: 08/07/2016 – 14:45
Lettere pericolose dall'Asp di Vibo



VIBO VALENTIA Quanto costa inviare una raccomandata con ricevuta di ritorno? O una spedizione con posta prioritaria? Dipende dai controlli di Poste Italiane, potrebbero rispondervi nei dintorni di Vibo Valentia, dove l’appalto bandito dall’Asp per il servizio di spedizione si è trasformato in un’inchiesta. Anzi, in quattro inchieste. Perché – per cercare di capire se vi sia sotto qualcosa di strano – indagano nell’ordine: la Procura della Repubblica, l’Autorità garante delle comunicazioni, l’Autorità nazionale anticorruzione e Poste Italiane. Proprio quest’ultima ha fissato in un documento le prime “prove” di comportamenti non proprio cristallini, ma le attività continuano. Sono iniziate un anno fa, dopo l’esposto di una ditta, affiliata alla la Mail Express Poste Private Srl, il maggiore operatore in franchising sul mercato.
Mail Express ha visto una serie di anomalie prima nella gara bandita (alla quale non ha partecipato), poi nella gestione del servizio da circa 60mila euro all’anno affidato a Mail Post. Dente avvelenato di una concorrente delusa? Può darsi, ma i report di Poste Italiane suggeriscono che qualcosa non va. E la Procura ha iniziato a convocare le prime persone informate sui fatti. Nell’estate vibonese, c’è un tema caldo in più.



I CONTI NON TORNANO Gli uffici giudiziari sono al lavoro. Cercano di riscontrare le decine di casi allegati alla denuncia. Una premessa per i non addetti ai lavori: Mail Post Italia è un’azienda con pochi uffici sul territorio; proprio per questo motivo per effettuare il servizio deve appoggiarsi sulla rete di agenzie di Poste Italiane in qualità di Gestore del Servizio Universale; servizio profumatamente retribuito dal Ministero con centinaia di milioni di euro l’anno. Questo significa che i costi di spedizione di riferimento sono quelli decisi dal colosso italiano delle spedizioni in accordo con Agcom. Ecco dunque, alcuni esempi. Ci sono raccomandate con ricevuta di ritorno contenenti tra l’altro richieste di pagamento del ticket che, ai prezzi di Poste Italiane, costerebbero oggi 6,75 euro ma sono state inviate a 21 centesimi più Iva, oppure con tariffe di 1,95 euro. Un bel risparmio per l’operatore, che troverebbe il modo di far fruttare l’appalto spendendo molto meno rispetto al previsto. Una delle ipotesi avanzate è che i prezzi siano impostati dall’operatore direttamente alle macchine affrancatrici, senza che nessuno – nei successivi passaggi – ne controlli la correttezza. Solo un’ipotesi di lavoro, appunto. Ma, se fosse verificata, il quadro attorno alla gestione del servizio si farebbe fosco. Le macchine non sono in grado di controllare, ma gli operatori sì. Ed è qui che entra in gioco, come vedremo, l’inchiesta interna delle Poste. Ma torniamo a dove tutto è iniziato. 



LA GARA Nel dicembre del 2014 è stato bandito l’appalto di servizi postali dell’Asp di Vibo Valentia, dopo un biennio assegnato alla società Mail Express. Una nuova gara con contenuti dei servizi aggiuntivi molto più onerosi rispetto alla precedente. Mail Express li quantifica in almeno 15mila euro all’anno. Questi servizi e i nuovi vincoli contrattuali avrebbero reso il bando impraticabile, sostanzialmente una gara “a perdere”. Infatti Mail Express non ha presentato alcuna offerta, valutando che le nuove condizioni imposte potessero comportare perdite nell’appalto anche fino a 30mila euro all’anno. Ma Mail Express non è la sola a fare questa valutazione: alla gara non partecipa neanche Poste Italiane. Eppure qualcuno a quella gara ha partecipato e l’ha vinta. Si tratta di Mail Post Italia, un piccolo gestore con sede a Cefalù che, all’epoca dell’appalto, contava su poche agenzie e oggi ne ha 15 in tutta Italia, metà delle quali in Sicilia e tre in Calabria. Con così poche agenzie, il gestore è evidentemente costretto ad affidare una quota altissima della posta gestita per conto dell’Asp a Poste Italiane (applicandone, dunque, le tariffe, a parte la limitata scontistica riservata ai grossi speditori). Saranno i fascicoli aperti da Procura di Vibo, AgCom e Anac a chiarire chi abbia sbagliato i conti. Fatto sta che Mail Post si aggiudica l’appalto con un ribasso su base d’asta del 16%. Sono cifre che prospettano, di fatto, uno “sconto” fino al 30% degli importi da corrispondere a Poste Italiane (questo perché, altrimenti, i guadagni per la società sarebbero inesistenti). Non basta, perché nei costi vanno calcolati servizi logistici e di corriere che – gestiti in proprio o delegati a terzi – incidono per non meno di 15 mila euro all’anno. Chiariamo: incidono, sempre se vengono effettuati. C’è (ancora) dell’altro: il ribasso, infatti, è successivamente cresciuto di un altro 5%, secondo quanto prescritto dalla Legge di Stabilità 2015. Il punto è: come fa Mail Post a guadagnarci (ammesso che ci riesca)? È a questo punto che si apre il vaso di Pandora prospettato da Mail Express negli esposti.

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IL (PRESUNTO) SISTEMA Accade, quindi, che Poste Italiane, che non ritenne di voler partecipare alla gara neanche con un ribasso dell’1% – dunque non dovrebbe essere molto incline ad agevolazioni nei confronti di Mail Post – di fatto finisce per lavorare tutta la posta dell’Ente. E accade che un piccolo operatore privato, che ha pochissime agenzie, si assuma un grosso rischio economico-finanziario. Dovrà pagare a prezzo di listino fino al 30% in più quanto riceverà dall’ente, dovrà anticipare tutte le somme per alcuni mesi (l’Asp paga almeno a 60 giorni, che arrivano facilmente a 90 o 120) e, come se non bastasse, fornirà servizi aggiuntivi del costo di circa 15mila euro all’anno senza percepire per essi alcun pagamento. Com’è possibile? Marco Plastina, legale rappresentante della ditta affiliata alla Mail Express, illustra la sua ipotesi, conti alla mano. «Avviene tutto con una sistematica strategia di sottopesatura delle buste, di mancata apposizione di ricevute di ritorno, di falsa dichiarazione di zone di destinazione per fruire di ribassi di prezzo illeciti, di prezzi agevolati (posta target card) su invii invece soggetti a tariffa intera». Gli esempi non mancano. E l’imprenditore li ha allegati all’esposto recapitato alla Procura. «Posta prioritaria che dovrebbe costare tra 60 e 95 centesimi, viene affrancata con 20 centesimi, con un risparmio, che reputo illegittimo, del 75%». Il caso non si ferma alla ditta concorrente, Plastina ipotizza l’esistenza di una rete: «Una cosa del genere credo sia resa possibile da complicità o gravissime omissioni all’interno di Poste Italiane». «Migliaia di pezzi inseriti in capitolato a prezzo di raccomandata (e come tali pagati dall’ente) – dice ancora Plastina, che ha raccontato la sua denuncia anche alla Tgr della Rai – sono stati postalizzati come posta prioritaria, con spesa postale sostenuta pari a circa il 25% di quanto poi percepito in fattura per quei pezzi. Tranne che la consegna di una prioritaria – ove effettuata – ha contenuto notificatorio nullo: e trattandosi nella fattispecie di richieste di pagamento ticket di imminente prescrizione ad utenti di Pronto Soccorso, il danno erariale può ammontare anche a decine di migliaia di euro». Sarebbe un doppio guaio per l’Asp, insomma. Non è che nelle stanze della sanità non se ne sia accorto nessuno: le lamentele e le segnalazioni scritte di disservizio fioccano, ma nulla si muove, forse in attesa che l’inchiesta della magistratura sciolga i dubbi. Il guaio, per Plastina, è che l’ente «non ha alcuna possibilità di controllare la quantità, la tipologia e il peso della posta realmente lavorata dal fornitore di servizio: e dunque eventuali fenomeni di sovrafatturazione, che potrebbero avvenire per errore e non per dolo, risulterebbero incontrollabili».



LE IRREGOLARITÀ Il fatto è che, adesso, non è solo Mail
Express a nutrire dubbi sulla gestione del servizio. Dal 16 maggio scorso è ufficiale che qualcosa non torna. Lo prova il carteggio tra Poste Italiane e l’Autorità garante delle comunicazioni. L’azienda pare non avere più dubbi: «Risultano confermate le evidenze relative alla non corretta affrancatura degli invii raccomandati postalizzati dal cliente Ciancio (il proprietario della ditta affiliata a Mail Post, e gestore dell’appalto per conto della casa madre, ndr) per conto dell’Asp di Vibo Valentia, attraverso l’indicazione di destinazioni tariffarie non conformi rispetto alla reale localizzazione del destinatario». In alcuni casi, poi, «a fronte di richieste (e relativi pagamenti) di invii raccomandati con ricevuta di ritorno da parte dell’Asp, il signor Ciancio ha proceduto a postalizzare invii raccomandati classificandoli come sprovvisti di ricevuta di ritorno (e, quindi, senza pagare a Poste il corrispettivo previsto per il servizio accessorio)». E, per finire, «risultano confermate le evidenze relative all’impiego, da parte del signor Ciancio, del prodotto Postatarget per la postalizzazione di invii non compatibili con le caratteristiche del prodotto». Un panorama simile a quello denunciato ormai un anno da Plastina.

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ZERO CONTROLLI Poste Italiane ha fatto di più. Ha avviato, infatti, un’inchiesta interna su ciò che è accaduto nel periodo tra gennaio e agosto 2015. Il risultato? Sarebbero emerse responsabilità da parte dei dipendenti che hanno prestato servizio allo “Sportello accettazione Grandi clienti”, che «non risultano aver posto in essere i dovuti controlli né aver operato con la dovuta diligenza nell’espletamento dell’attività di accettazione invii loro assegnata». Per loro (e per il titolare di Mail Post) guai patrimoniali in arrivo.

E L’ASP? Su quali basi ha condotto l’istruttoria Poste Italiane? Ovviamente anche sui documenti che le sono stati forniti dall’Azienda sanitaria provinciale. Che, però, nel corso dei mesi e nonostante esposti e inchieste, non ha ritenuto di dover intervenire sul nuovo gestore, se non applicando delle sanzioni per il ritardo cui avrebbe risposto alle contestazioni. Risposte che hanno accontentato la macchina burocratica interna dell’Asp, mentre sono oggetto di approfondimento da parte di Poste, Procura, Anac e Agcom. Un comportamento andato avanti per oltre dieci mesi, e tra 9 mesi l’appalto giungerà a scadenza naturale. In più, negli uffici della sanità vibonese, il rischio concreto è quello di non riuscire a controllare la spesa per i servizi postali appaltati né verificare eventuali sovraffatturazioni e mancate prestazioni nell’arco di 15 mesi di gestione dell’appalto. Un pastrocchio che rischia di arroventare l’estate della sanità.

Pablo Petrasso
p.petrasso@corrierecal.it

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