LAMEZIA TERME Un’atmosfera commossa, silenziosa avvolge l’atrio del Tribunale di Lamezia Terme. Molti degli avvocati arrivati a dare l’ultimo saluto al collega Francesco Pagliuso, 43 anni, ucciso nella notte di martedì scorso, indossano la toga. Sono assiepati, attoniti, intorno al feretro al fianco del quale siedono i genitori, papà Giovanni Battista e mamma Rosetta, insieme alle sorelle Angela Rita e Antonella, anche lei avvocato, con la toga indosso che accoglie tutti parla con i colleghi, quasi un filtro tra la folla e il dolore. Un brusio leggerissimo si spande nell’atrio di tanto in tanto, solo un gemito si eleva a tratti, un singhiozzo da parte della madre, straziata, vestita di nero. La fanno bere, la rinfrescano con un ventaglio. Ai lati della bara si alternano due avvocati. Indossa la toga il presidente della commissione regionale antindrangheta, Arturo Bova. Passa il consigliere regionale Tonino Scalzo, il sindaco di Lamezia, Paolo Mascaro, il consigliere comunale Pasqualino Ruberto, suo cliente nel caso Calabria Etica. Non solo colleghi e autorità. A salutare l’avvocato Pagliuso ci sono anche alcuni suoi clienti, come l’imprenditore dei supermercati Francesco Perri, imputato nel processo Andromeda, contro la cosca Iannazzo. L’atrio si riempie di persone col passare del tempo, così come il portico del tribunale. Manca, a dire il vero, la città, la gente non strettamente legata all’ambiente forense è poca. Manca, e forse questo dovrebbe fare riflettere, l’indignazione della comunità.
Alessia Truzzolillo
a.truzzolillo@corrierecal.it
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