ROMA Mira a introdurre nel nostro codice penale nostro una specifica aggravante alle pene previste a carico di chi mette in atto comportamenti tesi a «impedire ad altri di manifestare liberamente le proprie opinioni o a causa dell’avere altri manifestato le proprie opinioni con lo scritto o con ogni altro mezzo di diffusione».
È la proposta di legge presentata alla Camera dei deputati dal parlamentare del Pd Ferdinando Aiello. Iniziativa che guarda molto alla necessità di mettere il giornalismo italiano al riparo da attacchi e pressioni che tendono a limitarne la libertà e l’operatività. Condivisa da molti altri parlamentari, l’iniziativa che ha portato al deposito agli atti della Camera della proposta di legge, nasce a margine di un convegno tenutosi nei mesi scorsi sulla tutela dell’informazione nel nostro Paese e, più dettagliatamente da uno scambio di esperienze tra il direttore editoriale de Il Velino, Paolo Pollichieni, l’ex vicedirettore del Tg3, nonché inviato di punta delle trasmissioni televisive che hanno fatto la storia del giornalismo televisivo italiano, Sandro Ruotolo; e l’avvocato Antonio Mazzone, docente di diritto penale nella scuola superiore interforze, dove si formano gli alti ufficiali e i dirigenti della polizia di Stato, dell’Arma dei carabinieri e della Guardia di finanza.
Nella sua illustrazione alla Camera dei deputati, Aiello, ha evidenziato come «i giornalisti e coloro che si curano di informare i cittadini sono spesso oggetto di campagne di diffamazione, nonché additati all’opinione pubblica come i responsabili, quando spesso si sono limitati semplicemente a mettere a conoscenza i più di fatti e delitti. Purtroppo, i giornalisti, durante lo svolgimento della loro attività professionale, sono vittime di reati anche molto gravi. Dal semplice danneggiamento della propria attrezzatura, sino a lesioni e, in casi più gravi, vengono addirittura assassinati».
Il parlamentare calabrese del Pd ha poi aggiunto: «La storia della nostra Repubblica è purtroppo costellata da episodi gravissimi che rendono questa professione particolarmente pericolosa».
Riferendosi a precise indagini seguite a fatti di cronaca, nella relazione che accompagna la proposta di legge si annota la circostanza che spesso «delitti efferati sono in realtà compiuti al fine di impedire a libera manifestazione del pensiero, tutelata dalla nostra Costituzione all’articolo 21.
È quanto mai necessario, dunque, approntare una tutela penale, inasprendo le pene per coloro che compiuti alcuni reati gravissimi al fine precipuo di limitare la libera manifestazione del pensiero».
La proposta di legge si compone di un solo articolo a mezzo del quale si va a inserire nel codice penale, dopo l’art. 649, l’art. 649 bis, introducendo una circostanza aggravante per chi compie i reati di cui agli articoli 575, 581, 582, 605, 610, 612, 612 bis e 635 del codice penale, per impedire ad altri di manifestare liberamente le proprie opinioni o a causa dell’avere altri manifestato le proprie opinioni con lo scritto o con ogni altro mezzo di diffusione. La riconosciuta circostanza aggravante comporta l’aumento della pena di un terzo. I reati per cui è prevista sono quelli di omicidio, percosse, lesioni personali, sequestro di persona, violenza privata, minaccia, atti persecutori e danneggiamento. Al fine di tutelare ulteriormente la persona offesa, in caso di condanna si applica anche la misura di sicurezza del divieto di soggiorno per anni quattro nella regione in cui risiede la persona offesa.
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