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REGHION | Le trame per salvare Cammera dall'Antimafia

REGGIO CALABRIA Non è uno dei reati per i quali è stato disposto il fermo, ma è il dettaglio che spiega come mai Marcello Cammera per anni si sia fatto manovrare come un burattino dall’avvocato Pao…

Pubblicato il: 12/07/2016 – 15:54
REGHION | Le trame per salvare Cammera dall'Antimafia

REGGIO CALABRIA Non è uno dei reati per i quali è stato disposto il fermo, ma è il dettaglio che spiega come mai Marcello Cammera per anni si sia fatto manovrare come un burattino dall’avvocato Paolo Romeo. Per la Dda di Reggio Calabria, il per lungo tempo inamovibile dirigente comunale del settore Lavori pubblici è uno dei confratelli della loggia segreta, costruita nel tempo dall’avvocato Romeo per governare la politica e l’economia della città di Reggio Calabria. Per questo, è stato iscritto sul registro degli indagati per violazione della Legge Anselmi sulla costituzione delle società segrete, nell’ambito della più ampia inchiesta, tuttora coperta da segreto, sui rapporti fra ‘ndrangheta e amministrazione, di cui l’operazione Reghion fa parte. Proprio quella loggia, scoperchiata un paio di mesi fa dall’inchiesta Fata Morgana, per il procuratore Federico Cafiero de Raho è la vera chiave per comprendere pienamente il ruolo di Cammera.

L’INGRANAGGIO CONSAPEVOLE In Comune fin dal marzo 2001, Cammera sarebbe un ingranaggio fondamentale di un sistema di potere che ha inglobato la città di Reggio Calabria, allungando i propri tentacoli ben oltre i confini regionali. Ecco perché, come uno scolaretto, Cammera avrebbe piegato la testa di fronte a richieste, consigli e ordini di Paolo Romeo, limitandosi a eseguire le sue direttive. Non è costretto, non è una vittima. La sua – emerge dalle carte d’indagine – sarebbe una scelta consapevole, che negli anni gli avrebbe permesso di accumulare potere e denaro in ragione dello strategico ruolo che in Comune ricopre. È il signore dei Lavori pubblici. Da lui dipendono l’apertura dei cantieri, la velocità con cui questo avviene e quella con cui gli imprenditori vengono pagati, le difficoltà che questa o quell’impresa incontra nella gestione delle pratiche burocratiche per avvio e prosecuzione dei lavori. Il suo è un ruolo fondamentale. Ecco perché Cammera entra in agitazione quando comprende che la commissione parlamentare antimafia vuole la sua testa.

PERICOLO DEFENESTRAZIONE Nella relazione della commissione d’accesso, a suo carico venivano segnalati un procedimento per mafia poi archiviato e una serie di «comportamenti anormali, tra l’altro, indirizzati a favorire “imprese in odor di mafia”». Troppo – gli avevano riferito ben informate fonti – per la presidente Rosy Bindi. Un incubo per Cammera che, perdendo l’incarico, avrebbe visto sparire anche una grossa fetta del suo potere. Un problema per la loggia segreta di cui è espressione, che avrebbe dovuto adoperarsi per sostituire un fondamentale ingranaggio. E per questo si mette in azione. Romeo – come ha già da tempo svelato l’inchiesta Fata Morgana – spiega al dirigente come e cosa scrivere in una missiva ufficiale, lo riempie di consigli, gli detta tempi e mosse. Ma è sempre l’avvocato – racconta oggi l’inchiesta Reghion – a definire la strategia mediatica da utilizzare. A realizzarla concretamente invece, ci pensa Teresa Munari, giornalista del Garantista, vicinissima all’ex deputato Psdi.

L’ARMA MEDIATICA È a Romeo che Munari deve l’assunzione al giornale, all’epoca controllato da nomi noti di Confindustria Reggio, incluso il presidente Andrea Cuzzocrea. Ed è alle indicazioni e ai desiderata di Romeo che la giornalista – secondo quanto emerge dalla carte d’indagine – risponde. In quei mesi, l’obiettivo è uno: riabilitare l’immagine di Cammera. La Munari lo avrebbe fatto personalmente, attraverso una serie di pezzi, ma anche indirettamente, soffiando informazioni pilotate a penne di altre testate. Ma c’è di più. Perché la giornalista sarebbe anche la protagonista del lavoro dietro le quinte per salvare il dirigente.

MEDIAZIONI OCCULTE Al sistema, serve sapere cosa la commissione parlamentare Antimafia sappia sulla dirigenza, ma soprattutto cosa abbia intenzione di chiedere alla triade di prefetti che governa Reggio. Per questo la Munari contatta Angela Napoli, cui chiede un incontro riservato. Non le spiega il motivo e le anticipa che non sarà da sola, ma l’ex parlamentare non si scompone, né si tira indietro, si limita a darle appuntamento a Taurianova, dove abitualmente risiede. Un incontro che – secondo quanto emerge dalle carte d’indagine – non sarà possibile monitorare, ma su cui molto scopriranno gli investigatori, ascoltando le telefonate fra Cammera, Munari e Romeo. Proprio dall’avvocato si recano i due al termine dell’incontro, per riferirne l’esito e pianificare le mosse successive.

INFORMAZIONI RISERVATE Ad Angela Napoli – svelano le conversazioni intercattate – Munari aveva chiesto di raccogliere informazioni, ma anche di intercedere in favore di Cammera presso la presidente della commissione parlamentare Antimafia, Rosy Bindi. Di cosa abbiano parlato Napoli e Bindi non è dato sapere, né in che termini l’ex senatrice sia intervenuta, fatto sta che qualche informazione filtra. A distanza di qualche giorno dall’incontro, Napoli fa sapere alla Munari che non c’è nulla di cui preoccuparsi, Cammera rimarrà al suo posto. La commissione parlamentare Antimafia – anticipa alla giornalista – si sarebbe accontentata di una sola testa – quella dell’allora segretario comunale Pietro Emilio – e avrebbe deciso di non procedere oltre. Tutte informazioni che si riveleranno fondate. In effetti, dopo la defenestrazione di Emilio, nessun dirigente perderà il suo posto. Un risultato – racconterà giuliva la Munari a un’amica, come allo stesso Cammera – che lei era riuscita a conoscere in anticipo. Ma di certo non per fare uno scoop.

Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it

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