LAMEZIA TERME Una lunga riunione ha preceduto la consegna ufficiale, dalla Procura di Lamezia Terme alla Dda di Catanzaro, guidata dal procuratore Nicola Gratteri, del fascicolo sulla morte dell’avvocato Francesco Pagliuso. Il sostituto procuratore Marta Agostini, che ha coordinato le prime indagini, e i carabinieri della Compagnia di Lamezia Terme, guidati dal capitano Fabio Vincelli, che indagano insieme ai militari del comando provinciale di Catanzaro, hanno avuto un lungo e articolato incontro con i magistrati della Direzione distrettuale antimafia per tracciare una “mappa” dei punti cardine di questo delitto. Il fascicolo è stato preso in carico dal procuratore aggiunto della Repubblica a Catanzaro, Giovanni Bombardieri che seguirà personalmente il procedimento. Le indagini hanno dunque ufficializzato la pista mafiosa dell’omicidio dell’avvocato 43enne, assassinato alle 22:30 del 9 agosto scorso mentre rientrava a casa. Era da solo, a bordo del suo Suv Volkaswagen c’era il suo nuovo cane, un alano bianco. Quando la macchina è entrata nel vialetto di casa, Pagliuso ha aperto la portiera per scendere ma non ha fatto in tempo a lasciare l’abitacolo. Le telecamere di sorveglianza hanno inquadrato un uomo che si piazza davanti allo sportello ed esplode tre colpi. Gli esami autoptici riveleranno che l’avvocato è stato raggiunto al collo e alla testa. Anche quest’ultimo particolare, il fatto di mirare alla testa (“a capu” si direbbe in dialetto calabrese), potrebbe essere un segnale importante, un messaggio nascosto nelle modalità del delitto. Sul posto non sono stati trovati bossoli.
Ancora avvolto nel mistero è il movente dell’omicidio. Francesco Pagliuso era un giovane ma già molto quotato avvocato. Sue erano le difese in alcuni dei più importanti processi di mafia in tutta la regione. E la sua attività professionale è stata la prima pista, senza escludere altri moventi, seguita dagli investigatori. L’avvocato era un uomo prudente. Sistemi di videosorveglianza, in casa e allo studio, un’arma che si diceva portasse con sé ma che non aveva appresso il giorno dell’omicidio.
Al suo funerale lo scorso venerdì spiccava l’assenza delle istituzioni, regionali e nazionali. Ha prevalso negli animi la regola del sospetto. E questo ha fatto tuonare di rabbia l’ordine forense, compresi il presidente e vicepresidente dell’unione camere penali.
Chi ha messo la mano sul fuoco sulla «più specchiata integrità morale» dell’avvocato, senza dubbio alcuno, è stato il presidente del Tribunale di Lamezia Terme, Bruno Brattoli. «Tutti i miei uffici hanno di Francesco Pagliuso un concetto altissimo», ha detto Brattoli. «Vedrete, il tempo mi darà ragione», ha aggiunto. E a chi alimenterà il “chiacchiericcio” che serpeggia sull’avvocato Brattoli ha laciato un monito: «Se la dovrà vedere prima con la sua coscienza e dopo con me».
Alessia Truzzolillo
a.truzzolillo@corrierecal.it
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