Il Porto di Gioia Tauro è forse il miglior esempio dell’incapacità calabrese di cogliere al volo e di valorizzare le poche opportunità che si presentano.
Guardando lo scenario del settore del trasporto containerizzato non possiamo non constatare che le probabilità che nel 2030 il porto Gioia Tauro sia ancora attiva sono ridotte al lumicino.
Sta infatti per cambiare nuovamente la geopolitica dei trasporti marittimi con l’allargamento del Canale di Panama, nel Mediterraneo i competitori si rafforzano e crescono, in Italia nasce un nuovo polo portuale in Liguria. Apm Terminals, società del Gruppo Maersk, sta terminando la costruzione del secondo terminal container di Tangeri in Tunisia. I due terminal movimenteranno a regime 5,4 milioni di Teus, diventando il primo polo container del Mediterraneo. Apm Terminals è anche il terminalista che gestirà il nuovo Terminal di Vado Ligure. I cinesi di Cosco hanno fatto del Pireo il loro Hub del Mediterraneo e in Egitto Port Said con gli investimenti che hanno consentito una operatività 24 ore su 24 e una capacità di 5,4 milioni di Teus è diventato un primario scalo del Mediterraneo. Quale spazio di mercato resterà a Gioia Tauro? Molto poco! Anche le strategie del gruppo Eurogate che controlla i porti tedeschi e, attraverso Contship, i porti del Mediterraneo sembrano aver messo in secondo piano Gioia Tauro. EuroGate ha visto diminuire del 2% i container movimentati complessivamente, ma, a fronte di ciò, ha aumentato il fatturato e gli utili. Mentre, poi, i porti tedeschi rimangono sostanzialmente stabili quanto a movimentazioni, nel Mediterraneo si registra una diminuzione di container movimentati del 6% che però corrisponde ad un -15% per Gioia Tauro e a un quasi +8% per La Spezia, segno che Gioia Tauro viene ormai considerato l’anello debole del Gruppo.
La lenta agonia di Gioia Tauro è dovuta all’incapacità dimostrata dalla classe politica che ha governato la Calabria negli ultimi 20 anni di valorizzare il Porto. Come abbiamo visto nel bacino del Mediterraneo tutti i porti e tutti i paesi hanno fatto ingenti investimenti. A Gioia Tauro invece non si è riusciti a valorizzare neanche ciò che esisteva. Si è parlato per tanto tempo di Zona Franca e, spero solo per ignoranza crassa, nessuno ha mai detto che la zona franca Gioia Taura già la possedeva. Era la “zona franca non interclusa” istituita nei primi anni del nuovo secolo, ma mai utilizzata fino alla sua cancellazione avvenuta con il nuovo codice doganale del 2016. Quando, poi, si è realizzato, e ci sono voluti anni, che la zona franca non si poteva istituire, si è tirato fuori dal cilindro la Zes.
La Zes avrebbe potuto essere uno strumento valido se solo si fosse tentato di realizzare un progetto intelligente.
Invece due leggi approvate dal consiglio regionale e una legge in discussione in parlamento hanno cristallizzato un progetto che può essere definito solo con in un modo: bufala colossale.
Perché, come è chiaro a chi ha un minimo di conoscenze sul funzionamento dell’UE, la Zes non può violare le norme europee sulla concorrenza e sugli aiuti di stato. Quindi la Zes non può riguardare gli investimenti di delle grandi imprese, non può prevedere vantaggi fiscali se non molto limitati, non può in sostanza derogare dalle regole del “de minimis”. Quello che la Zes non potrà mai avere, sono proprio i pilastri su cui è stato costruito e contrabbandato in questi anni il progetto.
Si chiederà qualcuno: ma queste cose non le conoscevano quando scrivevano i disegni di legge? Ai posteri l’ardua sentenza!
Per salvare il salvabile sulla Zes e su Gioia Tauro è necessaria una rapida inversione di rotta, con l’istituzione di una zona franca urbana e la progettazione di un grande polo tecnologico su cui investire una parte consistente delle risorse Por sulla Ricerca e l’Innovazione. Una Zes, quindi, che non cerchi vantaggi fiscali, ma che competa sugli investimenti di eccellenza.
Gioia Tauro è oggi come un cieco incosciente che ha imboccato una strada che porta ad un burrone e sulla quale prosegue giulivo. Se qualcuno non lo distoglierà, la sua fine sarà segnata. La politica calabrese oggi ha davanti due scelte: la prima è quella di diventare la guida di questo cieco e condurlo su una strada sicura, la seconda è quella di diventane il becchino e accompagnarlo al funerale.
*docente di Politica economica – Università “Mediterranea”
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