Il commissario Scura torna sul luogo del delitto. Lo fa con il Dca 64/2016, che riscrive l’omologo provvedimento 30/2016. Un atto di «buona volontà» ma uscito male con il quale concretizza l’ulteriore maldestro tentativo di riordinare il sistema ospedaliero calabrese. Fa di peggio con il Dca 63/2016 attraverso il quale ipoteca, male e per un triennio, la sanità calabrese. In buona sostanza, il commissario ad acta con il novellato suo provvedimento (n. 64) – da una parte – rimedia solo «esteticamente» alle osservazioni prodotte dal Tavolo Adduce e – dall’altra – moltiplica le contraddizioni, rispetto a quelle già presenti nel suo precedente decreto 30/2016, tra ciò che sogna per la Calabria, ciò che propone nella parte descrittiva e quanto, di contro, scandisce nelle tabelle relative. In mezzo a tutto questo, introduce il gioco macabro di rompere anche quel po’ di filiera assistenziale ospedaliera che c’era, attraverso un atto punitivo e destabilizzante. Un fatto di una gravità assoluta, attesa altresì l’assenza totale della rete di assistenza territoriale, non presa dal commissario ad acta neppure in considerazione.
Il suo lavoro si estrinseca, tra l’altro, con provvedimenti assunti in una perenne conflittualità con il Presidente della Regione e senza tenere nel debito conto il contributo propositivo dei sindaci (addirittura inascoltati!) e degli operatori interessati, autentici interpreti del bisogno di salute espresso da quel territorio sofferente a causa del sistematico abbandono.
Così facendo non perde l’occasione di mettere nei guai la Calabria, i calabresi e quei pochi turisti che hanno ancora il coraggio di frequentare la nostra regione, intimoriti più che mai dalla programmata caduta dell’offerta dell’emergenza, che rintraccia il peggio nell’Alto Tirreno cosentino, cui i provvedimenti ne sconquassano l’organizzazione appena vitale. Rompe il sistema anche altrove, lasciando le località montane (San Giovanni in Fiore, Acri, Soveria M., Mormanno e Serra S. Bruno) abbandonate a se stesse, mettendo così a rischio la vita dei cittadini residenti. Sacrifica le affollate popolazioni dello Jonio (con in testa Corigliano e Rossano) e dei paesi montani che vi fanno riferimento che, per tutelare la loro salute, devono rivolgersi ai Santi locali piuttosto che al SSR, anche per tutelarsi dalle stragi che registra tutto l’anno la SS 106, la c.d. strada della morte.
Per fare tutto questo usa tutti gli strumenti a sua disposizione sino ad arrivare ad espropriare, in spregio alla Costituzione, quelli di competenza altrui, specie nel determinare cambiamenti radicali alla programmazione. Con il combinato disposto di cui ai Dca 63 (Approvazione del Programma Operativo 2016-208) e 64/2016, Scura si rende protagonista di un gioco segnatamente cinico, ove nella Calabria della salute si demolisce il minimo per non realizzare nulla, quasi a volere, intenzionalmente, annientare i diritti della collettività più periferica e disagiata. Vediamo di schematizzare alcuni dei «vizi» del commissario ad acta, distintosi per una serie infinita di contraddizioni e per superficialità:
Insano esercizio dei poteri
Suppone di possedere la facultas di cambiare la configurazione dei presidi che fanno la cifra dell’assistenza ospedaliera in Calabria, stabilita con legge dal Consiglio regionale nel lontano 2004. Un sistema, il nostro, che può essere riorganizzato solo per il tramite di un analogo provvedimento di rango legislativo, in quanto tale interdetto al commissario di Governo, abilitato ad emettere atti amministrativi e tutt’al più regolamentari. Un tentativo maldestro perché, peraltro, assunto nella consapevolezza che la gran parte delle strutture operanti nella spedalità sono sprovviste, non solo dei requisiti dettati dal DM 70/2015 (che fa tremare i polsi a tutti i sistemi regionali), ma addirittura di quelli ritenuti obbligatori per il rilascio dell’accreditamento istituzionale, del quale la quasi totalità dei presidi pubblici calabresi sono privi. Il suo primario compito sarebbe, per l’appunto, quello di rendere la filiera dei presidi pubblici muniti dei requisiti minimi e ulteriori richiesti, rispettivamente, per l’autorizzazione all’esercizio e l’accreditamento, pena la loro immediata chiusura. Non farlo, significa tollerare colpevolmente (è gravissimo!) una sanità che eroga prestazioni in una sorta di «abusivismo» strutturale.
Contraddizioni evidenti
Litiga con se stesso contraddicendosi apertamente. Invero, da una parte, usurpa i poteri del consiglio regionale di riorganizzare il sistema ospedaliero pubblico e, dall’altro, nega esplicitamente la sua competenza legislativa nel neodisciplinare il c.d. percorso delle «3 A» (autorizzazione, accreditamento e accordi contrattuali), anch’esso funzionale a ottimizzare il sistema della salute calabrese. Questa è la prova che il Nostro esercita il suo ruolo sostitutivo in modo chiaramente dissociato. Per un verso, infatti, approva ex se i più importanti atti di organizzazione della salute in Calabria (programma operativo triennale e riordino ospedaliero), senza peraltro stimolare ogni utile confronto partecipativo, supponendo di potersi sostituire per l’occasione al Consiglio regionale. Per un altro, predispone un Ddl (Dca 83/2015), per l’appunto, sulla disciplina dell’autorizzazione, dell’accreditamento e degli accordi contrattuali e lo sottopone – così come vuole la vigente regolazione – all’esame del Consiglio regionale perché lo stesso lo valuti, lo emendi, se del caso (certamente in relazione alle gravi incertezze civilistiche che il testo presenta), e lo approvi. Il tutto sotto la «minaccia», di informare il Governo che lo sovraintende in caso di inerzia legislativa.
Delle due, una!
Incomprensibili astensioni contrapposte ad una illegittima espropriazione dei ruoli
Non rivendica e presta, stranamente, quiescenza alle nomine dei direttori generali e dei commissari preposti alla gestione delle Asl e Ao, effettuate (debitamente?) dalla Giunta regionale e formalizzate con decreti del suo Presidente. Una stranezza che appare più palese se messa in relazione alle inconcepibili trattative svolte dal Nostro sul tema dell’aggregazione della AO di Catanzaro e la AOU Mater Domini. Un percorso che deve rintracciare nella politica la condivisione da sintetizzare in un apposito provvedimento legislativo. Un assunto, quest’ultimo, condiviso solo in extremis dal commissario ad acta dopo avere, per tanto tempo, sostenuto che l’auspicata integrazione poteva perfezionarsi semplicemente con un suo super decreto. Un brusco cambio di «marcia» (anche del Tavolo Adduce) registrato a seguito delle osservazioni critiche pubblicate sull’argomento su IlSole24Ore-Sanità e su questa rivista.
Incongruenze specifiche
Coltiva, da un lato, la «presunzione» di legiferare la riorganizzazione ospedaliera e, dall’altro, omette di produrre in proposito l’unica cosa che è ad essa propedeutica, peraltro di sua stretta competenza. Non assiste, difatti, il suo progetto con la necessaria programmazione economica, dimostrativa dei costi relativi, della convenienza e della stretta funzionalità della stessa al perseguimento degli obiettivi fissati ex lege nel piano di rientro, meglio del progetto di riorganizzazione, riqualificazione e potenziamento del Sistema sanitario nazionale.
Non è infatti dichiarato quanto costa, a fronte di quale utilità, e quanto sia utile economicamente al risanamento e alla erogazione più appropriata del relativo livello di assistenza ospedaliera.
Difetto assoluto dei naturali presupposti tecnici
Dispone la riprogrammazione triennale e il riordino ospedaliero senza che gli stessi siano suffragati dal rilevamento del fabbisogno epidemiologico messo in stretta relazione con la geo-morfologia del territorio calabrese e i con flussi turistici, dei quali non v’è traccia alcuna. Un deficit grave, reso gravissimo dall’uso indiscrim
inato che si fa dei parametri nazionali senza adattare la offerta assistenziale ove occorra per la cronica presenza di tanti anziani resi prigionieri da una rete stradale fatiscente. Un criterio ragionieristico che mette in pericolo la salute pubblica e che, in presenza di eventuali tragici eventi, non nuovi per la Calabria offesa da diverse morti colpevoli, arriverebbe a fare risalire all’attore monocratico di oggi anche le relative responsabilità penali.
A ben vedere, è dato rilevare un riassunto di comportamenti commissariali non propriamente responsabili, che mettono in forse, più di quanto lo sia già, il diritto alla salute della collettività regionale e non solo.
* docente Unical
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