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«La ’ndrangheta punterà sul deep web»

LAMEZIA TERME La ‘ndrangheta diversifica gli investimenti, colonizza, supera «la stringente compartimentazione presente sul territorio calabrese, aprendosi a sinergie operative di più ampia portata…

Pubblicato il: 03/08/2016 – 9:52
«La ’ndrangheta punterà sul deep web»

LAMEZIA TERME La ‘ndrangheta diversifica gli investimenti, colonizza, supera «la stringente compartimentazione presente sul territorio calabrese, aprendosi a sinergie operative di più ampia portata». Il rapporto della Direzione investigativa antimafia riassume i dati relativi al secondo semestre del 2015, li raccoglie e li analizza. Traccia scenari che, per le mafie calabresi e i loro affari, sono in costante espansione. La prospettiva di oggi inserisce in clan in una rete globale che ha bisogno di nuovi strumenti per sostentarsi e pianificare il proprio futuro. Dopo l’operazione “Gambling” della Dda di Reggio Calabria – che ha svelato un interesse inedito per il gioco online – la Dia non esclude che la collaborazione tra le cosche e le altre organizzazioni criminali «potrebbe rivolgersi, in futuro, verso altri settori illeciti sino ad ora non esplorati dalla ‘ndrangheta». È proprio questo il nodo della questione: le cosche non operano in solitudine, “lavorano” sul mercato criminale globale, si interfacciano con organizzazioni criminali straniere. Hanno bisogno di luoghi fisici, ma soprattutto virtuali, nei quali far proliferare i propri affari. E «in questa prospettiva – scrivono gli investigatori –, il deep web e i canali di comunicazione non convenzionali meritano una riflessione a se stante perché, oltre che per la pianificazione e realizzazione di traffici illeciti transnazionali, potrebbero rappresentare lo strumento relazionale chiave tra le ‘ndrine che insistono sul territorio nazionale e le propaggini internazionali delle cosche e delle altre organizzazioni mafiose, assieme alle quali avviare nuovi business criminali». 
Il riferimento al deep web suona sinistro. In quest’area nascosta della Rete – raggiungibile attraverso software che rendono possibile navigare in maniera anonima – proliferano (anche) attività illegali di ogni genere. Un mondo virtuale sommerso nel quale si può acquistare di tutto e si possono far circolare informazioni in maniera riservata, rendendo più difficile il lavoro degli investigatori. La caccia alle ‘ndrine, in un futuro che non appare tanto lontano, potrebbe passare anche da qui.
Il presente, invece, è carico di preoccupazioni sulle inchieste che riguardano l’espansione economica delle mafie sui mercati finanziari: colpa del «disallineamento con l’Europa, anche sul piano normativo, dei mercati finanziari e delle economie dei Paesi africani, di quelli dell’ex Unione sovietica, dell’Asia e del continente australiano, che rappresenta un forte fattore di rischio in termini di individuazione delle transazioni finanziarie sospette». È il mercato esterno quello che i clan puntano con maggiore dedizione. «Se la ‘ndrangheta dovesse depositare un bilancio consolidato – è un altro passaggio della relazione semestrale –, è praticamente certo che i risultati economici del “gruppo” dipenderebbero in larga parte dai proventi derivanti dalle attività fuori regione d’elezione». Non ci si riesce soltanto con le proprie forze. Senza una motivata (e attiva) zona grigia i problemi sarebbero piuttosto seri: è, infatti, «determinante la rete relazionale che le cosche sono riuscite a intessere con professionisti, operatori economici ed esponenti del mondo della finanza, disponibili a prestare la propria opera per agevolarne gli interessi, sostanzialmente riconducibili a due macro aree: l’accumulazione dei capitali – ed in questo è nota la forza della ‘ndrangheta nella gestione del narcotraffico internazionale – il riciclaggio e il reimpiego dei proventi illeciti».
Il “mercato interno” calabrese, invece, «appare “asfissiato” e comunque ancorato a logiche e ritualità mafiose che, se da un lato frenano la Calabria nei processi di sviluppo imprenditoriale ed industriale, dall’altro consentono alle cosche di mantenere una forte identità, vero volano verso l’esterno». È la solita compenetrazione tra arcaico e moderno, «assioma che fornisce la chiave interpretativa delle manifestazioni contro culturali mafiose fuori Regione, dove la necessità di ampliare l’orizzonte degli investimenti – avvalendosi spesso di sofisticati meccanismi finanziari – si sposa con un’organizzazione arcaica, strutturata in ‘ndrine, cosche e locali, repliche esatte di quelle calabresi». Questo «patrimonio identitario», questa «grammatica ‘ndranghetista che appartiene a tutti gli affiliati», sono i punti di forza dell’organizzazione, ancor più dell’unitarietà «che pure esiste e che sembra coniugarsi ad una spiccata autonomia dei gruppi di ‘ndrangheta disseminati su tutto il territorio nazionale e all’estero rispetto alla casa madre». 
Da un lato c’è la holding riconosciuta tra i principali player internazionali del narcotraffico, dall’altro l’associazione che cementa ancora i patti di ‘ndrangheta attraverso pratiche medioevali. Le due facce condividono nella stessa entità criminale. Ed «è in ragione di questo ancestrale patrimonio identitario che cosche di diversa matrice provinciale, in alcuni casi addirittura contrapposte, fuori Regione riescono a “dialogare”, creando solide convergenze affaristico-criminali». Paesi come la Germania, il Canada e gli Stati Uniti d’America e Regioni come il Piemonte, la Lombardia, la Liguria, il Veneto, l’Emilia Romagna e il Lazio, «diventano non solo aree di destinazione degli stupefacenti, ma veri e propri spazi di radicamento, in cui gli interessi delle diverse cosche si consolidano e in cui è possibile attingere a figure professionali altamente qualificate, in grado di creare artifici contabili e finanziari per eludere i controlli e per riciclare capitali illeciti in attività commerciali ad alta redditività». Dinamiche già note, queste, ma non per questo meno preoccupanti.

Pablo Petrasso
p.petrasso@corrierecal.it

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