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Direzione Pd, psicanalisi senza terapia – VIDEO

LAMEZIA TERME La “Direzione” del Pd calabrese resta incerta, forse solo un tantino meno. La prima reunion dopo la mazzata rimediata alle comunali è una sorta di psicanalisi di gruppo senza una tera…

Pubblicato il: 09/07/2016 – 15:11
Direzione Pd, psicanalisi senza terapia – VIDEO

LAMEZIA TERME La “Direzione” del Pd calabrese resta incerta, forse solo un tantino meno. La prima reunion dopo la mazzata rimediata alle comunali è una sorta di psicanalisi di gruppo senza una terapia ben definita. I vertici dem chiamati a raccolta a Lamezia decidono di non decidere. Non subito, almeno. Perché le soluzioni per rilanciare veramente il partito verranno prese – così assicura il segretario Magorno – il 28 e il 29 luglio, in occasione di una assemblea che assumerà i connotati di un grande seminario per ridare forza e vitalità a un Pd sempre più in ambasce. Il sottosegretario Marco Minniti, però, a suo agio nel ruolo di nume tutelare dem, dice no a una discussione «perennemente aperta» e avverte: «La prossima assemblea dovrà essere un’assemblea che decide».
E comunque il confronto franco avvenuto in Direzione, seppur interlocutorio, è già un buon inizio. Il primo a fare mea culpa è proprio Magorno. «Ammetto la sconfitta elettorale senza attenuanti, ma rivendico l’orgoglio del nostro partito», dice a una platea che forse si aspetta decisioni drastiche o forse no.
Il “renzianissimo” Ernesto svela subito il segreto di Pulcinella. Non si dimette, resta al suo posto: «Continuerò a tener fede all’impegno assunto, pronto a rilanciare il Pd assieme a chi lo vorrà». Ai dissidenti che a più riprese hanno invocato la sua defenestrazione consegna un messaggio che è la riproposizione di quello recapitato dal premier alla minoranza Pd: «Chi vuole un cambio al vertice, lavori nel partito per diventare maggioranza». È una sfida, lanciata con garbo, ma pur sempre un invito chiaro: spodestatemi, se ci riuscite. L’occasione è sul piatto: il congresso regionale che, assicura Magorno, avverrà subito dopo il referendum costituzionale di novembre. Un appuntamento al quale la Calabria si presenta forte di «30mila firme» raccolte per il Sì. «Anche nel mare delle difficoltà – puntualizza il segretario –, il Pd di questa regione ha dato il contributo più alto in Italia». La novità riferita in Direzione è che la campagna per il referendum sarà coordinata dal deputato Demetrio Battaglia. Quanto alle lotte nel partito, Magorno non dissimula più, e invoca un’unità troppo spesso annunciata e mai realizzata: «Basta fuoco amico, il problema sono le lotte tra correnti, non il segretario regionale. Abbiamo l’obbligo di costruire un Pd più forte».
platea direzione Pd
(La platea della Direzione Pd)

CONTRO I COMMISSARI Certo è che l’ex sindaco di Diamante non ci sta a caricarsi sulle spalle tutto il peso della debacle elettorale. La butta lì, all’improvviso: «I commissari alla Sanità Scura e Urbani devono andare via, senza di loro avremmo avuto un miglior risultato alle elezioni». E propone un nuovo documento da presentare al governo per chiederne la rimozione. Provocazione o meno, la sortita ottiene consensi, e orienta il dibattito. Il consigliere regionale Giuseppe Aieta rincara la dose: «A causa dei commissari non possiamo più uscire di casa, perché la gente ci sputa in faccia».
Nemmeno il governatore Oliverio si lascia pregare e giustifica il diffuso malcontento attraverso l’operato di Scura e Urbani: «Quello per la sanità non è uno scontro di potere. I risultati di questa gestione sono sotto gli occhi di tutti e vengono scaricati su di noi». Come dire, il nemico è anche altrove. Il presidente, in ogni caso, assicura che il processo di rinnovamento, almeno in Regione, «è in atto». Ciononostante apre al contributo del partito durante l’assemblea di fine luglio: «Sarà l’occasione per mettere a punto l’azione del governo calabrese». Il Pd resta, nelle intenzioni, il motore immobile del cambiamento. «Ma se perde la sua capacità di sintesi, come avvenuto alle elezioni, dove ci siamo presentati anche con due o tre liste in uno stesso Comune, vuol dire che c’è un problema di appartenenza. Noi, invece, abbiamo bisogno di soggetti collettivi. Vinciamo solo se cresce questa consapevolezza».
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(Mario Oliverio)

LE CRITICHE Tra gli interventi più attesi, quello di Carlo Guccione. Che non spara alzo zero («basta con il sostituismo»), ma porta un’analisi logica al dibattito: «Dalle elezioni regionali del 2014 a oggi qualcosa si è rotto. C’è una frattura profonda tra noi e la Calabria. Tutto passa dal rilancio dell’azione della Regione e dalla capacità di tracciare un percorso per far nascere il Pd. Perché oggi il Pd non c’è». «Questo partito non c’è, fuori dai palazzi non esiste», gli fa eco il sindaco di Reggio, Giuseppe Falcomatà. E mentre lo stesso Aieta invita i dem a diventare una «testuggine» insieme a Magorno, Massimo Canale non intende nascondere la polvere sotto il tappeto. «Non credo che Ernesto debba lasciare il suo incarico a causa della sconfitta», spiega l’ex candidato alla segreteria regionale, «ma la fotografia che esce fuori è comunque quella di un partito incapace di rinnovarsi e avaro nei confronti delle nuove generazioni, che non riescono a spiccare il volo. Così non riusciremo mai a creare una nuova classe dirigente».
Pino Soriero sollecita soluzioni immediate: un congresso regionale straordinario da concludere entro Natale e una riunione specifica della Direzione in vista delle amministrative di Catanzaro, in programma la prossima primavera. Poi l’ex sottosegretario si rivolge direttamente a Magorno: «Altro che lanciafiamme, finora hai usato solo l’estintore per annacquare scontri che dovevano essere risolti».
Nemmeno l’ex ministro Maria Carmela Lanzetta le manda a dire: «Il Pd è stato assente a Platì, San Luca e Rosarno, che non sono realtà locali ma casi nazionali che non possono essere lasciati alla mercé del primo che arriva». Arturo Bova, invece, punta l’accento sulla mancata rigenerazione di un partito dove vige «la restaurazione più totale».

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MINNITI: LA CALABRIA CI GUARDA «Dobbiamo fare i conti con l’opinione pubblica calabrese, altrimenti non capiremo mai questa regione, fatta da un elettorato esigente che ci giudica dal punto di vista programmatico e da quello etico-politico». La premessa serve a Minniti per far passare un messaggio semplice: nelle urne si raccoglie quanto si è seminato. «Siamo un partito a cui viene chiesto molto e che deve essere in grado di fare quello che la gente gli chiede». Dopo il discorso vira, inevitabilmente e per un attimo, sul referendum, «tappa cruciale per l’Italia». Anche perché «all’onda lunga dell’incertezza si risponde con la stabilità e il riformismo». E, soprattutto, con una leadership forte, quella di Matteo Renzi che «è un patrimonio per il Paese e come tale deve essere considerata dal Pd».
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(L’intervento di Minniti)

Una parentesi che Minniti chiude quasi subito per ritornare alle questioni regionali. Con una proposta: fare un test al governo Oliverio allo scoccare dei due anni di mandato, una specie di «bilancio» con tutte le forze sociali calabresi. Il sottosegretario, in conclusione, invita il suo partito a non sottovalutare i risultati ottenuti alle ultime consultazioni. «Non si tratta di un campanello d’allarme, ma di una vera e propria campana». E per non farla suonare a morto è necessario «cambiare profondamente».
La riforma interna avverrà alla prossima assemblea? Nessuno può dirlo con certezza, la Direzione non è affatto chiara. Oggi far parte del Pd calabrese, per dirla con le parole di Arturo Bova, «significa essere preoccupat
i».

Pietro Bellantoni
p.bellantoni@corrierecal.it

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