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“Chi ci capisce è bravo”, ecco la storia di Antonio Saffioti

LAMEZIA TERME «Sono sempre riuscito a farla franca contro la malasorte». Forse meglio di così non si potrebbe riassumere la vita di Antonio Saffioti, lametino di 33 anni, affetto da distrofia musco…

Pubblicato il: 09/08/2016 – 9:34
“Chi ci capisce è bravo”, ecco la storia di Antonio Saffioti

LAMEZIA TERME «Sono sempre riuscito a farla franca contro la malasorte». Forse meglio di così non si potrebbe riassumere la vita di Antonio Saffioti, lametino di 33 anni, affetto da distrofia muscolare da quando ne aveva due e da circa venti anni si muove grazie ad una carrozzina. E proprio questa sua “beffa” ad un destino oramai segnato, Antonio l’ha voluta raccontare in un libro. Poche pagine e tanti protagonisti: non c’è solo lui con la sua malattia, ma c’è anche il padre, la madre e la sorella, un racconto corale che diventa sinonimo della battaglia di un’intera famiglia.
“Chi ci capisce è bravo”, quell’espressione ironica di porsi di fronte alle cose che appaiono complicate, è il titolo che lo stesso Antonio ha scelto per il suo racconto. Così come ironico è sempre stato il suo modo di approcciarsi alla vita, di accettarla e di sapersi reinventare nonostante tutto.
È un «libro in crescendo», come lo ha definito l’autore Marco Cavaliere, l’ingegnere con la passione per la scrittura, che ne ha ricostruito pazientemente la sua storia. La scoperta della malattia, la sofferenza, i problemi quotidiani, i viaggi in giro per l’Italia nelle migliori cliniche; una realtà dura e dolorosa che una famiglia come tante si è ritrovata ad affrontare da un giorno all’altro. Ma se da una parte c’è una malattia che avanza, dall’altra c’è la speranza e la voglia di combattere che si sono trasformate in un’improvvisa conquista della felicità e della libertà: viene raccontata la vita, insomma. E proprio nella sua di vita che Antonio ha raggiunto traguardi e ha collezionato successi: il diploma, le due lauree e il costante e continuo impegno politico – lui stesso si definisce ironicamente un «disabile comunista» – e soprattutto sociale dove fin da subito ha rifiutato l’appellativo di semplice “utente” per diventare protagonista attivo nelle realtà che lo circondano. Ma Antonio nella sua vita ha rifiutato anche un altro nome, quello di “diverso”, che inevitabilmente ti dà la società in cui vivi, perché semplicemente non sei come gli altri. Nel libro, più di ogni altro, è il padre che da vero eroe ha saputo combattere le piccole battaglie quotidiane contro i pregiudizi e contro qualsiasi forma di barriera architettoniche che potesse impedire ad Antonio di esprimere la propria libertà e la propria indipendenza. «È grazie a lui se non ho vissuto una vita da passeggero e da comparsa, ma ho avuto l’opportunità di essere protagonista».
Tutto questo è stato anche il risultato di una costante dualità e parallelismo che ha caratterizzato la sua famiglia e che emerge pagina dopo pagina: da una parte la fede, quella trasmessa dalla madre che non ha mai abbandonato e che lo ha spinto in numerosi pellegrinaggi in giro per il mondo e dall’altra il padre, la mente razionale e scientifica della famiglia, che ha sempre riposto una piena fiducia nella medicina.
Ieri sera per la prima volta, Antonio ha deciso di presentare il suo libro e la sua storia al pubblico. C’era il sindaco, le associazioni, la stampa locale, tanti amici e semplici curiosi, più di un centinaio di persone in tutto che hanno ascoltato la sua storia, che ha fatto commuovere e sorridere. Soprattutto ha voluto lasciare a tutti un messaggio di speranza in un libro che, nonostante racconti di una malattia, è un «libro positivo».

Adelia Pantano
redazione@corrierecal.it

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