REGGIO CALABRIA Arrivano anche le misure patrimoniali per gli indagati dell’operazione Sistema Reggio, l’inchiesta che ha svelato il controllo assoluto dell’élite della ‘ndrangheta reggina sulle attività commerciali della città. Per ordine della sezione Misure di prevenzione del Tribunale e su richiesta della Dda, beni del valore complessivo di 35 milioni di euro – inclusi i noti bar Villa Arangea, Ritrovo Libertà e Fashion cafè, più concessionarie di auto e stazioni di servizio Esso – sono stati sequestrati dagli uomini del comando provinciale della Guardia di finanza , che questa mattina hanno eseguito una serie di decreti di sequestro, nei confronti di una serie di soggetti, orbitanti attorno al direttorio dei clan De Stefano-Condello-Tegano, ma anche vicini alle cosche Araniti, Rosmini e Serraino. Si tratta di Roberto Franco cl.60, Angela Minniti cl.71, Antonino Nicolò cl.55, Carmelo Salvatore Nucera cl.59, Domenico Stillitano cl.62, Mario Vincenzo Stillitano cl.66. Tutti quanti sono a vario titolo ritenuti responsabili e per questo sono iscritti sul registro degli indagati per associazione mafiosa, concorso esterno in associazione mafiosa, estorsione, detenzione e porto di materiale esplosivo, intestazione fittizia di beni e rivelazione del segreto d’ufficio.
Con i provvedimenti eseguiti oggi, secondo quanto rende noto la procura distrettuale antimafia, è stata disposta l’applicazione della misura di prevenzione del sequestro del patrimonio aziendale di diverse imprese e di quote societarie, nonché di beni immobili e mobili registrati e di rapporti finanziari e assicurativi.
L’operazione, denominata “Tnt coffee”, rappresenta l’epilogo delle indagini svolte dal Nucleo di Polizia tributaria-Gico nei confronti dei soggetti che erano stati destinatari di misure cautelari nell’ambito dell’operazione “Sistema Reggio”, condotta dalla Questura di Reggio Calabria nello scorso marzo. L’indagine, quest’ultima, aveva avuto origine dal grave attentato dinamitardo del febbraio 2014 ai danni del Bar Malavenda, noto esercizio commerciale del quartiere Santa Caterina di Reggio Calabria. Dalle indagini è emerso che gli esponenti delle cosche avevano costituito e gestito, direttamente o per interposta persona, una serie di attività economiche operanti in diversi settori imprenditoriali, attribuendone la titolarità formale a prestanome, al fine di eludere i controlli delle forze dell’ordine e le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione.
a. c.
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