LAMEZIA TERME Un filo di voce rotta. Antonella Pagliuso, sorella maggiore di Francesco, dall’altare nella chiesta del SS Rosario ringrazia tutti coloro che sono stati vicini alla sua famiglia. Poi si rivolge a colui che le ha sottratto «la persona più importante della mia vita». «Ma io ti auguro che Dio ti benedica», è il messaggio che lascia all’assassino di suo fratello un attimo prima di chinarsi sulla bara e baciarla per l’ultima volta.
Il ricordo di Francesco Pagliuso prende vita e colore attraverso le parole di suo nipote Pierluigi: «Facevamo di tutto per stare con te, a volte pensavo che avrei voluto prendere un appuntamento nel tuo studio per vederti, anche solo per ridere della tua reazione». «Ovunque tu sia – dice Pierluigi – siamo convinti che avrai la faccia tosta di pretendere di diventare l’aiutante di San Pietro, lì ai cancelli, pronto a giudicare le anime. O forse farai l’avvocato del diavolo, chi può dirlo. Con te tutto è sempre stato un terno al lotto. Sei sempre stato un punto di riferimento per noi, una di quelle persone che ottengono quello che devono nella vita, perché è stata abituata a lottare per le cose in cui crede. E forse anche per questo eri diventato scomodo tanto da riuscire a far premere quel dannato grilletto e strapparti da una famiglia e da un figlio al quale cercheremo di insegnare a rispettare le altre persone, a cercare di trovare il buono insito in esse. Saremo per lui il punto di riferimento che tu non potrai più essere. Cercheremo di esser quello che tu sei stato e sei per noi. Ancora non riusciamo ad immaginare come sarà la nostra vita, il nostro futuro senza di te, senza essere criticati in modo scherzoso per qualunque cosa che facessimo, per spingerci a riflettere e per migliorarci in ogni aspetto. Ti vogliamo bene e sempre te ne vorremo. Questo è solo un saluto, un arrivederci. Siamo convinti che sei e sempre sarai con noi. Con amore Pierluigi e Mattia».
(Antonella Pagliuso, sorella dell’avvocato ucciso)
A celebrare la messa don Adamo Castagnaro, vicario generale della diocesi che ha sottolineato il senso di esser comunità e non «lasciare che 60mila persone si lascino sconfiggere da 500 o quanti sono». «Siamo vittime – ha detto – in una città che stava riprendendosi».
LA CAMERA ARDENTE IN TRIBUNALE Un’atmosfera commossa, silenziosa avvolge l’atrio del Tribunale di Lamezia Terme. Molti degli avvocati arrivati da tutta la regione a dare l’ultimo saluto al collega Francesco Pagliuso, 43 anni, ucciso nella notte di martedì scorso, indossano la toga. Sono assiepati, attoniti, intorno al feretro al fianco del quale siedono i genitori, papà Giovanni Battista e mamma Rosetta, insieme alle sorelle Angela Rita e Antonella, anche lei avvocato, con la toga indosso che accoglie tutti parla con i colleghi, quasi un filtro tra la folla e il dolore. Un brusio leggerissimo si spande nell’atrio di tanto in tanto, solo un gemito si eleva a tratti, un singhiozzo da parte della madre, straziata, vestita di nero, si appoggia ad un bastone oppure al braccio di suo nipote Pierluigi. La fanno bere, la rinfrescano con un ventaglio. Ai lati della bara si alternano due avvocati. Indossano la toga il presidente e il vicepresidente dell’Unione camere penali, il presidente della commissione regionale antindrangheta, Arturo Bova. Passa il consigliere regionale Tonino Scalzo, il sindaco di Lamezia, Paolo Mascaro, il sindaco di Soveria Mannelli, il consigliere comunale Pasqualino Ruberto, suo cliente nel caso Calabria Etica. Non solo colleghi e autorità. A salutare l’avvocato Pagliuso ci sono anche alcuni suoi clienti, come l’imprenditore dei supermercati Francesco Perri, imputato nel processo Andromeda, contro la cosca Iannazzo. L’atrio si riempie di persone col passare del tempo, così come il portico del tribunale. Manca, a dire il vero, la città, la gente non strettamente legata all’ambiente forense è poca. Come pochi, soprattutto, sono i rappresentati delle istituzioni, le fasce tricolore, i rappresentanti regionali, i rappresentanti calabresi e lametini in Camera Senato e non solo. Si indigna il vicepresidente dell’Unione camere penali, Domenico Ciruzzi: «Doveva essere presente il presidente della Repubblica».
L’ASSENZA DELLE ISTITUZIONI E L’OMICIDIO MAFIOSO Grande è stata l’indignazione da parte di coloro che hanno ricordato Francesco Pagliuso per l’assenza di rappresentanti istituzionali. «Non posso non stigmatizzare l’assenza delle istituzioni», ha detto Antonello Bevilacqua, presidente dell’ordine degli avvocati. «È inconcepibile che un avvocato che muore a Milano sia più importante di un avvocato che muore in Calabria», ha proseguito Bevilacqua puntando il dito contro «parlamentari e ministri della Repubblica che declamano il fatto di essere stati avvocati e di volere ritornare alla professione forense». Assenti ingiustificati e anche silenziosi, muta la loro partecipazione, nessun telegramma, nessun gesto di vicinanza all’avvocatura così duramente colpita. Secondo Bevilacqua «questa non è una terra maledetta ma una terra baciata da Dio». Resta, pesante, una realtà: «Qui è morto ingiustamente un avvocato che praticava la propria professione. È stato ucciso un avvocato con modalità mafiose. Questa è una terra di mafia, diciamolo. Vogliamo la stessa dignità delle altre regioni provate da questo problema».
(Il presidente del Tribunale di Lamezia Bruno Brattoli ricorda l’avvocato Pagliuso)
BRATTOLI: «IL TEMPO MI DARÀ RAGIONE» Commosso il presidente del tribunale Bruno Brattoli. Chiede che la città collabori, che metta da parte i chiacchiericci e collabori, «in tutti i modi». «Francesco è un avvocato di grandissimo spessore, persona umanamente meravigliosa. Un avvocato molto giovane. Ha fatto tante cose nella sua vita, compresa l’esperienza nella Guardia di finanza di cui andava molto fiero». Parla al presidente Brattoli che ammonisce: «Infame è chi in qualche modo pone in dubbio la sua più specchiata integrità morale. Vedrete, il tempo mi darà ragione». E rivolto «all’ignobile, disgraziato vigliacco che ha osato togliere la vita a Francesco Pagliuso», Brattoli promette: «Non avrà scampo».
Alessia Truzzolillo
a.truzzolillo@corrierecal.it
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