COSENZA Era l’Eurofish la centrale del pescato del clan Muto. Affari e movimenti che vengono attenzionati dagli inquirenti per corroborare l’inchiesta “Frontiera” con la quale la Dda di Catanzaro ha inferto un duro colpo alla cosca di Cetraro. «L’Eurofish – scrivono i magistrati nella richiesta di misura cautelare – ancora oggi è gestita da Franco Muto, che si avvale della sua carica di intimidazione per conservare la posizione monopolistica dell’azienda che introita tutto il pescato e satura completamente l’offerta. Fino al 12 giugno del 2015, Franco Muto era detenuto nella casa circondariale di Terni, per scontare una pena residua. Teneva i contatti con l’esterno tramite, tra l’altro, Maria Teresa Sorbo (con la quale intratteneva una relazione), la quale gli scriveva missive indirizzate a Roberto Cesareo, detenuto nel carcere che, a sua volta, provvedeva a passargliele. In questo modo Franco Muto, pur non intrattenendo colloqui con i propri familiari, veniva, costantemente, informato di quanto accadeva a Cetraro». Gli inquirenti hanno ascoltato le conversazioni intercettando le telefonate anche della moglie di Cesareo.
All’inizio dell’estate del 2015, ascoltando le loro chiacchierate emerge che hanno contezza che la scarcerazione dell’anziano capo cosca era imminente. Il 12 giugno del 2015, appena uscito dal carcere di Terni, il “re del pesce” informava la compagna che era in viaggio verso Cetraro.
LA CENTRALE OPERATIVA DI MUTO Dalla mole di conversazioni captate emergeva con evidenza come Franco Muto, appena uscito dal carcere riprendeva la gestione dell’Eurofish. Le intercettazioni sono estremamente eloquenti: la compagna di Muto, sentendosi al telefono con un giovane, parlava del boss. È lei a riferire che “il re del pesce” non aveva nulla intestato e formalmente percepiva solo la pensione. Ma gli raccontava anche che era Franco Muto «a redarguire pesantemente i dipendenti della Eurofish».
In una telefonata la donna accennava al giovane che Franco Muto aveva inviato pescherecci a Scilla per la pesca del pesce spada. «La conversazione – ribadiscono gli inquirenti – è importante perché lascia intendere il controllo che Franco Muto esercita sulla flotta pescherecci cetrarese di cui dispone come se fosse propria». E riferiva anche i dettagli: i camion che trasportavano il pescato dell’Eurofish di Franco Muto erano riconoscibili perché avevano impressa l’effige di San Francesco. Emblematica una telefonata tra il “re del pesce” e la sua compagna del 7 luglio 2015: Franco Muto era ancora impegnato all’Eurofish dove attendeva, come al solito, il rientro dell’ultimo camion prima di tornare a casa per cui declinava l’invito della convivente di cenare fuori. Ecco cosa si dicono: «Come dici tu, o se no un po’ di riso, ma tanto i camion devono ancora arrivare, devono rientrare…».
I RIMPROVERI DI MUTO AI DIPENDENTI: SEMPRE CON IL CELLULARE IN MANO In una giornata di pieno agosto di un anno fa, Franco Muto discute con la compagna e “stigmatizzava – scrivono i magistrati – il contegno del titolare di una pescheria che non riusciva ad onorare i debiti per le forniture di pesce. Muto diceva che questa persona aveva il vizio del gioco e aveva osato rifiutare la sua proposta di costituire una società, evidentemente occulta, per la gestione della pescheria. La conversazione conferma il ruolo direttivo di Franco Muto nell’ambito dell’Eurofish e la sua politica di progressiva acquisizione dei punti vendita di pesce fresco”.
Il 25 settembre del 2015 Franco Muto parla con la compagna in una conversazione ritenuta «interessante» dagli inquirenti per «le pretese dispotiche dell’anziano capo cosca nei confronti dei dipendenti della Eurofish»: è lei a confrontare la gestione di Franco Muto con quella di Pier Matteo Forestiero quando il “re del pesce” era detenuto (Forestiero aveva concesso le ferie ai dipendenti. Franco Muto si lamentava del fatto che gli operai dell’Eurofish si distraevano sempre con i telefonini e non meritavano particolari attenzioni).
Una sera di metà settembre del 2015 Franco Muto e la compagna fanno un giro in auto per Cetraro e la loro conversazione si concentra su un ristoratore che parlava tedesco e che proponeva un menù turistico a venti euro. Muto si domandava da chi acquistava il pesce atteso che non era cliente della Eurofish («dove li prende i pesci, da noi non viene…»).
LA PESCA DELLE SPATOLE Il 26 settembre di un anno fa Franco Muto e la compagna raggiungevano il porto di Cetraro fermandosi nei pressi del molo di attracco dei pescherecci. Muto parlava con un pescatore che, da poco, aveva comprato una imbarcazione più grande: era dedito alla pesca delle spatole, un tipo di pesce considerato “povero”, anche conosciuto come “pesce sciabola”. Qualcuno degli addetti dell’Eurofish si era rifiutato di comprare le spatole, Franco Muto – raccontano gli inquirenti – si era molto risentito e intimava al pescatore di portare il pescato all’Eurofish anche la domenica («hai capito, dici, dici mi ha mandato Franco, tu vai là domani mattina me la sbrigo io che ci telefono… omississ…se non ci sta nessuno, prendi e li lasci dove sta il ghiaccio, lo sai dove sta il ghiaccio…omississ… e chiama Matteo e dici che te l’ho detto io, non ci dire niente però hai capito…»). Franco Muto affermava che le persone della Eurofish con le quali l’uomo aveva parlato erano «…dei compratori di quaquaraqua…», degli sfaticati («io ti sto spiegando, tu puoi andare l’uno, il sabato, la domenica, loro sono gente, hai capito?…che vogliono fare festa…»), a differenza dello stesso Muto il quale diceva: «E la festa io non la conosco, hai capito?…». L’anziano capo mafia domandava quindi all’interlocutore a chi stesse vendendo il suo pescato, congedatosi dal pescatore, Franco Muto esprimeva duri commenti nei confronti di Forestiero e Antonio Di Pietromica detto “Tonino”. Ecco perché – anche per la sua compagna – «la presenza di Franco Muto in azienda era indispensabile».
Mirella Molinaro
m.molinaro@corrierecal.it
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