Se per un verso la diatriba tra gli ospedali di Paola e Cetraro per la permanenza in vita davanti ai tagli imposti dal nuovo piano territoriale della sanità calabrese affoga nel grottesco, per altro verso rappresenta lo specchio della kafkiana realtà che caratterizza vita e opere della Regione Calabria.
Andiamo semplificando: i commissari Scura e Urbani hanno buon gioco nel replicare, provocatoriamente, che il problema non esiste semplicemente perché l’ospedale di Paola di fatto è già stato chiuso dalla Regione Calabria. Non dal dipartimento Sanità ma dalla stessa Presidenza alla quale fa capo il settore della Protezione civile che quell’ospedale ha giudicato inagibile, pericoloso e a rischio altissimo per l’incolumità di operatori sanitari e degenti.
Lo ha messo nero su bianco il geologo Carlo Tansi nelle vesti di consulente tecnico della Procura della Repubblica di Paola che, anche sulla base di quegli accertamenti peritali, ha chiesto e ottenuto il rinvio a giudizio di cinque persone.
Oggi Carlo Tansi, oltre che libero professionista, è anche direttore della Protezione civile, un cambiamento di veste che certamente non può cambiare anche le perizie e le conclusioni che il geologo ha depositato alla Procura di Paola e che ora farebbe bene a notificare anche a Mario Oliverio, non foss’altro che per la lealtà dovuta verso chi lo ha nominato.
Politicamente è un guaio, non solo perché fa pendere la bilancia in favore dell’ospedale di Cetraro (chi si assumerà la responsabilità di allocare servizi in una struttura che considerata inagibile e pericolosa?) ma anche perché rivitalizza lo scontro tra Carlo Tansi e Giorgio Sganga, apprezzato commercialista ai cui consigli fa spesso ricorso l’attuale governo regionale, nonché proprietario della villa la costruzione della quale, secondo le perizie di Tansi e le indagini della Procura di Paola, ha originato il movimento franoso che, dopo averne divelto la recinzione, minaccia la stabilità dell’edificio che ospita l’ospedale paolano.
Scrive il geologo Tansi, in veste di perito: «L’ospedale di Paola è seriamente minacciato da una frana in piena attività che ha già quasi completamente distrutto il muro sottostante di recinzione, determinando un vistoso abbassamento del parcheggio. Un’ulteriore evoluzione della frana potrebbe prefigurare il crollo del parcheggio e di un conseguente sgombero-trasferimento dell’ospedale. L’area è classificata R4, massima categoria di rischio, dove come recita la normativa PAI “esistono possibilità di perdita di vite umane”. Per questo motivo, subito dopo la frana del 2 febbraio 2013, l’Asp di Cosenza, ha ritenuto opportuno «procedere ad uno studio geologico del versante con l’affidamento di incarico professionale esterno a un geologo, essendo tale figura professionale non presente in Azienda” e conferire a me tale incarico».
Insomma è la stessa Azienda sanitaria provinciale di Cosenza, in tempi non sospetti, a considerare l’ospedale esposto a una «grave minaccia». Non essendo provvista di un geologo, dà incarico a Tansi il quale si mette all’opera con rilievi e sondaggi geofisici per stabilire l’estensione in superficie e nel sottosuolo della frana e verificare se la stessa può estendersi fino all’ospedale, minacciandone la stabilità.
Scrive Tansi: «La frana ha causato altri danni poiché ha investito la sottostante via Telesio e potrebbe causare anche lo sbarramento del Torrente San Domenico, prefigurando un effetto-diga che mette a rischio l’incolumità delle persone che frequentano gli edifici sottostanti, compresa la struttura scolastica. I miei studi hanno evidenziato una grave situazione di cui, sin dall’estate 2013, ho informato le autorità competenti, sollecitandole a porvi rimedio; essendo i miei allarmi rimasti inascoltati, le prime piogge invernali hanno riattivato la frana: nella serata di una piovosissima domenica di fine novembre 2013 sono stato informato dal sindaco Ferrari che la situazione degenerava e mi sono precipitato all’ospedale, dove accertavo la frana aveva subito un notevole movimento allargandosi e minacciando, a monte, l’ospedale e, a valle, il torrente. Ho contribuito a coordinare gli interventi in emergenza, fino all’una di notte, di concerto con la protezione civile e con l’ufficio tecnico del comune».
Sarà, quello, solo uno dei 52 sopralluoghi tecnici e in emergenza effettuati, scrive Tansi, «per vigilare sulla sicurezza, non solo dell’ospedale di Paola ma, su richiesta del Prefetto di Cosenza, sull’intera area in esame».
Unico rimedio che verrà adottato è la collocazione di una rete di sensori nei pressi dell’ospedale che, in caso di movimenti della frana, inviano sms di allerta in base ai quali verrebbe subito avviato lo sgombero della struttura.
Il responso, invece è senza appello: l’ospedale è a rischio e andrebbe evacuato facendone carico a chi, scrive il perito Tansi, ha provocato il danno essendo «legittimo che l’Asp sia risarcita del danno quasi certamente causato da chi ha sventrato una intera collina a rischio R4».
Nel difendere il suo operato, Carlo Tansi non rinuncia alla polemica con il “privato” dottor Giorgio Sganga e ricorda di aver reso pubblica la sua relazione geologica «che descrive dettagliatamente e con rigore scientifico, tra varie cose, non solo tutte le cause che hanno determinato la frana e documenta, con tanto di foto aeree storiche, che il terrapieno adibito a “parcheggio” adiacente l’ospedale che secondo il signor Sganga avrebbe generato la frana, era lì presente almeno dal 1991, come ricorderanno tutti i paolani; non è un caso che, dal 1991 ad oggi, solo a seguito degli sbancamenti, avvenuti dopo il 2011, la frana si è generata proprio a partire da quell’area, propagandosi poi verso monte e abbattendo lo stesso terrapieno».
Sganga, in verità, ha sempre lamentato che altre relazioni tecniche «escludono categoricamente responsabilità sulla frana relative all’immobile» e si spinge fino a sostenere: «Forse, quando tutto questo procedimento sarà finito, si scoprirà che quei gabbioni incriminati in realtà hanno “frenato” e non “franato” la terra. Evitando conseguenze ben più gravi di quelle viste sino ad oggi».
Lasciando da parte la querelle tra Tansi e Sganga, resta il fatto che l’unica certezza risiede nell’inagibilità della struttura ospedaliera di Paola che andrebbe chiusa, anzi che di fatto la perizia di Tansi chiude e che invece Asp e Regione Calabria considerano operativa e immune da rischi, al punto da ipotizzarne non solo il mantenimento ma anche la crescita attraverso la realizzazione di nuovi reparti da trasferire da Cetraro.
Possiamo augurarci che Tansi, oggi capo della Protezione civile, trovi il tempo e il modo di notificare ai colleghi del dipartimento Salute e al presidente Mario Oliverio che chi entra nell’ospedale di Paola rischia di finire sepolto da una frana?
pa. po.
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