LAMEZIA TERME Il movente del delitto che mercoledì mattina ha sconvolto Lamezia Terme è ancora avvolto nel mistero. Ma le dinamiche sembrano suggerire un’esecuzione mafiosa. Anche per questo motivo, il fascicolo relativo all’agguato in cui ha perso la vita l’avvocato Francesco Pagliuso passerà, nelle prossime ore, all’esame dei magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro.
IL FILM DEL DELITTO La ricostruzione dell’omicidio dell’avvocato Francesco Pagliuso, 43 anni, dai primi particolari emersi, parla di un agguato studiato, di un’attesa paziente, una preparazione meticolosa. Alle 22:30 l’avvocato torna a casa a bordo della sua Volkswagen. La casa è una bella villetta con giardino su via Marconi (l’arteria che unisce il quartiere di Nicastro con quello di Sambiase), un palazzo antico restaurato in anni recenti. Il cancello principale si apre, l’auto entra nel vialetto e l’avvocato, accompagnato in auto dal suo fedele cane, fa per scendere dall’abitacolo ma rimbalza di nuovo indietro, colpito dai due colpi di pistola che lo raggiungono al collo e alla testa. I colpi esplosi in tutto sono tre, di cui uno andato a vuoto. Il finestrino del lato passeggero si infrange. Il cancello si richiude alle spalle ormai esanimi del giovane avvocato e tutto resta avvolto nel silenzio fino alle 3 del mattino quando giungerà sul posto, allertata dalla fidanzata di Pagliuso, un’auto dei carabinieri. I militari trovano l’avvocato al porto di guida, seduto, il corpo appoggiato la sedile. Dalle tre del mattino il sopralluogo proseguirà fino alle otto. Nella rete di recinzione della villa viene trovato un buco, segno evidente di una via di fuga preparata in previsione della chiusura del cancello automatico. Un gesto esperto, studiato. Le telecamere riprendono una figura che entra furtiva, dopo avere atteso che la vittima rientrasse a casa. A quanto pare l’allarme che perimetrava la villa era stato disinserito dallo stesso proprietario per permettere al proprio cane di scorrazzare liberamente. Ma c’erano le telecamere e gli inquirenti sono comunque riusciti ad acquisire alcune immagini. Nel corso del primo pomeriggio i magistrati titolari di questo scottante fascicolo, il procuratore facente funzione Luigi Maffia e il sostituto procuratore Marta Agostini, nominano il medico legale per l’autopsia che si terrà domani, Fernando Cimbalo. Nel frattempo gli interrogatori proseguono incessanti, lo studio viene posto sotto sequestro, intorno alle 13 i collaboratori del legale escono dagli uffici della Procura. Hanno l’aria sconvolta, gli occhi segnati. Vengono sentiti anche la sorella di Pagliuso, conoscenti, colleghi.
MOVENTE OSCURO Sul fronte del movente le acque si dividono. C’è chi punta il dito verso l’attività da avvocato penalista e civilista che Francesco Pagliuso conduceva con un certo successo. E chi indica una vendetta maturata fuori dall’ambito dei grandi processi di mafia che lo vedevano protagonista come legale difensore. Il procuratore Luigi Maffia non si scompone: «Non escludiamo nulla e, allo stato non si può restringere il campo investigativo a una sola ipotesi. Le indagini, in altre parole, sono a 360 gradi. Il fatto, indubbiamente è molto grave anche perché la vittima era molto conosciuta in svariati ambienti ed aveva una molteplicità di clienti operanti in vari settori. Occorre valutare, dunque, tutte le componenti. Per questo, allo stato, non possiamo escludere alcuna ipotesi». Il presidente dell’ordine degli avvocati di Lamezia Terme, in una intervista all’agenzia Lapresse, non usa mezzi termini: «Esecuzione mafiosa. È stata un’esecuzione mafiosa», dice, e aggiunge: «Pagliuso era uno studioso di diritto ed è stato colpito a seguito del suo lavoro».
Ma il destino di questo caso sembra segnato, viste le dinamiche raccolte dagli inquirenti, e destinato ad approdare sulla scrivania dei magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro.
Alessia Truzzolillo
a.truzzolillo@corrierecal.it
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