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"Sistema Rende", Principe torna in libertà

COSENZA Torna in libertà Sandro Principe. Lo ha deciso il Tribunale del Riesame di Catanzaro che ha revocato la misura degli arresti domiciliari per l’ex sottosegretario al Lavoro ed ex sindaco di …

Pubblicato il: 11/07/2016 – 12:51
"Sistema Rende", Principe torna in libertà

COSENZA Torna in libertà Sandro Principe. Lo ha deciso il Tribunale del Riesame di Catanzaro che ha revocato la misura degli arresti domiciliari per l’ex sottosegretario al Lavoro ed ex sindaco di Rende, coinvolto nell’inchiesta della Dda di Catanzaro “Sistema Rende”. Nelle scorse settimane i difensori di Principe, gli avvocati Marco Amantea e Franco Sammarco, avevano fatto richiesta di revoca della misura cautelare al gip di Catanzaro Ferraro, che l’aveva però rigettata. Gli avvocati si sono, così, rivolti al Tdl che nella tarda mattinata di lunedì ha depositato la decisione. Secondo il Riesame è venuta meno l’esigenza cautelare, ovvero per Principe non sussiste il pericolo di reiterazione del reato. L’ex sottosegretario era ai domiciliari dal 23 marzo scorso, giorno dell’operazione.

LO SFOGO DI PRINCIPE: MI SENTO OFFESO E UMILIATO Sandro Principe, alcune ore dopo la notizia della sua scarcerazione, si è sfogato ai microfoni del TgR Calabria, intervistato da Vittorio Romano. «Mi sento offeso e umiliato – ha detto Principe – soprattutto per la mia famiglia. Sono contento di potermi occupare delle mie cose. Ma sono molto amareggiato perché non meritavo questo trattamento. Mi permetta di dire che questo è un processo che ha caratteristiche politiche perché in realtà quella che viene messa in discussione è la mia leadership nel Comune di Rende». E sull’accusa di voto di scambio con gli esponenti del clan Lanzino-Ruà, aggiunge: «Io questi soggetti non li ho mai visti perché sono stato sempre lontano anni luce da questi ambienti. Ma, come lei sa, nelle cooperative di tipo B possono anche assumere personaggi con precedenti penali. Lo decide la cooperativa autonomamente e io di queste cose non ne so nulla. Se andiamo in qualche Comune vicino c’è un elenco di precedenti penali». E quando il giornalista apostrofa se questo è «un pizzino» al Comune di Cosenza, Principe risponde di no perché «stimo il sindaco anche se non appartiene alla mia parte politica. Abbiamo realizzato opere pubbliche per centinaia e centinaia di euro a Rende e poi dobbiamo dire che c’è la mafia solo perché la licenza di un bar dell’area mercatale viene assegnata alla moglie, incensurata, di una persona che all’epoca aveva dei precedenti per detenzione di materiale esplodente, ovvero tric-trac per intenderci». Alla domanda se si è sentito abbandonato dal Pd, il suo partito, in questi oltre cento giorni di arresti domiciliari, Principe risponde così: «In Italia oggi non viene rispettato il principio di Montesquieu e quindi quando salta l’equilibrio dei poteri posso capire alcune timidezze che possono essere causate da una certa paura. Ma fatemi dire una cosa: io sono stato sempre un militante leale del Pd. I miei voti sono andati a gente come Oliverio, come Minniti. Una delle accuse riguarda le elezioni pronvinciali del 2009 quando il candidato alla presidenza era Oliverio, non ero io. E quindi al segretario regionale Magorno e a tutti quelli a cui ho dato il mio sostegno elettorale, chiedo se si sono mai resi conto che io portavo i voti della mafia».

L’INCHIESTA DELLA DDA La sua misura è stata l’unica confermata dal Tribunale della Libertà, che aveva invece revocato i domiciliari agli altri politici coinvolti, ovvero: Pietro Ruffolo, Giuseppe Gagliardi, Umberto Bernaudo e Rosario Mirabelli. I politici erano finiti ai domiciliari il 23 marzo scorso nell’ambito dell’operazione della Dda di Catanzaro denominata “Sistema Rende”, sono accusati di concorso esterno in associazione mafiosa e di aver ricevuto il sostegno elettorale del clan Lanzino-Ruà. Le motivazioni con le quali il Tdl spiega perché l’ex sottosegretario restava ai domiciliari confermano sostanzialmente l’impianto accusatorio contenuto nell’ordinanza di custodia cautelare. Ma tengono conto, inoltre, dei nuovi atti che il procuratore aggiunto della Dda, Vincenzo Luberto, e il sostituto Pierpaolo Bruni – che firmano l’inchiesta sulle presunte collusioni tra ‘ndrangheta e politica a Rende – avevano depositato nel corso dell’udienza del Riesame. Si tratta, in particolare, di un verbale con le dichiarazioni di Amerigo Castiglione, candidato a sindaco di Rende nel 2011, e una nota del segretario comunale relativa alla nomina a dirigente di Ernesto Lupinacci.
Nella stessa inchiesta sono coinvolti anche alcuni presunti esponenti della cosca Lanzino-Ruà: per loro il gip lo scorso 23 marzo ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare in carcere. Ma il Tdl ha revocato la misura per Michele e Umberto Di Puppo e per Francesco Patitucci. Mentre ha modificato la misura cautelare dal carcere ai domiciliari per Adolfo D’Ambrosio (che si trova però ristretto al 41 bis per altri reati). Secondo l’impianto accusatorio, il clan avrebbe procacciato voti per l’ex sottosegretario al Lavoro Sandro Principe e per gli altri politici indagati che farebbero parte della coalizione del «rais di Rende» e in cambio avrebbero ottenuto favori, denaro e anche assunzioni in cooperative del Comune.

 

Mirella Molinaro
m.molinaro@corrierecal.it

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