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Telefonini, «vergogna!» e sferzate alle Procure. Il giorno più lungo di "Cariddi"

Una giornata lunga, tesa, infinita, quella per Antonio Stefano Caridi. Una via crucis durata sei ore e disseminata di accuse e difese, alcune anche molto pesanti e dirette non solo a lui ma allo st…

Pubblicato il: 04/08/2016 – 17:59
Telefonini, «vergogna!» e sferzate alle Procure. Il giorno più lungo di "Cariddi"

Una giornata lunga, tesa, infinita, quella per Antonio Stefano Caridi. Una via crucis durata sei ore e disseminata di accuse e difese, alcune anche molto pesanti e dirette non solo a lui ma allo stesso lavoro di ben due procuratori.
 Nessun fumus persecutionis è stato ravvisato nei suoi nei confronti. Così ha votato il Senato questa mattina, al termine di una discussione accesa. La maggioranza è stata superata per 15 voti: su 277 senatori presenti (su 315), 154 hanno deciso che non c’è nessun intento persecutorio nell’ordinanza di arresto emessa dal gip di Reggio Calabria nell’ambito dell’operazione “Mammasantissima”. Per Palazzo Madama è giusto che per Caridi si aprano le porte del carcere. La decisione è arrivata poco prima delle 16, al termine di una seduta che all’indagato senatore sarà sembrata interminabile, iniziata alle 9:42 quando il presidente del Senato, Pietro Grasso, ha stabilito di invertire l’ordine del giorno e dare priorità nei lavori alla «domanda di autorizzazione all’esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal giudice per le indagini preliminari nei confronti del senatore Antonio Stefano Caridi nell’ambito di un procedimento penale». Un turbinio di emozioni dal sapore quasi giacobino: assistere ad altri che discutono e poi votano sul tuo destino. 
La discussione è stata, indubbiamente, accesa e non sono mancati i momenti di tensione. Mentre il senatore di Gal, non senza un certo nervosismo, affermava: «Mi si accusa, specificamente, di aver concordato con la cosca Pelle l’appoggio elettorale…», ecco scoppiare la prima bagarre tra Pd e M5S.
Qualcuno tra i pentastellati effettuava delle riprese. «Vergogna», tuona Caleo dai banchi dei dem. «Sta parlando di mafia e vi preoccupate di una ripresa!», gli risponde Airola del M5S. E la questione si perde in minuzie di lana caprina mentre l’appoggio elettorale alla cosca Pelle resta ancora appeso sulle labbra del senatore.
«Si può vedere tutto sul canale di Sky!», cerca di chiudere Caliendo (Fi) mentre dal Pd partono commenti di riprovazione nei confronti della senatrice Elena Fattori (M5S) che mima una persona ammanettata. 
Caridi riprende ma termina appena tre frasi che la lite si riaffaccia: «Sta riprendendo!», sbraita Bisinella del gruppo Misto. «Non è vero», si difende Santangelo, M5S.
E la questione non si chiuderà nemmeno dopo la discussione di Caridi. Sarà Luigi Zanda (Pd) nella sua dichiarazione di voto, tra un «non esiste intento persecutorio» e una richiesta di voto palese a tornare sulla questione: «Alcuni collaboratori mi hanno segnalato – ed io non voglio crederci – che senatori dell’opposizione mi avrebbero filmato dentro l’Aula e immediatamente fuori dall’Aula mentre conversavo con colleghi senatori di opposizione e di maggioranza». E mentre Zanda guadagnava applausi la giornata di Caridi diventava sempre più lunga.



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(Il tabellone che riassume il voto del Senato)

Indubbiamente sono stati accorati gli interventi di coloro che hanno difeso il senatore calabrese. Come quello del senatore lombardo Giacomo Caliendo, di Forza Italia: «Caridi sarebbe stato eletto, fin dalla prima elezione, grazie all’appoggio della ‘ndrangheta. Vi prego di leggere: non è così, è falso. Nel 1997 si candida per la prima volta al Consiglio comunale, viene eletto con il massimo dei voti e diventa il primo degli eletti (il padre precedentemente era il primo degli eletti della Democrazia cristiana, mentre il secondo era Porcino, lo zio, tutti medici). Ma non lo dico io: c’è l’intercettazione tra operatori di ‘ndrangheta. Uno domanda, nel 2002: “Ma chi è Caridi?”. E l’altro risponde: “È quello che da solo è stato eletto come primo eletto a Reggio Calabria”». Ma Caliendo, non si limita alle carte dell’inchiesta. «A proposito del pubblico ministero – premette Caliendo – conosco benissimo la bravura di Cafiero de Raho come procuratore della Repubblica come conosco benissimo la bravura di Pignatone. Tutti gli atti si riferiscono al periodo in cui Pignatone era procuratore della Repubblica e altrettanto Cafiero de Raho è bravo. Mi domando però se avete dato una lettura, una rilettura del sistema che ha individuato una cupola. Io lo trovo corretto, ma andatevi a leggere le pagine: riguardano tutti gli altri componenti, su Caridi ci sono due righe». Il nome di Pignatone, predecessore di Cafiero de Raho e attualmente a capo della procura di Roma, torna nelle parole di un altro difensore di Caridi, il senatore romano di Cor Andrea Augello: «Signor presidente – dice rivolgendosi a Grasso – dall’alto della sua esperienza, le faccio questo esempio. Secondo lei il dottor Pignatone a Roma avrebbe potuto costruire l’impianto accusatorio di Mafia capitale se gli incontri rimproverati ai politici, alle cooperative di Buzzi e con Carminati si fossero tutti storicamente svolti nel periodo in cui Carminati era in carcere? Se lei fosse stato il procuratore della Repubblica di Roma e un suo sostituto le avesse portato informazioni del genere, lei, nonostante l’aria normalmente mite e compassata che sempre ha, avrebbe ceduto a un momento di impazienza. O così suppongo». Un’altra strenua difesa arriva dalla senatrice del gruppo Misto Serenella Fucksia. La marchigiana, pur continuando, e non sarà la sola, a chiamare l’indagato “Cariddi”, tira in ballo Sciascia e comunque taglia corto: «I fatti sono risalenti a più di 15 anni fa». Quale arresto? Quale pericolo di fuga (ma qui si parlava di fumus persecutionis, ndr)? «Non ha motivo di essere, perché se doveva inquinare le prove, aveva tutto il tempo di farlo in 15 anni».
Il modenese Giovanardi, poi, proporrebbe una parte dell’ordinanza recapitata ai senatori come manifesto per una start up: «Vogliamo parlare dell’altra prova regina del senatore e sottosegretario Valentino e di un tale Romeo, che era, al tempo, incensurato e che due anni fa è stato ricevuto qui in Senato, dopo la condanna, in Commissione affari costituzionali (non Caridi, Romeo è stato accolto qui al Senato e ha partecipato)? Se qualcuno avesse la pazienza di leggere le dieci pagine in cui il senatore Valentino e Romeo e Caridi parlano della sua candidatura, troverebbe una delle più belle pagine di trasparenza e di onestà che ho mai visto. Perché questi parlano soltanto dello sviluppo della Calabria e di idee innovative». E dire che per i magistrati di Reggio Calabria gli indagati nell’operazione “Mammasantissima” sullo Stretto avevano mire legate alla possibilità di lucrare sul Decreto Reggio e “guidare” la politica per i propri fini (e quelli delle mafie). Come cambiano certe interpretazioni a seconda dei banchi in cui ci si siede. E come cambia la vita se un tabellone fa la conta che non vorresti. La mattina ti svegli in Parlamento, la sera sei a Rebibbia e fai la trafila per andare in cella. «Il Senato approva». Un brusio impercettibile e cala il sipario.

Alessia Truzzolillo
a.truzzolillo@corrierecal.it

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