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Le 'ndrine nella curva della Juve: «Con gli stadi facciamo soldi»

Emergono nuovi, inquietanti scenari dopo il suicidio del capo ultrà della Juventus, Raffaello “Ciccio” Bucci, storico leader dei “Drughi” che, giovedì scorso, si è lanciato da un viadotto dell’auto…

Pubblicato il: 11/07/2016 – 9:10
Le 'ndrine nella curva della Juve: «Con gli stadi facciamo soldi»

Emergono nuovi, inquietanti scenari dopo il suicidio del capo ultrà della Juventus, Raffaello “Ciccio” Bucci, storico leader dei “Drughi” che, giovedì scorso, si è lanciato da un viadotto dell’autostrada Torino-Savona dopo che, il giorno precedente, era stato interrogato come testimone da un pm della procura di Torino nell’ambito di un’inchiesta sulla ‘ndrangheta in Piemonte. Una presenza, quelle delle cosche calabresi, che secondo gli inquirenti torinesi sarebbe arrivata anche tra le tribune dello Juventus Stadium, dove si sarebbero intrecciati, tra il 2013 e il 2014, torbidi accordi tra alcuni dirigenti della società (non indagati), ultrà e ‘ndrangheta.

IL “COMPROMESSO” A ricostruire alcuni aspetti della vicenda è il Corriere della Sera, che ricostruisce le fasi di uno”sciopero del tifo” programmato nel febbraio del 2014 proprio dal capo dei Drughi in vista del derby Juventus-Torino. C’è una telefonata che avviene due giorni prima della partita. Rocco Dominello, all’epoca 38 anni, figlio di Saverio, appartenente alla potente cosca Pesce-Bellocco di Rosarno, si offre di fare da mediatore nella controversia. «Non chiama – scrive il Corsera – un criminale, né un picchiatore da stadio. Telefona ad Alessandro D’Angelo, “security manager” della Juventus. Ed è proprio quest’ultimo a pronunciare la frase che scolpisce il marcio nei rapporti tra società calcistiche e tifosi in Italia: “Io voglio che voi state tranquilli e che noi siamo tranquilli e che viaggiamo insieme, allora se il compromesso è questo a me va bene! Se gli accordi saltano, ognuno faccia la propria strada”. Gli accordi sono: la società (o almeno alcuni suoi dirigenti apicali) concede i biglietti che gli ultrà (o la criminalità) sfruttano per il bagarinaggio; in cambio, ottiene la calma nei rapporti con i tifosi».
Un altro episodio avviene il 23 ottobre 2013. In programma c’è la sfida di Champions League tra Real Madrid-Juve. Ed emerge quella che viene definita come una figura chiave dell’inchiesta: Fabio Germani, fondatore di «Bianconeri d’Italia», organizzazione no profit di tifosi. È lui che secondo l’indagine avrebbe accreditato il giovane Dominello ai piani alti della Juve. Ed è sempre lui che, prima della partita di Champions, contatta direttamente l’amministratore delegato della Juve. Beppe Marotta gli fa avere una busta di biglietti raccomandando «massima riservatezza». Negli stessi giorni Dominello smercia 10 biglietti e se li fa pagare (750 euro) con un assegno intestato alla Juventus, più 200 euro in contanti, che sono il suo guadagno.

IL GRUPPO ULTRÀ DELLE ‘NDRINE Secondo i magistrati torinesi la ‘ndrangheta avrebbe quindi «fondato» un gruppo ultrà (i «Gobbi») per entrare nel business del bagarinaggio. A gennaio del 2014 però un tifoso manda una mail alla Juve lamentandosi di aver pagato 640 euro per un biglietto per la sfida di Champions. «La società così – riporta il Corriere – scopre che quel tagliando rientra nella quota “nera” trattata da Rocco Dominello. Allora Stefano Merulla, responsabile “ticket office” del club, chiama il suo contatto Germani e si lamenta: “L’hai portato tu e l’hai presentato in un certo modo… non so che mestiere faccia, ma ho la percezione che abbia un’influenza abbastanza forte nella curva”. Come dire: lucrare sì, ma con cautela. Dalle carte si comprende che alcuni dirigenti della Juve probabilmente non avevano idea dello spessore criminale dell’interlocutore. Il security manager però, spiega il gip, “trovava comunque un espediente per aggirare i divieti ufficiali a favore di Dominello”».

IL PROVINO PER IL FIGLIO DEL BOSS E il 15 febbraio 2014, in un bar di via Duchessa Jolanda a Torino, gli investigatori seguono addirittura un incontro tra Germani, Dominello e Marotta. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, i tre parlano di un provino alla Juve per il figlio di Umberto Bellocco, del clan di Rosarno. Ma il ragazzo, poi, non verrà preso.
Dall’indagine emerge come per entrare nella curva dello Stadium gli uomini legati alle ‘ndrine avessero avuto il benestare dei boss: «Noi abbiamo le spalle coperte, abbiamo i cristiani che contano». Tanto da organizzare anche una «tavola rotonda» con gli altri ultrà per sancire il loro ingresso. E ovviamente il calcio c’entra poco o niente: «Non ho un ca… da fare e mi butto dentro gli stadi. Se prendiamo soldi, che ca… me ne frega a me?».

SILP CGIL: E’ SOLO LA PUNTA DI UN ICEBERG «La vicenda del capo ultrà juventino, suicidatosi dopo essere stato interrogato dai magistrati torinesi nell’ambito di una inchiesta che documenta la commistione tra tifo organizzato e ‘ndrangheta, rappresenta solo la punta di un iceberg». Lo afferma Daniele Tissone, segretario generale del sindacato di polizia Silp Cgil. «Giocatori di calcio aggrediti e spesso alla mercè del tifo più estremista – prosegue Tissone -, persone accoltellate durante le partite, morti che toccano sia gli appassionati del pallone che le forze dell’ordine. Basti pensare a Ciro Esposito e a Filippo Raciti. Come Silp Cgil ribadiamo le responsabilità dei club che devono fare di più per isolare violenti e criminali, contribuendo a mettere in atto tutte quelle attività preventive che le autorità di polizia hanno negli anni individuato per rendere sempre più sicuri gli stadi e tutto quanto gira attorno agli impianti sportivi».

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