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ALCHEMIA | «Sono Caridi, ai vostri ordini»

REGGIO CALABRIA «Il senatore Stefano Caridi si dimostra riferimento funzionale della ‘ndrangheta anche in questa inchiesta». È il commento all’unisono del Capo della Procura distrettuale di Reggio …

Pubblicato il: 19/07/2016 – 19:19
ALCHEMIA | «Sono Caridi, ai vostri ordini»

REGGIO CALABRIA «Il senatore Stefano Caridi si dimostra riferimento funzionale della ‘ndrangheta anche in questa inchiesta». È il commento all’unisono del Capo della Procura distrettuale di Reggio Calabria Federico Cafiero de Raho e dell’aggiunto Gaetano Paci. I magistrati tornano per la seconda volta in due giorni sulla posizione del politico. Dalle carte di “Mammasantissima”, l’inchiesta che ha svelato l’intreccio tra massoneria, clan e politica a Reggio, a quelle di “Alchemia”, i rapporti spericolati del parlamentare con i clan sono una costante. E un pensiero per lo stesso parlamentare. Che, già nel 2011, temeva l’esistenza di indagini a suo carico, tanto che bonificò più volte la propria autovettura temendo la presenza di cimici installate dalle forze dell’ordine. È un’altra prova che pare confermare ciò che dice Paci: «Il senatore Caridi era consapevole e complice del gruppo criminale e si è adoperato in più occasioni per aggiustare e risolvere problemi ai Gullace-Raso». Non c’è soltanto il caso che ha inguaiato il deputato Giuseppe Galati (leggi qui), c’è di più e di peggio: «Con le sue amicizie, Caridi aveva interessato impiegati e funzionari dell’Agenzia delle entrate e della Commissione tributaria di Reggio Calabria per salvaguardare gli interessi di Carmelo Gullace, il quale, nel corso della campagna elettorale del 2010 per il rinnovo del Consiglio regionale della Calabria, aveva radunato tutti i dipendenti della sua azienda a Cittanova minacciandoli, in presenza di Caridi, di licenziarli tutti se non avessero dato il loro voto, e quello dei loro famigliari allo stesso Caridi».
È un episodio che assume un certo rilievo nell’ordinanza di custodia cautelare che ha portato in carcere 58 persone: «L’attività tecnica – scrive il giudice per le indagini preliminari – ha consentito di accertare che, in occasione della competizione elettorale per il rinnovo del Consiglio regionale del 28-29 marzo 2010, la cosca Raso-Gullace-albanese ha svolto attività di propaganda elettorale a sostegno di Caridi Antonio Stefano, candidato del Pdl». È quello uno dei punti di svolta nella carriera politica del futuro senatore. A Caridi la scalata riesce (assieme a quella del centrodestra, che governerà con Giuseppe Scopelliti): fa suo uno scranno del consiglio regionale (è il recordman di preferenze nel Reggino con 11.500 voti) e punta alla poltrona di assessore. Arriva pure quella, con la delega alle Attività produttive, postazione di assoluto rispetto. Ma parte di quel successo è dovuto a quell’incontro nell’albergo di Gullace. Le minacce di licenziamento evidentemente funzionano.
Il sostegno al candidato passa, prosegue il gip «attraverso l’organizzazione, curata da Girolamo Giovinazzo detto Jimmy (ritenuto dagli inquirenti il “volto pulito della cosca” e braccio destro del boss Girolamo Raso, ndr) di riunioni e cene con selezionati e potenziali elettori a Cittanova. Il 4 marzo 2010, Jimmy Giovinazzo si era fatto anche promotore di una riunione di ‘ndrangheta con il politico Caridi, tenutasi nella Masseria dei fratelli Rosario e Carmelo Costa a Melicucco, cui aveva preso parte anche Francesco “Ciccio” Gullace. I fratelli Costa – evidenzia il gip – appartenenti alla “Società di Rosarno”, erano forti alleati della cosca Raso-Gullace-Albanese, come dimostrato dalla circostanza che, durante la trasferta del 6 marzo 2010 di Girolamo Raso a Cittanova, costui li aveva incontrati proprio alla masseria». 
Il procacciamento di voti da parte del sodalizio di Cittanova, sottolinea il gip, «si era realizzato attraverso metodologie mafiose, dal momento che, come emerso, sia Girolamo Raso che Jimmy Giovinazzo avevano di fatto impedito alla collettività, capillarmente monitorata, qualsivoglia libera espressione del diritto di voto, finanche giungendo a minacciare, qualora avessero orientato le proprie preferenze su candidati diversi da Antonio Caridi, il licenziamento dei lavoratori dipendenti nella struttura alberghiera Uliveto Principessa Park Hotel». 
E riuscirà perfettamente, tant’è che «autorevoli ‘ndranghetisti, a fronte del successo elettorale raccolto da Caridi nelle consultazioni del marzo 2010, non avevano esitato a gioire, nella certezza di avere “piazzato” all’interno delle istituzioni un “loro” referente, disponibile a favorirli e assecondarli nelle richieste di volta in volta avanzate». 
Per i magistrati della Dda di Reggio Calabria, «in presenza di interessi economici rilevanti o anche solo per consentire ai mafiosi di fare favori a terzi o per questioni meramente personali, il telefono dell'”amico Caridi” squillava e la risposta era “sono ai vostri ordini”». Gli uomini della cosca lo sanno. E per questo organizzano meeting elettorali: programmano e realizzano «veri e propri incontri di ‘ndrangheta conducendo il candidato in casa dei mafiosi». Accade, per i pm, almeno due volte: la prima a Limbadi, la seconda a Melicucco, in una masseria. Un summit di mafia con un potenziale assessore regionale. Il pranzo è servito.

p. p. p.

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