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Onta 2, confermata la condanna per l'avvocato Cacciola

Cinque anni e 8 mesi in Appello per le pressioni esercitate sulla testimone di giustizia Cetta Cacciola, in seguito morta suicida REGGIO CALABRIA Arriva solo una piccola riduzione di pena per l’avv…

Pubblicato il: 13/07/2016 – 17:20
Onta 2, confermata la condanna per l'avvocato Cacciola

Cinque anni e 8 mesi in Appello per le pressioni esercitate sulla testimone di giustizia Cetta Cacciola, in seguito morta suicida

REGGIO CALABRIA Arriva solo una piccola riduzione di pena per l’avvocato Gregorio Cacciola, condannato dalla Corte d’appello di Reggio Calabria a 5 anni e 8 mesi in luogo dei 6 anni e 4 mesi rimediati in primo grado. Anche per i giudici del secondo grado dunque l’avvocato Gregorio Cacciola è colpevole di aver estorto con la violenza la falsa confessione con cui l’ex collaboratrice di giustizia Maria Concetta Cacciola, pochi giorni prima di suicidarsi con una dose letale di acido muriatico, ha smentito le dichiarazioni fatte ai magistrati contro il clan Bellocco.
Si conferma in pieno l’impianto accusatorio secondo cui Cacciola, parente e storico legale della famiglia della collaboratrice di giustizia, sarebbe stato il vero ideatore del piano di delegittimazione delle dichiarazioni rese da Cetta, nel corso del suo accidentato percorso di collaborazione, fatto di slanci e ripensamenti, di violazioni del regime che impone la totale interruzione dei rapporti con i familiari e brusche marce indietro, di fiducia nella scelta fatta e timori. Un percorso altalenante, ma estremamente proficuo per la Dda.
Le sue dichiarazioni hanno alimentato inchieste e operazioni, aiutato inquirenti e investigatori a comporre il quadro, chiarire ruoli e compiti, ricostruire assetti. Già nel 2010, i Bellocco – ha ricostruito l’inchiesta che ha portato il legale alla sbarra – sapevano che le rivelazioni di Cetta avrebbero potuto diventare molto pericolose per loro, per questo hanno contattato Cacciola con un ordine chiaro e semplice: disinnescare la potenziale portata esplosiva delle rivelazioni che Cetta aveva fatto ai magistrati .
Una manovra concepita dal legale mandato del clan ma – secondo l’impostazione accusatoria – ufficialmente messa in atto dall’avvocato Pisani, oggi pentito, ma all’epoca relegato al rango di “pupo” che agiva secondo ordini e strategie pensate dal collega. Strategie passate dalla registrazione di una ritrattazione, poi fatta pervenire alla Dda, con cui Cetta è stata obbligata a smentire quanto in precedenza dichiarato tanto sulla sua famiglia, come sul clan Bellocco. A rivelarlo non sono state solo attività tecniche e intercettazioni, ma anche due fondamentali pentiti, primo fra tutti l’avvocato Pisani, che ha spiegato ai magistrati come, in che modo e soprattutto perché Cetta sia stata costretta a ritrattare. Dichiarazioni corroborate dalle parole di un altro pentito, Marcello Fondacaro, che ha messo a verbale di aver saputo da altro collaboratore, Marcello Fondacaro, che la cosca aveva incaricato l’avvocato Cacciola di estorcere una ritrattazione a Maria Concetta.
Si tratta di tasselli fondamentali per ricostruire gli ultimi mesi di vita della giovane donna, ufficialmente suicidatasi nell’agosto del 2010 a Rosarno, dove aveva fatto ritorno dopo aver interrotto il programma di collaborazione. Un suicidio che non ha mai convinto né pm, né giudici se è vero che in passato lo stesso Tribunale di Palmi, nel condannare i familiari di Cetta per maltrattamenti, ha ordinato la riapertura delle indagini riguardo la morte della donna.

Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it

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