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LA SANTA | Gli appetiti dei clan sulla giunta Scopelliti

LAMEZIA TERME Se non fosse per la tempistica, la metafora più appropriata sarebbe quella del calciomercato. Gli uomini in casa Pelle, però, non discutono di calciatori ma di politici. Assessori, pe…

Pubblicato il: 20/07/2016 – 14:13
LA SANTA | Gli appetiti dei clan sulla giunta Scopelliti

LAMEZIA TERME Se non fosse per la tempistica, la metafora più appropriata sarebbe quella del calciomercato. Gli uomini in casa Pelle, però, non discutono di calciatori ma di politici. Assessori, per l’esattezza. C’è tutto lo stato maggiore del centrodestra dell’era scopellitiana nelle intercettazioni registrate nell’abitazione del boss. Membri della giunta e maggiorenti, tutti nominati con annesse le mire che il clan e i suoi amici avevano sul loro conto. Nei colloqui c’è una data spartiacque: il 17 aprile 2010. Non è un giorno a caso, perché 24 ore prima, a Catanzaro, Giuseppe Scopelliti ha ufficializzato la composizione della sua giunta regionale. In casa Gambazza si commentano le nomine e si prospettano “alleanze”. Potrebbero essere soltanto millanterie, naturalmente (e c’è da augurarsi che lo siano). Gli ospiti del boss, in ogni caso, paiono molto informati (e interessati) sui nuovi equilibri politici. La loro non è una semplice analisi da bar. Per gli inquirenti reggini «i soggetti presenti avevano orientato il loro interesse verso i candidati neoeletti con riguardo proprio a coloro cui erano stati assegnati gli incarichi più rilevanti del panorama politico regionale». Uno di essi era proprio Antonio Stefano Caridi, ritenuto il «candidato di riferimento del clan». Quello dell’allora assessore alle Attività produttive (e futuro senatore) non è tuttavia l’unico nome che spunta nelle conversazioni captate dalle cimici. Gli “analisi politici” arrivano a piedi nella residenza del boss. Si tratta di due imprenditori del Catanzarese: Antonio Talarico, 44 anni, e Leonardo Citraro, 72 anni. Cosa ci facciano a casa di Gambazza non è dato sapere. Di sicuro, per gli investigatori, «stavano pianificando le modalità di avvicinamento dei politici di loro riferimento e stavano individuando i soggetti, anche giuridici, che avrebbero dovuto mediare i contatti: specificavano infatti che non necessariamente sarebbero dovuti intervenire loro direttamente ma avrebbero potuto utilizzare degli intermediari».
Il modus operandi si traduce in una frase, un piccolo compendio di come le cosche provino a farsi largo nelle maglie dell’amministrazione regionale: «Si deve avvicinare con un imprenditore. Non con forza», dicono. Li raggiungono altre due persone: Giorgio Gigantino, di Curinga, e Antonio Puccio, di Marcellinara. A questo punto gli uomini cominciano, a modo loro, a ragionare di politica. Talarico, questa è l’interpretazione degli inquirenti, dà a intendere a Pelle di poter arrivare all’assessore alla Forestazione Trematerra «per chiedergli qualsivoglia agevolazione a loro favore». Successivamente, cita l’assessore al Personale della Regione Calabria «indicandolo come il personaggio politico di riferimento a cui, egli e le persone a lui vicine, avevano fornito un sostanziale appoggio elettorale: “Ah no – dice –, questo gli hanno dato … questo è quello che abbiamo portato noi… e gli hanno dato il coso… gli hanno dato… a… omissis… il personale. A lui gli hanno dato il welfare (si riferiscono a un altro assessore, ndr), che è pure personale però con… con delega per parlare con il governo, con il welfare. Questo qua… il più potente di tutti è questo”». Non è difficile, per i magistrati, capire che si tratta di Domenico Tallini, assessore regionale nella giunta Scopelliti.
C’è giusto il tempo di segnalare (o millantare) un «accordo elettorale» con l’ex assessore al Turismo, Francescantonio Stillitani e di riservare una critica a Pietro Aiello, altro assessore della squadra di centrodestra («Tallini rispetterà quello che ci siamo detti e Aiello no!»). Stillitani, per Talarico è un uomo vicino a Citraro: «È il vostro questo, lo avete votato voi». Ma è importante agganciare Trematerra, perché potrebbe tornare utile a Pelle. Citraro sa come fare. O, almeno, così dice secondo gli investigatori che ascoltano: «Si offriva di entrare in contatto con il politico poiché aveva con il di lui padre un rapporto molto confidenziale instaurato fin dall’età adolescenziale: “Noi lo chiamiamo Gino perché io mi sono cresciuto … incompr. … vedi che io lo conosco molto bene. Lo chiamiamo Gino noi”, infatti Gino Trematerra e Leonardo Citraro sono rispettivamente classe 1940 e 1944».
L’imprenditore catanzarese non fa altro che parlare dei nuovi assessori. È il turno di Giuseppe Gentile, nominato da Scopelliti ai Lavori pubblici: «In tale frangente, indicava l’assessore come una persona che in passato lo aveva favorito, tramite una persona di sua conoscenza, per l’incasso di 100mila euro in assegni da scontare con denaro liquido durante la gestione della sua azienda, effettuato presso la filiale della Banca di Roma di Catanzaro». «Pino Gentile pure! – dice Talarico –. Non io direttamente, però a me quando avevo l’azienda mi ha scontato centomila euro di assegni, la mattina siamo andati al Banco di Roma a Catanzaro, alle otto e mezzo siamo entrati con lui. Alle … alle nove e mezzo avevo già i soldi liquidi nelle mani. Cioè mi hanno censito, mi hanno scontato i soldi e…». «La potenza è potenza, sentite», rimarca Giuseppe Pelle. E i suoi interlocutori gli fanno eco: «Ma questi i fratelli Gentile sono forti, a Cosenza comandano loro». Di certo c’è che tutti gli assessori nominati nell’aprile 2010 erano entrati nelle mire del braccio politico del clan Gambazza e dei suoi amici imprenditori. E per tutti si studiano dei piano di approccio. Stando alle parole registrate nella casa del boss, per alcuni sarebbe stato più facile che per altri. Ma su quelle frasi così trancianti si attendono riscontri.

Pablo Petrasso
p.petrasso@corrierecal.it

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