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FRONTIERA | Tutti gli affari del "re del pesce"

COSENZA Ci sono anche nche il boss Franco Muto e i figli Luigi e Mary (detta Mara) tra le persone arrestate nel corso dell’operazione “Frontiera”, che ha colpito, stamattina, la cosca&nbs…

Pubblicato il: 19/07/2016 – 6:14
FRONTIERA | Tutti gli affari del "re del pesce"

COSENZA Ci sono anche nche il boss Franco Muto e i figli Luigi e Mary (detta Mara) tra le persone arrestate nel corso dell’operazione “Frontiera”, che ha colpito, stamattina, la cosca Muto della ‘ndrangheta, operante soprattutto sul tirreno cosentino, con base operativa a Cetraro. Alcune ordinanze sono state notificate in carcere a diversi pregiudicati, ritenuti intranei o vicini alla cosca. Coinvolto anche Maurizio Rango, già detenuto, esponente di spicco delle cosche operanti a Cosenza. I carabinieri stanno effettuando, ancora adesso, diverse perquisizioni in vari luoghi del cosentino. 

COCA SULLA MOVIDA TIRRENICA I provvedimenti scaturiscono da un’indagine avviata dal Raggruppamento nel settembre 2014 successivamente all’omicidio del sindaco di Pollica (in provincia di Salerno), Angelo Vassallo, ucciso in un agguato ad opera di ignoti il 5 settembre 2010, nella frazione di Acciaroli. In quella fase, gli inquirenti hanno avviato indagini finalizzate ad accertare l’operatività nel Cilento e nel Vallo di Diano di articolazioni della cosca Muto di Cetraro attive nel settore del narcotraffico. Gli obiettivi vengono puntati subito su Vito Gallo di Sala Consilina, in storici rapporti criminali con Francesco e Luigi Muto da Cetraro, nonché con Pietro Valente, rappresentante della ‘ndrina di Scalea (CS), federata agli stessi Muto. C’è, però, anche un’altra attività d’indagine, che riguarda proprio i traffici illeciti di cocaina, hashish e marijuana che il clan gestiva sull’intera costa dell’alto Tirreno cosentino, dove poteva contare su un fiorente mercato legato alla presenza di migliaia di turisti nelle note località estive di villeggiatura, Scalea, Diamante e Praia a Mare. Durante l’inverno il mercato della droga rimaneva comunque attivo poiché i clienti arrivavano anche dalla vicina Basilicata e le dismesse abitazioni estive venivano usate come depositi di stupefacente.

I PADRONI DEL PESCE Ma il clan si muoveva come una holding. È questo uno dei risultati emersi dall’inchiesta della Dda di Catanzaro. Attraverso una serie di prestanome, i Muto controllavano il mercato ittico, ambito nel quale il boss viene considerato “re del pesce”, essendo stato indagato e più volte condannato, fin dalla fine degli anni 70, per aver avviato un vero e proprio controllo monopolistico dell’offerta e della domanda di pescato nell’alto tirrenico cosentino, tramite l’impresa individuale Eurofish di Andrea Orsino, classe 1970, (suo genero), già sottoposta a confisca nel 2006 ma ancora nella disponibilità dei Muto per la documentata connivenza degli amministratori giudiziari, attraverso la quale l’organizzazione si garantisce il monopolio dell’offerta di pescato, imponendo modalità, tempi e tipologia di prodotti ittici da immettere sul mercato, garantendosene l’esclusivo conferimento da parte delle flottiglie locali di pescatori. Sono inoltre emersi i rapporti con la grande e media distribuzione, nonché con i ristoratori ed albergatori della riviera settentrionale cosentina, ai quali i prodotti ittici venivano distribuiti e commercializzati in assenza di concorrenza. Il controllo ‘ndranghetistico nel settore viene ulteriormente assicurato dalla diretta gestione dei punti vendita al dettaglio, nonché dalle imposizioni estorsive agli imprenditori più “resistenti”. 

ESTORSIONI In questo senso, per gli inquirenti sono significative alcune estorsioni. Quella perpetrata da Vito Gallo e Pietro Valente, tra il 2013 ed il 2014, ai danni di un imprenditore salernitano, titolare di più supermercati del marchio Conad nel comprensorio di sala Consilina, per assicurare ai Muto la gestione della pescheria interna al Centro Commerciale di Sant’Arsenio (SA), oggetto anche di un attentato dinamitardo lo stesso giorno della sua inaugurazione; quella messa in atto nel 2015 da Vito Gallo e Luigi Sarmiento, ai danni del titolare di un supermercato Conad di nuova apertura a Scalea, per acquisire la gestione della pescheria interna.

PRESTANOME E poi va sottolineata, secondo gli inquirenti, l’apertura di varie rivendite di pesce da parte degli indagati i quali, intestando le stesse a congiunti e prestanome, si assicuravano una significativa fetta dell’offerta al dettaglio di prodotti ittici, eludendo le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione ed agevolando la consorteria di ‘ndrangheta di appartenenza. Ci sono anche i servizi di lavanderia industriale, gestiti dall’indagato Antonio Mandaliti, cl.1957, elemento di vertice della cosca, attraverso l’impresa individuale fittiziamente intestata alla moglie Maria Iacovo, che fornisce le proprie prestazioni ai numerosissimi alberghi, ristoranti, resorts e villaggi turistici nel territorio criminalmente controllato dal sodalizio, «imponendo contestualmente l’approvvigionamento di prodotti ittici presso l’impresa dei Muto» e i servizi di vigilanza e sicurezza dei locali di intrattenimento sulla riviera settentrionale tirrenica, «attraverso una serie di fidati imprenditori di settore che hanno assicurato al sodalizio cosiddetto “degli zingari” di Cosenza e agli stessi Muto la ripartizione di tali attività, imponendo ai titolari di locali e discoteche il numero di buttafuori e addetti, nonché il costo delle prestazioni di ciascuno di essi».

LE PIAZZE DI SPACCIO L’indagine ha inoltre documentato un’intensa attività di narcotraffico realizzata dagli appartenenti alla cosca principalmente su due piazze di spaccio nei centri di Sala Consilina e Praia a Mare, sfruttando diversificati canali di approvvigionamento, utilizzati in base al tipo di sostanza commercializzata, tra i quali si segnalano quelli con il clan camorristico dei Nuvoletta di Marano di Napoli e con altri sodalizi del comprensorio vesuviano. La cocaina una volta approvvigionata, veniva custodita a Cetraro e poi ceduta, in quantitativi variabili, ai vari rappresentanti di zona, operativi nella gestione di singole piazze di spaccio. Sono stati inoltre accertati, soprattutto nella stagione estiva, gli interessi della cosca Muto anche per la coltivazione di canapa indiana sugli estesi contrafforti appenninici dei comuni interni della Provincia settentrionale tirrenica cosentina. Nel corso delle indagini tecniche-intercettive svolte nell’estate del 2015 veniva infatti localizzato un significativo appezzamento di terreno coltivato con canapa indiana, nel comprensorio del Comune di Buonvicino e nella mattinata del 29 settembre 2015 venivano tratte in arresto 3 persone che si erano recati a mietere il raccolto, successivamente quantificato in complessive 336 piante con la massima percentuale di principio attivo. Nel corso della perquisizione, all’interno di un manufatto, venivano rinvenute e sequestrate numerose armi e munizioni, tra le quali un fucile a canne mozze, cinque pistole (tutte armi con matricola abrasa), un pugnale da caccia, 4 ordigni artigianali, esplosivo da cava e miccia detonante.
 
LE RAPINE Le attività investigative avrebbero infine consentito di individuare anche un gruppo di fuoco dedito alle rapine presso uffici postali ed istituti di credito del territorio controllato dalla cosca, documentando finanche le fasi prodromiche a uno di questi assalti, programmato presso l’Ufficio Postale di Sangineto dove, il 4 giugno 2015. Grazie all’intervento delle forze dell’ordine, quella rapina è stata sventata, con l’arresto in flagranza di 7 rapinatori e il sequestro di armi con matricola abrasa complete di munizionamento, giubbetti antiproiettile, indumenti per il travisamento, materiali da sfondamento e 2 autovetture rubate.

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