CATANZARO Sulla morte di Santo Gigliotti, 57 anni, avvenuta intorno alle 7 di lunedì mattina, indaga la Direzione distrettuale antimafia. Gigliotti era un nome noto agli inquirenti della Dda, e non solo perché nel 2006 fu arrestato per favoreggiamento, per avere aiutato la latitanza di Giuseppe Arena, ritenuto il capo dell’omonima cosca di Isola Capo Rizzuto, nel Crotonese, e del suo luogotenente, Francesco Gentile. Il nome di Gigliotti, imprenditore nel campo degli inerti, spunta anche nelle carte di Kiterion, il procedimento messo in campo dalla Dda contro la cosca di Cutro che fa capo a Nicolino Grande Aracri. A tirare in mezzo Gigliotti è Giuseppe Lobello, imprenditore nello stesso ramo, che il 14 aprile 2012 si reca a Cutro per incontrare Salvatore Scarpino che lo mette in contatto con Nicolino Grande Aracri. I Lobello avevano da poco subìto un attentato, l’incendio di una betoniera della ditta che si trova a Simeri Crichi, nello stesso territorio in cui si trova la ditta Gigliotti. Dopo il danneggiamento, Giuseppe Lobello si rivolge a Salvatore Scarpino, detto “Turuzzu”, considerato dagli inquirenti «persona di fiducia del boss». I Lobello sospettano che con il loro attentato c’entri proprio Santo Gigliotti ed è di questo che vogliono parlare con Nicolino Grande Aracri.
L’incontro lo descriverà, qualche giorno dopo, Giuseppe Lobello a suo fratello Daniele.
«Siete voi quello della betoniera bruciata? – avrebbe chiesto il boss a Lobello – eh quello che sospettate adesso è andato via».
«E che va cercando?», chiede Lobello.
«No, viene perché ha paura qua la… – risponde Grande Aracri – io gli ho detto bello chiaro Gigliò se c’entri tu è meglio che me lo dici». Ma Santo Gigliotti, al cospetto del boss, avrebbe assicurato che non c’entrava niente.
Un episodio, questo, che mostra come Nicolino Grande Aracri «si stava interessando alla vicenda cercando a suo modo di risolverla, ed appare evidente che, poiché la famiglia Lobello nutriva sospetti nei confronti della rivale società di calcestruzzi amministrata dalla famiglia Gigliotti, gli stessi Lobello, avevano interessato gli esponenti della criminalità organizzata cutrese al fine di accertare la fondatezza del sospetto nutrito nei confronti della società concorrente o verificare se vi fosse una diversa causale». «Emergeva, dunque – secondo gli investigatori – la circostanza che la vittima per ricercare le risposte alle predette domande si recasse presso il leader mafioso di zona che verosimilmente avrebbe dovuto fare “chiarezza” sulla vicenda e successivamente garantire la futura “protezione”».
Questo mette in risalto la forte influenza dei clan crotonesi sul territorio catanzarese. Tanto che alla fine dell’incontro il boss avrebbe mostrato a Lobello «una lista in cui erano elencati i nomi di alcuni soggetti evidentemente sospettati, alcuni di loro riconoscibili nei titolari di ditte concorrenti della zona».
Il clan controlla il territorio e riceve i suoi imprenditori. Gigliotti, arrestato per avere favorito la latitanza di Giuseppe Arena, pare si fosse avvicinato alla cosca di Cutro. Ancora sono ignote le ragioni di queste scelte di campo. Restano impresse le parole che Grande Aracri riferisce a Lobello: «No, viene perché ha paura qua la…».
Alessia Truzzolillo
a.truzzolillo@corrierecal.it
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