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Calanna, arrestati i protagonisti della faida – IL VIDEO

REGGIO CALABRIA Un capo che ha perso il suo trono e lo rivendica. Un successore che non ha intenzione alcuna di rinunciarci. Due fazioni armate e pericolose, due modi di intendere la ‘ndranghe…

Pubblicato il: 29/07/2016 – 5:45
Calanna, arrestati i protagonisti della faida – IL VIDEO

REGGIO CALABRIA Un capo che ha perso il suo trono e lo rivendica. Un successore che non ha intenzione alcuna di rinunciarci. Due fazioni armate e pericolose, due modi di intendere la ‘ndrangheta e il suo ruolo in città. C’è tutto questo dietro agguati e omicidi che nei mesi scorsi hanno insanguinato Calanna, storico locale cerniera fra il nord della città e la montagna, stritolato fra le pretese dell’ex pentito Peppe Greco, figlio dello storico doc Ciccio, e del cugino Antonio Princi.

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GLI ARRESTI Ambizioni che sono costate la vita a Domenico Polimeni, factotum di Greco ucciso in un agguato che aveva come obiettivo l’ex pentito, e il carcere all’ex collaboratore, al suo autista Domenico Provenzano (21 anni) e ai fratelli Antonio e Giuseppe Falcone (45 e 49 anni), sicari di Princi, da ieri notte latitante e attivamente ricercato. Sono loro i protagonisti di una contesa che ha rischiato di degenerare in guerra. «Abbiamo deciso di intervenire con un provvedimento di fermo perché c’erano tutti gli elementi per temere un rapido deterioramento della situazione e nuovi fatti di sangue», spiega il procuratore capo della Dda, Federico Cafiero de Raho. «Greco sapeva che Princi era l’unico ostacolo al riconoscimento delle proprie pretese e non ha esitato a tentare di eliminarlo». Personalmente.

GRECO GIUSEPPE FALCONE ANTONIO FALCONE GIUSEPPE PROVENZANO Domenico logo
(Giuseppe Greco, Antonio Falcone, Giuseppe Falcone e Domenico Provenzano)

RIVENDICAZIONI Saldamente in mano a Ciccio Greco prima e al figlio Peppe poi, il locale è stato decapitato dall’operazione Meta. Disfunzioni consuete nel mondo della ‘ndrangheta calabrese, cui i clan sanno in genere porre riparo. Per guidare il locale è stato scelto un nipote dello storico boss, Antonio Princi, che da reggente si è trasformato in capo, quando il cugino Peppe Greco, finito in carcere e condannato in Meta, ha deciso di pentirsi. Peccato che le intenzioni di Greco fossero tutto meno che serie e lineari. Dopo un percorso accidentato, costellato di ricoveri in centri di igiene mentale e disintossicazione, Greco ha fatto un passo indietro ed è tornato a Calanna, rivendicando il ruolo che era stato di suo padre. Peccato che, nel frattempo, il locale avesse scelto un nuovo re, determinato a mantenere il proprio ruolo.

MANIFESTI Ma a dividere i due cugini non c’era solo quel ruolo di boss, rivendicato da uno e preteso di diritto dall’altro. «L’eliminazione di Princi – scrivono i magistrati – nell’ottica che animava Greco, avrebbe riportato la cosca ai fasti di un tempo. Numerose sono le conversazioni ambientali captate, nelle quali il GRECO imputa al PRINCI “di non avere cervello”, di non avere rispetto per le vecchie regole associative, spiegando che “la ndrangheta non è più quella di una volta”». Per Princi invece, Greco non era altro che un «soggetto ambiguo, che aveva già mostrato in passato di voltare le spalle alla sua famiglia mafiosa di appartenza, mettendone a repentaglio la stabilità e le relazioni di reciproco sostegno e vicendevole riconoscimento con le altre cosche attive nei comuni limitrofi, di Sambatello, Catona, Gallico e Pettogallico».

BOTTA E RISPOSTA Due visioni inconciliabili, uno scontro frontale, tracimato nel sangue. Greco ha voluto personalmente tentare di uccidere il rivale. Dopo averne studiato le abitudini, insieme al fido Provenzano, lo ha aspettato di fronte all’impianto di Sambatello di cui Princi è dipendente. Quando è uscito, hanno crivellato la sua auto di colpi. Invano. Princi si è salvato e due mesi dopo è arrivata la sua vendetta. Ma i sicari che ha assoldato allo scopo – i fratelli Falcone – si sono dimostrati decisamente più efficaci. Sono stati loro ad uccidere il tuttofare di Greco, Domenico Polimeni, e a mandare il pentito all’ospedale. Nonostante le ferite, è sopravvissuto. E ha tentato di strumentalizzare le indagini per disfarsi di un pericoloso rivale. Agli uomini della Mobile ha raccontato di aver riconosciuto chi ha attentato alla sua vita, come il nome del mandante. Ha puntato il dito contro i Falcone e Princi. Ma investigatori ed inquirenti non ci sono cascati. E lui si è tradito.

CONFESSIONE Intercettato, l’ex pentito non ha esitato a rivelare le proprie responsabilità, tanto meno il suo finto pentimento. «Zia Grazia io il carcere me lo facevo io!.. il carcere me lo facevo e non mi passa per l’idea la galera a me.. se a me mi siedono in un posto.. stai.. tre.. tre.. tre anni.. se io devo stare seduto qua tre anni io sto seduto qua tre anni!.. hai capito che voglio dire?!.. hai.. gli ho fatto qualcosa a qualcuno?!.. cornuti!.. e mi sparate!.. cornuti!.. uhm?!.. senza fare niente a nessuno!!.. (con tono ironico).. e che venivano dall’America?!.. quel giorno di Sotira.. hai capito ora chi è salito a spararci?». Greco rivendica di non aver mai parlato degli uomini del clan di Calanna, di non aver mai rivelato nulla di compromettente. Ma soprattutto spiega il suo progetto da uomo di ‘ndrangheta e aspirante capo del “suo” locale. «quando ci cacciamo a lui comandiamo in tutti i posti!.. hai capito?.. dice.. suo padre non c’è.. i suoi nipoti sono “babbi”.. ed hanno tirato per farmi fuori!.. (dialettale: e tiraru mi mi sballunu!).. però hanno sbagliato!.. hanno sbagliato!.. perché io sono vendicativo!!»

A FUROR DI POPOLO Incauto, Greco non sembra aver paura di essere intercettato. Ammette di aver sparato contro Princi e si rimprovera solo di averlo mancato. Per sangue, tradizione e capacità si sente un re. E crede persino di godere del rispetto della comunità. «”Ma io vinco sempre zia Grazia!.. noialtri i Greco vinciamo!!.. dammi tempo che poi vedi se vinciamo!!.. il popolo è contro a questi cosi lordi zia Grazia perché noi non abbiamo toccato mai a uno privato.. a uno.. se non era uno privato.. non abbiano bruciato macchine.. queste cose non le abbiamo fatte mai noi!!». Ambizioni di vittoria adesso arginate da solide sbarre.

Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it

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