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Quegli scatti che ritraggono tradimenti e utopia di sviluppo

CATANZARO «Calabria sospesa tra utopia e tradimento». È l’espressione tratta dal progetto artistico “In quarta persona” realizzato da Martin Errichiello e Filippo Menichetti per raccontare la …

Pubblicato il: 24/07/2016 – 10:17
Quegli scatti che ritraggono tradimenti e utopia di sviluppo

CATANZARO «Calabria sospesa tra utopia e tradimento». È l’espressione tratta dal progetto artistico “In quarta persona” realizzato da Martin Errichiello e Filippo Menichetti per raccontare la nostra regione. Come la frase colta dal reportage della giornalista Adele Cambria apparso sull’Europeo che descrive la Calabria come «pietrificata in un principio di sviluppo economico, sociale e culturale che non si è mai avuto». Due voci che accompagnano alcune istantanee pubblicate sul settimanale Internazionale di alcuni angoli della Calabria. Immagini emblematiche degli interventi programmati fin dal 1961 con l’avvio sotto il governo Fanfani della Salerno-Reggio per proseguire con il cosiddetto “Pacchetto Colombo” finanziato nel 1971 fino ad arrivare agli annunci del governo Renzi.
Opere alcune delle quali sono rimaste eterne incompiute se non addirittura “ecomostri” da demolire e aree che hanno portato distruzione del paesaggio. Esempio plastico è la Liquichimica di Saline Joniche che dal piano dell’allora presidente del consiglio Emilio Colombo attinse i finanziamenti e che praticamente dopo pochi mesi dall’inaugurazione – nel 1973 – fu definita industria pericolosa e cessò di esistere generando un piccolo esercito di cassintegrati a vita (23 anni durò la loro mobilità) nonché una delle aree più devastate dalla furia dell’industrializzazione selvaggia senza alcun ritorno per il territorio.
E se la Liquichimica resta emblema di pura utopia, non è da meno l’altro intervento programmato proprio all’indomani dei moti di Reggio che sconvolsero non solo la città dello Stretto nel 1970: il quinto centro siderurgico. Altro capitolo dei «tradimenti» perpetrati dal governo alla Calabria. Per far posto a questa opera faraonica fu spazzata via un’intera cittadina, Eranova. Negli scatti ripresi dal settimanale diretto da Giovanni De Mauro ci sono i volti degli abitanti di quel borgo come anche gli angoli di un villaggio svanito nel sogno di un’industrializzazione di fatto mai partita. E di cui il porto di Gioia – unica infrastruttura realizzata e completata in quest’angolo della Calabria – resta forse come ultima chance ancora da cogliere per rilanciare l’economia dell’intero territorio.
Per il resto le altre immagini riportate da Internazionale parlano di spreco di soldi e disillusioni. Sentimenti restituiti ad esempio dalla diga sul Metramo, realizzata negli anni 70 per servire il mai nato centro siderurgico e costata 900 milioni. E ora nel lungo elenco delle incompiute calabresi. O il paradosso economico sempre nella Piana di Gioia Tauro divenuta da area ad altissima potenzialità a una delle zone a più alto sfruttamento di profughi d’Italia per soddisfare gli appetiti di piccoli e grandi titolari di agrumeti nella zona. Nuove prigionie e caporalato che si vivono quotidianamente nella tendopoli di San Ferdinando.
Eppure le potenzialità della Calabria restano intatte – oltre a quelle espresse dal porto di Gioia – ad iniziare dalla vocazione turistica legata a siti di interesse archeologico di primissimo piano. Come l’incisione del Bos Primigenius nella grotta del Romito – tra le testimonianze uniche del paleolitico italiano – che giustamente il settimanale richiama. Proprio nei giorni scorsi grazie a una campagna condotta da decenni qui si è potuto ricostruire per la prima volta al mondo la morfologia del cervello di un ragazzino di quell’era così lontana. Anche questa metafora della pietrificazione delle idee di sviluppo che pur sussistendo in Calabria, sono rimaste pura utopia.

Roberto De Santo
r.desanto@corrierecal.it

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