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Veleni a San Ferdinando, la protesta va avanti: «Basta rimpalli»

SAN FERDINANDO L’atteggiamento della Regione viene giudicato «superficiale», mentre il ruolo del Comune, nonostante sembri esserci ora una maggiore incisività, resta «alquanto insufficiente». Quest…

Pubblicato il: 13/08/2016 – 14:12
Veleni a San Ferdinando, la protesta va avanti: «Basta rimpalli»

SAN FERDINANDO L’atteggiamento della Regione viene giudicato «superficiale», mentre il ruolo del Comune, nonostante sembri esserci ora una maggiore incisività, resta «alquanto insufficiente». Queste le posizioni emerse dall’assemblea tenuta dagli attivisti del “Comitato 7 Agosto”, ancora riuniti nel presidio permanente iniziato 5 giorni fa nella zona sud del lungomare di San Ferdinando. Nel sit-in organizzato giorno e notte nell’area del “canale killer”, proseguono le attività aggregative, di informazione, di studio e di analisi dell’emergenza scoppiata dopo lo sversamento in mare dei veleni raccolti nella condotta dell’acqua piovana di servizio al porto di Gioia Tauro e alla zona industriale.
Il Comitato, alla luce del comunicato diramato dall’assessore regionale all’Ambiente, Antonella Rizzo, ritiene lo stanziamento di 170mila euro «manifestamente inadeguato – si legge in una nota – per la soluzione finale che occorre ricercare e si dice preoccupato per l’approssimazione dimostrata con la quale l’organo esecutivo della giunta Oliverio si sta approcciando all’iter per la bonifica dello sbocco a mare del canale e delle sue parti irrimediabilmente contaminate, arrivando addirittura a metterla in dubbio nel testo dei suoi atti ufficiali».
«Ci sembra – è stato detto durante l’assemblea – un atteggiamento alquanto riduttivo non aver messo in sicurezza l’area scongiurando per sempre il rischio del ripetersi del disastro ambientale avvenuto il 7 agosto, e ci sembra sciagurato indugiare ancora senza che la Regione si faccia parte promotrice del Tavolo Tecnico Operativo che, nel quadro di uno stato di crisi ancora non dichiarato, stabilisca gli interventi definitivi per rimuovere i rifiuti pericolosi e ripulire dai veleni una rete di servizio che è preposta ad altre funzioni, non certo a quella dello scolo di veleni di ogni tipo che circolano tramite le navi del porto o i mezzi che accedono all’area industriale».
«È bene che la Regione – si legge ancora nella nota del Comitato – si assuma la responsabilità di non lasciare al piccolo ente comunale la guida dei vasti e urgenti lavori che servono, in considerazione anche della mancanza sul luogo di figure tecniche specializzate presenti invece negli uffici regionali; la giunta regionale – per come il direttore della Protezione Civile Carlo Tansi aveva dichiarato al Comitato nel suo sopralluogo post sversamento – non si può limitare al timido interessamento dimostrato e non può rinunciare a coinvolgere operativamente le strutture nazionali del dipartimento della Presidenza del Consiglio e la Prefettura di Reggio Calabria».
«Da quanto dichiarato dall’assessore – è stato detto durante l’assemblea aperta – sembriamo ricaduti nel più stucchevole dei rimpalli di responsabilità, poiché la Regione richiama in maniera generica al ruolo che competerebbe al “proprietario della condotta”, dimenticando forse che uno dei soggetti che ha parte nella gestione dell’opera è certamente l’ex Consorzio Asi, ovvero un ente subregionale. Che sia chiaro: non ci stiamo a rivedere giocato sulla pelle dei cittadini il solito storico balletto tra Regione e Autorità sulla proprietà delle aree costruite dalla Cassa per il Mezzogiorno».
L’assemblea, nel rinnovare l’appello a convocare personale qualificato ed esperti di livello nazionale al Tavolo tecnico che si rende necessario, continua a chiedere che gli enti non sottovalutino la crisi scoppiata, soprattutto dopo aver appreso che i liquami contengono sostanze altamente nocive e cancerogene come metalli pesanti e derivati del petrolio.
«L’economia e il benessere di San Ferdinando e di tutta l’area non possono sopportare che questi rifiuti danneggino ulteriormente l’immagine turistica e la salute della gente, rischiando di ritrovarci nel mare o per le strade del centro abitato questi oli illecitamente smaltiti nel distretto portuale-industriale più blindato d’Italia. Al Comune chiediamo – conclude il Comitato – di attivare tutti i canali necessari che obblighino Roma e Catanzaro a condurre un coordinamento esecutivo, finanziario e operativo degli interventi non più rinviabili. Staremo qui in presidio giorno e notte fin quando sarà necessario: l’area del primo porto italiano per traffico di container non può avvelenare in maniera così evidente e impunita un territorio che già paga un prezzo altissimo dalla concentrazione di impianti autorizzati ma altamente inquinanti. Infine, restiamo in fiduciosa attesa dello sviluppo delle indagini che stanno conducendo i magistrati della procura di Palmi unitamente alle forze dell’ordine per individuare i responsabili degli sversamenti nel canalone».

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