Se non è proprio quella decisiva, la battaglia in corso è importantissima ai fini di valutare realmente la volontà della politica di tagliare ogni cordone ombelicale tra massoneria deviata, ‘ndrangheta e istituzioni colluse. Le procure distrettuali di Catanzaro e di Reggio Calabria spingono sull’acceleratore.
I proclami; i complimenti, più o meno sinceri, a Gratteri e a De Raho; i comunicati stampa seriali che seguono gli arresti delle operazioni “Reghion”, “Mammasantissima”, “Alchimia”, “Frontiera”, giusto per citare quelle messe a segno nell’ultima settimana, non bastano a dare credibilità ad una classe politica che, direttamente o indirettamente, viene sempre colta con le mani nel sacco.
Ora e subito, i parlamentari e i consiglieri regionali calabresi, soprattutto quelli che stanno in maggioranza sia alla Regione che in Parlamento, debbono assumere una posizione chiara, netta e credibile.
In due modi: cominciando ad emarginare le tante, troppe mele marce che hanno nel paniere e mettendo a disposizione della magistratura non solo la loro diretta collaborazione ma anche, e soprattutto, i mezzi necessari per portare fino in fondo la battaglia iniziata.
Il 28 luglio prossimo scenderà a Catanzaro il ministro dell’Interno, Angelino Alfano. Non sarà una passerella ma una riunione operativa per la quale sono stati convocati tutti i prefetti che operano in Calabria e con loro i vertici regionali e provinciali di Carabinieri, Polizia, Guardia di finanza. In questi giorni, senza clamori, c’è stato un vorticoso avvicendamento nella direzione dei reparti investigativi di tutte le forze dell’ordine operanti in Catanzaro. Anche questo è un segnale. Ora servono strumenti, tecnologie, rinforzi. Di questo discuteranno il ministro Alfano e i procuratori distrettuali di Reggio Calabria e di Catanzaro.
Nella stessa data, il 28 di luglio, dovrebbe (il condizionale è d’obbligo) riunirsi anche l’Assemblea regionale del Pd, vale a dire del partito che governa la Regione con una sorta di monocolore. È anche il partito che in queste ore sta sentendo sul collo il fiato delle ultime inchieste giudiziarie. Se qualcuno pensava di avere archiviato tutto con l’arresto di Sandro Principe, si legga le carte di “Reghion”, “Mammasantissima”, “Frontiera” e “Alchimia”: scoprirà che così non è. È di cattivo gusto citarsi, ma Il Corriere della Calabria lanciò l’allarme esattamente un anno fa, gli è valso lo stesso isolamento che in passato aveva conosciuto durante la gestione Scopelliti.
Oggi, però, tutti sono costretti a prendere atto che “il modello Reggio”, inteso per come lo intendono i magistrati della Dda e per come lo descrive magistralmente il gip Domenico Santoro, continua ad essere applicato, continua ad avere gli stessi sponsor “invisibili”, continua a coccolare e mantenere quella interfaccia burocratica che è la vera garanzia del patto scellerato tra politica, massoneria e ‘ndrangheta.
Ci sarà tutto questo all’ordine del giorno dei lavori dell’Assemblea regionale del Pd?
Francamente a questo punto ha poca importanza.
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